La doppia assenza
Dal 07 Maggio 2014 al 08 Giugno 2014
Milano
Luogo: MARS - Milan Artist Run Space
Indirizzo: via Guinizelli 6
Orari: da lunedì a venerdì su appuntamento 15-18
Curatori: Nicola Genovese
Enti promotori:
- Pro Helvetia - Fondazione Svizzera per la Cultura
Telefono per informazioni: +39 339 2059014
E-Mail info: mars.mailto@gmail.com
Sito ufficiale: http://marsmilano.com/
L'identità, come dice Francesco Remotti nel suo libro L'ossessione identitaria, è un concetto pericoloso, l'anticamera di eventi passati nefasti ma è anche un principio necessario per dare dei confini e un senso ad un mondo che corre e cambia troppo velocemente. L'identità è assenza di mutamento, agli antipodi della nozione di alterità, vuol dire rimanere identici a se stessi e al proprio gruppo di riferimento nei secoli, ma anche necessità recondita, pulsione imprescindibile, l'urgenza del mito di C.G. Jung. Razza, religione, lingua, genere, moda, tutto può diventare fattore identitario. Si può costruire un'identità solo attraverso dei piatti tipici, trasformarli in vessillo, anche se sono prodotti industriali realizzati in un altro territorio e solo all'apparenza prodotti tradizionali. Il mito dell'originalità vive attraverso l'immagine fintamente arcaica, diventa prodotto per consumatori in preda a vuoti emozionali, in cerca dell'odore della torta della nonna di quand'erano bambini.
La “doppia assenza” (citazione dal libro di Abdelmalek Sayad) è il limbo in cui si trova la persona che lascia il suo paese d'origine e che non riesce ad integrarsi nel paese che sperava la accogliesse a braccia aperte; è quello stato per cui ci si sente di appartenere ad altri periodi storici o altre culture vivendo il disagio di una costante duplice inadeguatezza. La “doppia assenza” fa riferimento a paesaggi identitari, appropriazioni indebite e richiami ancestrali. Il progetto vede la trasformazione temporanea di un artista in curatore, che decide di raccogliere in una mostra il lavoro di altri artisti, conosciuti durante una residenza d'artista a Zurigo. I percorsi di ricerca si mescolano, rimandano da artisti a curatore e viceversa, divenendo continuazione dell’uno per gli altri e viceversa. La Svizzera, luogo da cui parte il progetto, rappresenta il paradigma perfetto per sviluppare delle riflessioni sui confini identitari, tra multilinguismo, stereotipi sbiaditi e nuova immigrazione.
Il progetto espositivo mostra dunque i singoli approcci al tema identitario, attraverso fotografia, scultura, performance e video. Ogni artista contribuisce alle riflessioni sul binomio identità/alterità, tra ritorni alle origini e fughe oltreoceano, tra la necessità di avere delle radici ben salde nel territorio natio e la negazione totale della propria provenienza.
Sabine Troendle (Basilea 1971) espone una fotografia che fa parte di un lavoro più ampio sviluppato durante un lungo periodo in Texas. L'artista propone un autoscatto dove lei stessa vuole apparire come un cowboy. Il Texas diventa luogo ideale e mitologico della metamorfosi.
Georgette Maag (Zurigo 1955) espone un video girato nelle Alpi e una performance dove attraverso una rivisitazione dello Jodel dell'Appenzell, rielabora la tradizione svizzera più atavica.
Oppy De Bernardo (Locarno 1970) espone invece un lavoro scultoreo, il calco di un cartello stradale che delimitava il quartiere italiano malfamato di Locarno. Oggi il quartiere è apparentemente perfettamente integrato con la città.
Aldo Mozzini (Locarno 1956) ha stampato su del feltro delle immagini di pareti in granito di case del Ticino, intervallate con parolacce in dialetto ticinese. Insulti affettuosi detti dal nonno durante l'infanzia dell'artista in Ticino.
La “doppia assenza” (citazione dal libro di Abdelmalek Sayad) è il limbo in cui si trova la persona che lascia il suo paese d'origine e che non riesce ad integrarsi nel paese che sperava la accogliesse a braccia aperte; è quello stato per cui ci si sente di appartenere ad altri periodi storici o altre culture vivendo il disagio di una costante duplice inadeguatezza. La “doppia assenza” fa riferimento a paesaggi identitari, appropriazioni indebite e richiami ancestrali. Il progetto vede la trasformazione temporanea di un artista in curatore, che decide di raccogliere in una mostra il lavoro di altri artisti, conosciuti durante una residenza d'artista a Zurigo. I percorsi di ricerca si mescolano, rimandano da artisti a curatore e viceversa, divenendo continuazione dell’uno per gli altri e viceversa. La Svizzera, luogo da cui parte il progetto, rappresenta il paradigma perfetto per sviluppare delle riflessioni sui confini identitari, tra multilinguismo, stereotipi sbiaditi e nuova immigrazione.
Il progetto espositivo mostra dunque i singoli approcci al tema identitario, attraverso fotografia, scultura, performance e video. Ogni artista contribuisce alle riflessioni sul binomio identità/alterità, tra ritorni alle origini e fughe oltreoceano, tra la necessità di avere delle radici ben salde nel territorio natio e la negazione totale della propria provenienza.
Sabine Troendle (Basilea 1971) espone una fotografia che fa parte di un lavoro più ampio sviluppato durante un lungo periodo in Texas. L'artista propone un autoscatto dove lei stessa vuole apparire come un cowboy. Il Texas diventa luogo ideale e mitologico della metamorfosi.
Georgette Maag (Zurigo 1955) espone un video girato nelle Alpi e una performance dove attraverso una rivisitazione dello Jodel dell'Appenzell, rielabora la tradizione svizzera più atavica.
Oppy De Bernardo (Locarno 1970) espone invece un lavoro scultoreo, il calco di un cartello stradale che delimitava il quartiere italiano malfamato di Locarno. Oggi il quartiere è apparentemente perfettamente integrato con la città.
Aldo Mozzini (Locarno 1956) ha stampato su del feltro delle immagini di pareti in granito di case del Ticino, intervallate con parolacce in dialetto ticinese. Insulti affettuosi detti dal nonno durante l'infanzia dell'artista in Ticino.
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