Una grande mostra per il decennale del Premio Carmignac
L'isola del reportage: 10 anni di fotogiornalismo a Villa Carmignac
Lizzie Sadin, Rita, 17 years old - Chabahil, northern district of Kathmandu, April 2017 I © Lizzie Sadin for Fondation Carmignac
Francesca Grego
28/07/2020
Mondo - Il cuore del fotogiornalismo mondiale batte al centro del Mediterraneo: siamo sull’isola di Porquerolles, al largo delle coste della Provenza, e precisamente a Villa Carmignac, dove l’arte contemporanea ha trovato casa tra i pini e il mare azzurro. Una collezione di oltre 250 opere - tra cui Andy Warhol, Basquiat, Yves Klein, Cindy Sherman, David LaChapelle, Alighieri Boetti - e un suggestivo parco di sculture sono la prestigiosa cornice del Prix Carmignac du Photojournalisme, che dal 2009 sostiene i talenti più audaci e indipendenti del reportage.
Quest’estate la Fondation Carmignac festeggia il decennale della manifestazione con una grande mostra. Attraverso gli obiettivi dei vincitori del premio - tra cui spicca una rappresentanza di reporter italiani - più di 170 fotografie ripercorrono conflitti, trasformazioni, violazioni dei diritti umani e sconvolgimenti del mondo naturale che hanno segnato gli ultimi dieci anni. Dalla tratta delle donne allo sfruttamento dell’Amazzonia, dalle guerre allo scioglimento dei ghiacci, emergenze mai sopite tornano alla ribalta in immagini e storie di forte impatto.
Narciso Contreras, Garabuli, Libya March 2016. Detaied migrants reach through the window of their cell, pleading for water, cigarettes, food and their release I © Narciso Contreras for the Fondation Carmignac
Visitabile fino al 1° novembre, Premio Fotogiornalismo Carmignac - 10 anni di reportage è un viaggio intorno al globo in cinque temi e altrettante sezioni. Partendo dalle prime edizioni, La normalizzazione delle zone di conflitto vola sul confine tra Pakistan e Afghanistan con Massimo Berruti e nella striscia di Gaza con Kai Wiedenhofer, toccando con mano come ogni guerra lasci dietro di sé scenari ancor più complessi di quello bellico. Attacchi alla libertà di espressione muove invece dalle contraddizioni della Cecenia catturate da Davide Monteleone (Spasibo, 2013), per approdare nello Zimbabwe del dittatore Robert Mugabe, tra diamanti intrisi di sangue: qui il fotografo neozelandese Robin Hammond è stato imprigionato per ben due volte pur di attirare l’attenzione del mondo sulle violenze del regime e sulla drammatica emergenza economica, sociale e sanitaria. Con Schiavitù moderna ci spostiamo in Nepal, dove Lizzie Sadin ha documentato un impressionante traffico di donne, e nei centri di detenzione della Libia post-Gheddafi, roccaforte della tratta di esseri umani. Nel reportage del messicano Narciso Contreras scopriamo come migranti e rifugiati in rotta verso l’Europa siano comprati e venduti ogni giorno a beneficio delle milizie locali.
Davide Monteleone, Republic of Chechnya, Russia, 03/2013. Rada, 14 years old is trying a wedding dress designed by her sister, inside a bus during the rehearsal for the shooting of a movie on Chechen identity I © Davide Monteleone for Fondation Carmignac
Iran e Guyana francese sono le tappe della sezione successiva, Le regioni dimenticate: se la fotografa iraniana Newsha Tavankolian racconta il senso di claustrofobia che affligge le giovani generazioni del suo paese, il francese Christophe Gin esplora l’evoluzione dei territori d’oltremare tra deregolamentazione politica e difficoltà di integrazione. L’ultima frontiera è l’ambiente.
In Nuovo selvaggio West trovano posto due progetti recenti dedicati allo scioglimento dei ghiacci artici e alla distruzione delle foreste amazzoniche. Nel 2018 i reporter Yuri Kozyrev e Kadir van Lohuizen hanno percorso 15 mila chilometri sul Circolo Polare Artico per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla natura e sulle comunità indigene. Lo scenario cambia nel reportage Amazonia di Tommaso Protti. Che rapporto ha il traffico di cocaina con la deforestazione? E i consumi di carne bovina? Lo scopriamo negli intensi bianchi e neri del fotografo italiano, che documentano gli intrecci economici alla base di un disastro di vasta portata, tra commerci illegali, espansione agricola e la vita delle comunità indigene.
Kadir van Lohuizen, Greenland, July 2018. Due to climate change, glaciers are retreating rapidly as the Arctic ice sheet slowly melts, forming ever larger rivers of meltwater I © Kadir van Lohuizen / NOOR for Fondation Carmignac
Fuori dal percorso della mostra, nel vecchio campo da tennis della villa, Congo in conversation è un progetto online in evoluzione del vincitore del Premio Carmignac 2020, il canadese Finbarr O’Reilly (World Press Photo of the Year 2005). Frutto della collaborazione con giornalisti, fotografi e registi congolesi, racconta la quotidianità del grande paese africano ai tempi della pandemia attraverso video, articoli e fotografie. Spaziando dalla salute alla produzione artistica, dall’isolamento sociale alla mancanza di acqua ed elettricità, dall’economia informale alle violazioni dei diritti umani, Congo in Conversation è il primo reportage in tempo reale nella storia del Premio Carmignac.
