Testimoni oculari
Dal 14 Novembre 2024 al 12 Gennaio 2025
Bergamo
Luogo: Palazzo della Ragione
Indirizzo: Piazza Vecchia
Orari: venerdì, sabato, domenica 10.00 / 18.00 aperture speciali: giovedì 26 dicembre, lunedì 6 gennaio 10.00 / 18.00 Laboratori per bambini e famiglie tutti i sabati pomeriggio ore 15.00 Visita guidata e laboratorio in LIS – Lingua dei Segni Domenica 17 Novembre ore 15.30
Curatori: Stefano Raimondi
Costo del biglietto: Intero: Euro 7,00 Ridotto: Euro 5,00 per Under 14, over 65, gruppi di almeno 10 persone, scuole
E-Mail info: associazione@theblank.it
Sito ufficiale: http://www.theblank.it
Grazie a un processo di emancipazione e riabilitazione di oggetti e materiali - spesso trovati, di uso comune o commerciale - queste opere sembrano essere in grado di dirci molto più di quello che si vede. 799 uova d'anatra, pianoforti mononota, sacchi di juta per il trasporto del cacao, piramidi di sale della Bolivia, luci votive in secchi di plastica, stoffe e pelli afflosciate, raccontano, trattengono o rimandano a storie di potere, identità, corpi, consumismo, globalizzazione, circolazione delle merci ed ecologia.
Il titolo richiama direttamente l’importante opera presente in mostra di Isabelle Cornaro (Aurillac, Francia, 1974), Paysage avec poussin et témoins oculaires VI (2014), basata su un dipinto di paesaggio classico dell'artista Nicolas Poussin (1594–1665) ricreato come interpretazione tridimensionale utilizzando una serie di piedistalli e pareti di varie dimensioni per esporre oggetti in disposizioni meticolose. Nel suo lavoro Cornaro utilizza oggetti trovati intrisi di potenziale simbolico o valore emotivo, che presenta per rivelare i sottili cambiamenti di significato provocati dai processi di riproduzione e traduzione. Presi in prestito da contesti domestici, decorativi o funzionali, questi manufatti sono spesso legati alla cultura occidentale come mezzo di potere, la loro combinazione e disposizione nell’opera dell’artista invita gli spettatori a mettere in discussione le relazioni tra i sistemi di rappresentazione e la nostra comprensione del mondo. La composizione rafforza l’illusione della prospettiva e i visitatori possono sperimentare l’opera da diversi punti di vista pur potendo camminare tra i piedistalli, incontrando frammenti del “paesaggio” costruito da Cornaro.
La trasformazione dei materiali ha un ruolo centrale anche nell’installazione di Ibrahim Mahama (Tamale, Ghana, 1987) che utilizza sacchi di juta originariamente usati come mezzi per il trasporto di merci, qui assemblati insieme per esplorare i temi legati alla circolazione delle merci, alla migrazione, alla globalizzazione e agli scambi economici. L’artista è interessato a come la crisi e il fallimento siano assorbiti in questo materiale che ha un chiaro riferimento alla transazione globale e al funzionamento delle strutture capitalistiche. Una caratteristica della pratica dell’artista è il processo con cui ottiene i materiali: Mahama e i suoi collaboratori ottengono questi oggetti attraverso un processo di negoziazione e scambio. Riuniti in singole, monumentali unità, i materiali-opere sono riutilizzati e diventano parte della continua indagine di Mahama sulla loro vita e sul loro potenziale dinamico. Ogni oggetto porta con sé ricordi, simbolismi, tracce di luoghi e storie che in qualche modo restano intrappolati in esso. Ridare nuova vita – seppure in ambiti diversi e con funzioni inaspettate – a questi oggetti, significa, non solo agire eticamente ed ecologicamente, ma anche permettere alla storia di partecipare alla costruzione del futuro, reintegrare il passato nel presente e consentire ad esso di plasmare l’avvenire. le reminiscenze e le connessioni della memoria sociale e culturale associate a quelle di alcune zone del paese d’origine dell’artista, il Ghana, dando vita a un ideale ‘ponte’ geografico, culturale, storico, antropologico e sociale.
