Marisa Muzi. Homo Versus - Ernesto Guevara de la Serna (Interpretazione - con arte visiva)

Marisa Muzi. Homo Versus - Ernesto Guevara de la Serna (Interpretazione - con arte visiva)
Dal 21 October 2014 al 27 October 2014
Roma
Luogo: ex Mattatoio Testaccio
Indirizzo: piazza Orazio Giustiniani 4
Orari: da martedì a domenica 16-22
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 060608
Sarà inaugurata martedì 21 ottobre 2014 alle ore 18.00 la personale di pittura dell’artista Marisa Muzi dal titolo “Homo Versus - Ernesto Guevara de la Serna (Interpretazione - con arte visiva)”, che vuole omaggiare la figura del rivoluzionario argentino, andando però al di là degli aspetti politici e focalizzando l’attenzione sul personaggio umano. La mostra sarà ospitata fino al 27 ottobre presso gli spazi espositivi della Città dell’Altra Economia all’interno dell’Ex Mattatoio di Testaccio, raggiungibile da Largo Dino Frisullo o dal Lungotevere Testaccio.
In esposizione 20 tele a tecnica mista materica e 5 sculture in pietra che riprendono l’immagine e le vicende del Che, oltre ad alcune opere sull’America Latina. Ad ispirare l’artista nella realizzazione di questa serie la visione, durante lo scorso inverno, di una serie di documentari incentrati sulla vita di Che Guevara, che l’hanno affascinata e spinta a leggere i suoi diari, in particolare quello relativo al viaggio compiuto da ragazzo attraverso il Sudamerica, quando ancora non era consapevole del destino che lo avrebbe atteso. Tra le opere in mostra anche un ritratto del Che dai capelli bianchi, immaginato come se avesse avuto la possibilità di invecchiare.
Nata a Roma, all’età di sei anni Marisa Muzi va ad abitare a Villa Strohl-Fern, dove a quei tempi vivono Francesco Trombadori, Marcello Avenali, Carlo Levi, Carlo Socrate, Ercole Drei, Lorenzo Guerrini e altri artisti della Scuola Romana. L’aria impregnata di arte non la lascia incontaminata, ma la sua prima passione è legata alla poesia. Il suo percorso pittorico, invece, ha inizio nel 1985, l’anno dell’incontro con il suo primo maestro, l’architetto Angelo Palloni, che la incoraggia a percorrere la strada dell’arte, convincendola che la pittura è alla portata del suo mondo fantastico e della sua sensibilità artistica. Da quel momento si impegna affinché l’uso del pennello divenga strumento di espressione come lo è la sua penna. Gli studi proseguono con Marina Haas, tedesca, che le impartisce lezioni di prospettiva e disegno.
Contemporaneamente frequenta lo studio di Kristien De Neve, belga, che la guida negli orizzonti dell’arte contemporanea. Con lei impara ad amare la materia e sperimentare l’uso di tecniche e materiali sempre nuovi: argento, sabbia, cemento, tessuti, cristalli, resine e pietre, uniti ad oli, smalti e acrilici. Per esprimersi sceglie dei temi, che sono anche il percorso della sua vita: la tartaruga (l’arrancare nella vita), i bicchieri (la solidità e la trasparenza), gli uccelli (l’innalzarsi e mantenere il volo), l’elefante con le sue orme (il frutto del vissuto, la necessità di lasciare orme), i bambù che l’hanno accompagnata nei suoi giochi fanciulleschi (che ora rappresentano barriere, gabbie o rampe di lancio).
Scrive di lei il critico Andrea Carnevali: “Marisa Muzi trasferisce nel disegno il suo immaginario mitico e arcaico, sacro e profano. La favola, la poesia e l’esotismo dei suoi quadri alimentano una sorta di visione onirica, che consente di guardare al di là della realtà. Il protagonista dei suoi dipinti è la metamorfosi; l’animazione dei personaggi, giovani o anziani, che assumono le sembianze di animali o di cose. La ricerca espressiva della pittrice è ricca di connotati emotivi: dal contatto interiore alle cose nascoste che fanno nascere la purezza del segno”.
In esposizione 20 tele a tecnica mista materica e 5 sculture in pietra che riprendono l’immagine e le vicende del Che, oltre ad alcune opere sull’America Latina. Ad ispirare l’artista nella realizzazione di questa serie la visione, durante lo scorso inverno, di una serie di documentari incentrati sulla vita di Che Guevara, che l’hanno affascinata e spinta a leggere i suoi diari, in particolare quello relativo al viaggio compiuto da ragazzo attraverso il Sudamerica, quando ancora non era consapevole del destino che lo avrebbe atteso. Tra le opere in mostra anche un ritratto del Che dai capelli bianchi, immaginato come se avesse avuto la possibilità di invecchiare.
Nata a Roma, all’età di sei anni Marisa Muzi va ad abitare a Villa Strohl-Fern, dove a quei tempi vivono Francesco Trombadori, Marcello Avenali, Carlo Levi, Carlo Socrate, Ercole Drei, Lorenzo Guerrini e altri artisti della Scuola Romana. L’aria impregnata di arte non la lascia incontaminata, ma la sua prima passione è legata alla poesia. Il suo percorso pittorico, invece, ha inizio nel 1985, l’anno dell’incontro con il suo primo maestro, l’architetto Angelo Palloni, che la incoraggia a percorrere la strada dell’arte, convincendola che la pittura è alla portata del suo mondo fantastico e della sua sensibilità artistica. Da quel momento si impegna affinché l’uso del pennello divenga strumento di espressione come lo è la sua penna. Gli studi proseguono con Marina Haas, tedesca, che le impartisce lezioni di prospettiva e disegno.
Contemporaneamente frequenta lo studio di Kristien De Neve, belga, che la guida negli orizzonti dell’arte contemporanea. Con lei impara ad amare la materia e sperimentare l’uso di tecniche e materiali sempre nuovi: argento, sabbia, cemento, tessuti, cristalli, resine e pietre, uniti ad oli, smalti e acrilici. Per esprimersi sceglie dei temi, che sono anche il percorso della sua vita: la tartaruga (l’arrancare nella vita), i bicchieri (la solidità e la trasparenza), gli uccelli (l’innalzarsi e mantenere il volo), l’elefante con le sue orme (il frutto del vissuto, la necessità di lasciare orme), i bambù che l’hanno accompagnata nei suoi giochi fanciulleschi (che ora rappresentano barriere, gabbie o rampe di lancio).
Scrive di lei il critico Andrea Carnevali: “Marisa Muzi trasferisce nel disegno il suo immaginario mitico e arcaico, sacro e profano. La favola, la poesia e l’esotismo dei suoi quadri alimentano una sorta di visione onirica, che consente di guardare al di là della realtà. Il protagonista dei suoi dipinti è la metamorfosi; l’animazione dei personaggi, giovani o anziani, che assumono le sembianze di animali o di cose. La ricerca espressiva della pittrice è ricca di connotati emotivi: dal contatto interiore alle cose nascoste che fanno nascere la purezza del segno”.
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