Tommaso Protti, Araribóia, Maranhão, 2019. A member of the Guajajara forest guard in a moment of sad silence at the sight of a toppled tree cut down by suspected illegal loggers © Tommaso Protti for Fondation Carmignac
Quest’estate la Fondation Carmignac festeggia il decennale della manifestazione con una grande mostra. Attraverso gli obiettivi dei vincitori del premio - tra cui spicca una rappresentanza di reporter italiani - più di 170 fotografie ripercorrono conflitti, trasformazioni, violazioni dei diritti umani e sconvolgimenti del mondo naturale che hanno segnato gli ultimi dieci anni. Dalla tratta delle donne allo sfruttamento dell’Amazzonia, dalle guerre allo scioglimento dei ghiacci, emergenze mai sopite tornano alla ribalta in immagini e storie di forte impatto.
Narciso Contreras, Garabuli, Libya March 2016. Detaied migrants reach through the window of their cell, pleading for water, cigarettes, food and their release I © Narciso Contreras for the Fondation Carmignac
Visitabile fino al 1° novembre, Premio Fotogiornalismo Carmignac - 10 anni di reportage è un viaggio intorno al globo in cinque temi e altrettante sezioni. Partendo dalle prime edizioni, La normalizzazione delle zone di conflitto vola sul confine tra Pakistan e Afghanistan con Massimo Berruti e nella striscia di Gaza con Kai Wiedenhofer, toccando con mano come ogni guerra lasci dietro di sé scenari ancor più complessi di quello bellico. Attacchi alla libertà di espressione muove invece dalle contraddizioni della Cecenia catturate da Davide Monteleone (Spasibo, 2013), per approdare nello Zimbabwe del dittatore Robert Mugabe, tra diamanti intrisi di sangue: qui il fotografo neozelandese Robin Hammond è stato imprigionato per ben due volte pur di attirare l’attenzione del mondo sulle violenze del regime e sulla drammatica emergenza economica, sociale e sanitaria. Con Schiavitù moderna ci spostiamo in Nepal, dove Lizzie Sadin ha documentato un impressionante traffico di donne, e nei centri di detenzione della Libia post-Gheddafi, roccaforte della tratta di esseri umani. Nel reportage del messicano Narciso Contreras scopriamo come migranti e rifugiati in rotta verso l’Europa siano comprati e venduti ogni giorno a beneficio delle milizie locali.
Davide Monteleone, Republic of Chechnya, Russia, 03/2013. Rada, 14 years old is trying a wedding dress designed by her sister, inside a bus during the rehearsal for the shooting of a movie on Chechen identity I © Davide Monteleone for Fondation Carmignac
Iran e Guyana francese sono le tappe della sezione successiva, Le regioni dimenticate: se la fotografa iraniana Newsha Tavankolian racconta il senso di claustrofobia che affligge le giovani generazioni del suo paese, il francese Christophe Gin esplora l’evoluzione dei territori d’oltremare tra deregolamentazione politica e difficoltà di integrazione. L’ultima frontiera è l’ambiente.
In Nuovo selvaggio West trovano posto due progetti recenti dedicati allo scioglimento dei ghiacci artici e alla distruzione delle foreste amazzoniche. Nel 2018 i reporter Yuri Kozyrev e Kadir van Lohuizen hanno percorso 15 mila chilometri sul Circolo Polare Artico per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla natura e sulle comunità indigene. Lo scenario cambia nel reportage Amazonia di Tommaso Protti. Che rapporto ha il traffico di cocaina con la deforestazione? E i consumi di carne bovina? Lo scopriamo negli intensi bianchi e neri del fotografo italiano, che documentano gli intrecci economici alla base di un disastro di vasta portata, tra commerci illegali, espansione agricola e la vita delle comunità indigene.
Kadir van Lohuizen, Greenland, July 2018. Due to climate change, glaciers are retreating rapidly as the Arctic ice sheet slowly melts, forming ever larger rivers of meltwater I © Kadir van Lohuizen / NOOR for Fondation Carmignac
Fuori dal percorso della mostra, nel vecchio campo da tennis della villa, Congo in conversation è un progetto online in evoluzione del vincitore del Premio Carmignac 2020, il canadese Finbarr O’Reilly (World Press Photo of the Year 2005). Frutto della collaborazione con giornalisti, fotografi e registi congolesi, racconta la quotidianità del grande paese africano ai tempi della pandemia attraverso video, articoli e fotografie. Spaziando dalla salute alla produzione artistica, dall’isolamento sociale alla mancanza di acqua ed elettricità, dall’economia informale alle violazioni dei diritti umani, Congo in Conversation è il primo reportage in tempo reale nella storia del Premio Carmignac.
Tommaso Protti, Araribóia, Maranhão, 2019. A member of the Guajajara forest guard in a moment of sad silence at the sight of a toppled tree cut down by suspected illegal loggers © Tommaso Protti for Fondation Carmignac
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