L’opera di Berlinde De Bruyckere (Ghent, Belgio, 1964) riassume l’inconfondibile cifra stilistica dell’artista che ha rappresentato il Belgio alla 55° Esposizione della Biennale di Venezia, in cui il corpo è evocato nella sua vulnerabilità e lacerazione. Nel vocabolario plastico dell’artista diviene ricorrente l’utilizzo dell’assemblaggio, cucito a mano: nascono una serie di figure antropomorfe, memori dell’approccio esistenziale di Louise Bourgeois. Cresciuta nell’isolamento di un collegio di suore, De Bruyckere è ossessionata dai corpi umani. Stimoli diversi tornano esteticamente trasfigurati in rappresentazioni anatomiche che sono allo stesso tempo seducenti e disturbanti, scandite dalla tensione epidermica di corpi umani emaciati e contratti, stravolti da metamorfosi spiazzanti, privi di ogni caratterizzazione fisiognomica eppure riconoscibili. Qualsiasi soggetto, nella scultura di De Bruyckere, assume una fisicità sinistra e straniante, diviene espressione di una fisiologia allucinata, sospesa tra la vita e la morte. Su un appendiabiti a forma di croce pendono coperte e forme molli di lana che danno conto di una presenza; nella sovrapposizione tra parti dure e elementi molli l’artista riproduce sensorialmente l’esperienza del corpo umano, come ossa e carne di un soggetto ibrido. L’artista scava nelle paure ancestrali dell’essere umano, il suo universo è popolato da figure solitarie e fragili che si offrono come metafore della sofferenza somatica e del disagio psicologico.
Eggs Curtain è l’opera di Georgina Starr ( Leed, Regno Unito, 1968), una tenda composta da 799 uova di anatra, capace di evocare gli antichi miti sulla creazione. Fin dagli esordi il lavoro dell’artista è stato volto a re-inventare, a re-immaginare l’identità femminile. L’opera è una declinazione del modello che appare per la prima volta nella performance plurisensoriale Androgynous Egg Starr. Questa tenda si configura come un simbolico portale d’accesso alla mostra, l’inizio di un viaggio iniziatico me anche la sua insondabile conclusione.
L’opera ABCDEFG di Jacopo Mazzonelli ( Trento, 1983) è costituita da sette pianoforti modificati nella loro struttura affinché ognuno possa suonare una sola nota. Lavorando sull’interpretazione e sulla visualizzazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone. Al centro del suo interesse è il “gesto musicale”, inteso come ciò che sottende l’esecuzione e non il suono prodotto: le opere, infatti, parlano di musica quasi sempre senza crearla. A questo tema si accompagna l’indagine sulla percezione del ritmo e del divenire del tempo. Diplomato in pianoforte e in musica contemporanea presso l’Accademia Internazionale TEMA di Milano, Mazzonelli realizza sculture, assemblaggi e installazioni che indagano l’ampia zona di confine tra arti visive e musica.
Julian Charrière (Morges, Svizzera, 1987) ci rende testimoni oculari di uno svuotamento fisico; l’artista per realizzare l’opera Future Fossil Spaces si è recato nel Salar de Uyuni, la più grande distesa di sale del mondo. ma nonostante la dimensione sconfinata nei prossimi cinquant’anni, il tesoro che custodisce, il più grande giacimento di litio del mondo, determinerà una drammatica trasformazione di questo panorama: il litio, ora una componente vitale delle batterie del mondo digitale, è emerso come una risorsa di inestimabile valore per la Bolivia e l'attività mineraria inizierà nel prossimo futuro. Paradossalmente, quest’esperienza dimostra che l’allargamento del mondo virtuale richiede uno svuotamento del mondo delle risorse naturali.
Charrière è interessato al rapporto tra la civiltà contemporanea e il mondo della geologia, che esiste da tempo immemorabile e che in definitiva sostiene la vita moderna. Come un antropologo del futuro che studia il presente Charrière riporta a casa i materiali dal suo "lavoro sul campo"; dal viaggio al Salar de Uyuni, ritorna con una grande quantità di sedimenti salini in grumi che utilizza per costruire un'installazione che oscilla tra topografia e paesaggio. La materia si fa rappresentazione; l'installazione diventa uno spazio negativo del sale estratto che lascia una nuova cavità, uno spazio fossile del futuro.
Nari Ward (St. Andrew, Giamaica, 1963) attraverso una serie di scale forma una Wishing Arena, una sorta di altissimo altare ricoperto da candele votive poste dentro a cestini dei rifiuti (quelli che si trovano abitualmente nelle camere d’albergo). Cestini e candele sono collegate tra loro da una corda che funge da “telefono senza fili”. Torna in quest’opera il tema della comunicazione, dell’ascesa, del dialogo con il proprio io interiore ma anche della scala sociale e del rapporto tra chi offre e chi riceve un servizio.
Durante il periodo di apertura della mostra tutti i sabati pomeriggio alle ore 15.00 si terranno laboratori per bambini e famiglie. Domenica 17 Novembre ore 15.30 è invece organizzata dai mediatori culturali di The Blank una visita guidata e laboratorio in LIS – Lingua dei Segni.
Opening 14 Novembre 2024, ore 18
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