L'identita' negata
Romolo Paradisi
26/02/2004
Giovedì 31 maggio è stata inaugurata a Roma, nella sala espositiva dell’AOC F 58 (Associazione operatori culturali flaminia 58) di via Flaminia, una mostra fotografica di Romolo Paradisi, operatore Rai dal ’67 e attualmente inviato speciale del Tg2, che si terrà fino al 15 giugno. “L’identità negata” è il titolo di questa rassegna che, attraverso una serie di fotografie scattate nel 1988 in occasione di un reportage televisivo sugli ospedali psichiatrici, quando la legge Basaglia, già in vigore dal 1979, non aveva ancora piena applicazione, si propone di indagare tra gli spazi mentali della follia tralasciandone volutamente il luogo fisico, il manicomio. Lontano dallo stereotipo del folle-malvagio e della malattia mentale come regno dell’alienazione, Paradisi ricerca la vitalità in quelle zone oscure della mente che la nostra società tende a dimenticare e a spersonalizzare. Le sue immagini, a metà strada tra il ritratto costruito e l’istantanea rubata, si concentrano sui particolari, elementi privilegiati atti a comporre la visione d’insieme, e tra questi soprattutto sugli occhi che, dietro un’apparente assenza, rivelano un’interiorità misteriosa e complessa.
Considerando la follia non come diversità ma come condizione di alterità, cercando di scoprire le sue modalità di percezione, captando ciò che si presenta come inesprimibile, Paradisi non solo svela il sé nascosto dell’individuo umano ma traccia i contorni di un’identità, altrimenti negata, conferendole i valori della dignità. Attraverso queste fotografie pertanto siamo in grado di vedere dei moti d’animo, di sentire delle emozioni, di leggere dei pensieri, avvicinandoci in questo modo ad un mondo che solitamente rimane inespresso e impermeabile. “ Il taglio fotografico - afferma Paradisi - permette di cogliere l’aspetto interiore, di scoprire una dimensione nascosta dietro uno sguardo, un gesto” ed è per questo motivo che lui, da oltre trent’anni cinereporter della Rai, ora alla sua prima mostra fotografica, si è voluto misurare con l’Altro da sé, ed ha voluto scoprirlo, non attraverso la videocamera ma con la fotografia, che posside la magica capacità di congelare ed allo stesso tempo di dilatare l’istante, fornendo così nuovi elementi per la comprensione della realtà. L’obiettivo di Paradisi schiude un mondo e il suo discorso assume un valore antropologico di carattere universale in quanto - secondo le parole di Santa Fizzarotti Selvaggi - “penetra nella mente colorata di buio per incontrare quello zingaro sperduto inerme e fragile che da sempre abita dentro di noi”.
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