A Firenze dal 16 marzo al 22 luglio

Da Guttuso a Pistoletto, un decennio di fermenti in mostra a Palazzo Strozzi

Renato Guttuso, La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, 1955, olio su tela, 500 x 300 cm, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Su concessione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e Ambientali e del Turismo. Renato Guttuso by SIAE 2018
 

Samantha De Martin

12/01/2018

Firenze - Sarà il fior fiore dell’arte di casa nostra, investita dal fermento culturale degli anni Cinquanta e Sessanta, a portare nelle sale di Palazzo Strozzi i nuovi ideali artistici maturati nel ventennio del “miracolo economico” attraverso una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme che si alimentano di segni e figure della cronaca.
Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano è un viaggio straordinario tra l’arte, la politica, la società italiana al tempo della contestazione, in oltre 70 opere - tra capolavori di Alberto Burri ed Emilio Vedova, Piero Manzoni, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto - emblematiche del fermento culturale italiano tra gli anni Cinquanta e la fine degli Sessanta.

Come in una sorta di macchina del tempo costruita per immagini, l’esposizione, a cura di Luca Massimo Barbero e in programma dal 16 marzo al 22 luglio, racconterà il periodo più fertile dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, mostrando la nascita del senso di Nazione attraverso gli occhi e le pratiche di artisti che, con le loro sperimentazioni hanno fatto arte di militanza, reinventando i concetti di identità, appartenenza, collettività e collegandosi alle contraddizioni della storia d’Italia negli anni successivi periodo cupo del fascismo e della guerra.

In questo racconto che apre con il trionfo dell’Arte informale per arrivare al concettuale passando dalle sperimentazioni della Pop Art, dalle esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte povera sguinzagliati da Giulio Paolini, Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, come spiega il curatore, «le sale si susseguono in modo contrastante ed incalzante per sviluppare nel visitatore il senso della vitalità di quel momento artistico».

La ricostruzione di una breve storia visiva dell’Italia, dall’Unità al 1968, tra arte, cinema, moda, cronaca, politica e società introduce il visitatore in un ambiente immersivo costituito da quattro videoproiezioni correlate in sincrono, poste in un contraddittorio dialogo con La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, tela realizzata per l’Istituto di Studi Comunisti Palmiro Togliatti delle Frattocchie da Renato Guttuso, unica testimonianza in mostra di un esasperato attaccamento all’arte politica di quegli anni.

Attraversando il provocatorio collage su stoffa Generale incitante alla battaglia di Enrico Baj e il decollage sul volto di Benito Mussolini, L’ultimo Re dei Re di Mimmo Rotella, lo spettatore viene introdotto al tema dell’esistenzialismo che si delinea con forza nella grande tela Scontro di Situazioni ’59-II-1 di Emilio Vedova e nel Concetto Spaziale, New York 10 di Lucio Fontana.
Il bianco domina la sala dedicata all’azzeramento e alla monocromia, con lavori di Giulio Turcato e con la monumentale Superficie bianca di Enrico Castellani, cui si affiancano le tele estroflesse di Agostino Bonalumi e la serie Achrome di Piero Manzoni, dirompente interprete delle esperienze artistiche degli anni Sessanta.

I lavori di Tano Festa, Sergio Lombardo, Renato Mambor e Giosetta Fioroni introducono il visitatore alla sala dedicata al simbolo della bandiera.
È, infine, il “cortocircuito” tra l’iconicità di Mappa del mondo di Alighiero Boetti e Tentativo di volo di Gino De Dominicis, che diventano l’eco e l’introduzione a un’Italia che parla un linguaggio internazionale, a chiudere il percorso artistico che affida il congedo dal pubblico a un’opera di Giuseppe Penone, dal titolo emblematico Rovesciare i propri occhi, chiara allusione a una nazione che guarda a se stessa e alla sua storia.

Durante il percorso il visitatore avrà modo di confrontarsi con le straordinarie duttilità delle nuove materie che diventano parte del “fare arte”, dalle bende di Salvatore Scarpitta alle tele cucite, dalla plastica al cibo e ai materiali sintetici. Ma anche con i gesti e le figure che portano in scena una nuova metafisica quotidiana, dalle figure lignee di Mario Ceroli agli smalti di Tano Festa e Giosetta Fioroni, alle immagini imbottite di Cesare Tacchi, o ancora alle silhouette moltiplicate di Renato Mambor.


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