Pittura lombardo-veneta del Rinascimento. Influenze e rimandi

Pittura lombardo-veneta del Rinascimento. Influenze e rimandi
Dal 20 March 2015 al 30 April 2015
Bergamo
Luogo: Galleria Michelangelo
Indirizzo: via Antonio Locatelli 7/e
Orari: da martedì a sabato 9,30-12,30 / 15,30-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 035 221300
E-Mail info: info@galleriamichelangelo.it
Sito ufficiale: http://www.galleriamichelangelo.it
Terre confinanti e sedi di prestigiosi e nobili domini da sempre Lombardia e Veneto sono state aree capaci di influenzarsi l’una con l’altra, anche e naturalmente in ambito storico ed artistico. Il Cinquecento in particolare fu un secolo fertile per questo tipo di influssi; da Bergamo infatti alcuni artisti migrarono nelle province del Doge portando così innovazioni e cambiamenti, assorbendone a loro volta degli altri.
Il percorso artistico della mostra presentata dalla Galleria Michelangelo parte con due preziose “Sacre conversazioni” di Francesco Rizzo da Santacroce, pittore bergamasco nato negli anni ’70 del XV secolo presso il quale Palma il Vecchio imparò il mestiere. Francesco fu il più anziano rappresentate di quella comunità di pittori originari dell’alta Val Brembana che, stanziatisi a Venezia alla fine del 1400, vi rimasero attivi per più di un secolo.
All’ambito di Bonifacio De’ Pitati detto Bonifacio Veronese (Verona, 1487-Venezia, 1553), che fu allievo diretto del Palma, appartiene una “Sacra Famiglia e Santa Caterina” del 1550 ca. nella quale si riflette lo stile e la cultura di ambito bergamasco nel brano paesaggistico alle spalle dei personaggi, nell’impostazione dell’immagine e nelle espressioni dei volti.
Bernardino Licinio (forse Poscante, Zogno, 1489-Venezia, 1565) rappresentate della scuola veneta di origine bergamasca, dimostra di aver appreso appieno l’insegnamento di Palma e dei grandi Veneziani del Cinquecento nel suo “Ritratto di giovane donna”. La materia densa e calda dei capelli che incorniciano il volto luminosissimo dell’effigiata, la posa e lo sguardo della stessa, riprendono quelli delle dame e delle sante dell’artista di Serina.
A rappresentare una delle più grandi famiglie di pittori veneti del Cinquecento, quella dei Bassano, è presente Francesco il Giovane (Bassano,1549- Venezia,1592) con un intenso “Cristo deriso”. Vicino al celebre padre Jacopo con il quale collabora a partire dagli anni ’80 del XVI secolo, la vena di Francesco è esplicitamente descrittiva: l’opera qui presentata è fedele alla scena biblica alla quale si rifà, di immediata comprensione e di grande perizia tecnica; l’unico oggetto che illumina il quadro è infatti una piccola candela retta da uno dei personaggi.
Tra i dipinti di scuola lombarda, ed in particolare bergamasca, merita certamente una posizione di rilievo un bellissimo “Cristo portacroce” attribuito a Enea Salmeggia detto il Talpino (Bergamo,1565-1626). Vero capolavoro di intensità psicologica, la tela è in grado di esprimere attraverso lo sguardo del Messia tutto il dolore fisico e morale patito in quegli istanti dal Redentore.
Gli appassionati d’arte sacra avranno inoltre il piacere di ammirare un“San Girolamo penitente” dell’artista Domenico Brusasorci (Verona,1516-1565). Attivo negli anni della Controriforma, egli non rimase estraneo alla raffigurazione del santo penitente come monito per i fedeli adottando quella nuova iconografia cinquecentesca che vedeva San Girolamo come eremita piuttosto che come intellettuale nel suo studiolo.
Chiude la rassegna una splendida “Crocifissione”, 1625 ca. di Palma il Giovane (Venezia,1544- 1628), omonimo del prozio sotto l’egida del quale si svolge questa esposizione. La pala è da inserirsi tra le ultime opere dipinte dall’artista veneziano di origini bergamasche come è inoltre testimoniato da un disegno preparatorio che vede la presenza di una Maddalena sostituita poi nell’opera dipinta da un santo francescano.
Il percorso artistico della mostra presentata dalla Galleria Michelangelo parte con due preziose “Sacre conversazioni” di Francesco Rizzo da Santacroce, pittore bergamasco nato negli anni ’70 del XV secolo presso il quale Palma il Vecchio imparò il mestiere. Francesco fu il più anziano rappresentate di quella comunità di pittori originari dell’alta Val Brembana che, stanziatisi a Venezia alla fine del 1400, vi rimasero attivi per più di un secolo.
All’ambito di Bonifacio De’ Pitati detto Bonifacio Veronese (Verona, 1487-Venezia, 1553), che fu allievo diretto del Palma, appartiene una “Sacra Famiglia e Santa Caterina” del 1550 ca. nella quale si riflette lo stile e la cultura di ambito bergamasco nel brano paesaggistico alle spalle dei personaggi, nell’impostazione dell’immagine e nelle espressioni dei volti.
Bernardino Licinio (forse Poscante, Zogno, 1489-Venezia, 1565) rappresentate della scuola veneta di origine bergamasca, dimostra di aver appreso appieno l’insegnamento di Palma e dei grandi Veneziani del Cinquecento nel suo “Ritratto di giovane donna”. La materia densa e calda dei capelli che incorniciano il volto luminosissimo dell’effigiata, la posa e lo sguardo della stessa, riprendono quelli delle dame e delle sante dell’artista di Serina.
A rappresentare una delle più grandi famiglie di pittori veneti del Cinquecento, quella dei Bassano, è presente Francesco il Giovane (Bassano,1549- Venezia,1592) con un intenso “Cristo deriso”. Vicino al celebre padre Jacopo con il quale collabora a partire dagli anni ’80 del XVI secolo, la vena di Francesco è esplicitamente descrittiva: l’opera qui presentata è fedele alla scena biblica alla quale si rifà, di immediata comprensione e di grande perizia tecnica; l’unico oggetto che illumina il quadro è infatti una piccola candela retta da uno dei personaggi.
Tra i dipinti di scuola lombarda, ed in particolare bergamasca, merita certamente una posizione di rilievo un bellissimo “Cristo portacroce” attribuito a Enea Salmeggia detto il Talpino (Bergamo,1565-1626). Vero capolavoro di intensità psicologica, la tela è in grado di esprimere attraverso lo sguardo del Messia tutto il dolore fisico e morale patito in quegli istanti dal Redentore.
Gli appassionati d’arte sacra avranno inoltre il piacere di ammirare un“San Girolamo penitente” dell’artista Domenico Brusasorci (Verona,1516-1565). Attivo negli anni della Controriforma, egli non rimase estraneo alla raffigurazione del santo penitente come monito per i fedeli adottando quella nuova iconografia cinquecentesca che vedeva San Girolamo come eremita piuttosto che come intellettuale nel suo studiolo.
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