Ivano Adversi. I luoghi dell'Industria
Dal 08 Novembre 2013 al 01 Dicembre 2013
Bologna
Luogo: Palazzo Pepoli Vecchio - Museo della storia di Bologna
Indirizzo: via Castiglione 8
Orari: da martedì a domenica 10-19; giovedì 10-22
Curatori: Cristina Berselli, Cinzia Gardenale, Elisabetta Perazzo, AssociazionePaolo Pedrelli - Archivio Storico Sindacale, Associazione TerzoTropico
Enti promotori:
- Archivio storico Paolo Pedrelli della Cgil di Bologna
- Associazione Terzo Tropico
- Genus Bononiae. Musei nella Città
- Studio Leonardo
Telefono per informazioni: +39 051 19936370/ 051 229858
E-Mail info: msb@genusbononiae.it
Sito ufficiale: http://www.genusbononiae.it
La prima grande trasformazione nel tessuto urbano della città avviene fra gli anni ‘60 e ‘70 del Novecento, gli anni del grande sviluppo industriale di Bologna che coincise con la decisione di destinare a insediamenti industriali aree prima a vocazione agricola. A spostarsi per prime furono quelle attività produttive che avevano massima necessità di espandersi e non trovavano spazi adeguati nel capoluogo, altre piccole aziende fruirono, invece, degli incentivi offerti dalla legge sulle aree depresse. Infine, ma non ultimo, giocò già allora la prospettiva del vantaggio economico rappresentato dalla enorme valorizzazione derivante dalla permuta a uso residenziale dell’area che si sarebbe lasciata.
Le fabbriche che costellavano la periferia di Bologna intorno agli anni ’70 sono dunque quelle maggiormente consolidate nella città, che avevano resistito al periodo del decentramento promosso negli anni della grande crescita e della trasformazione definitiva del paese da essenzialmente agricolo a paese industriale. Sono le fabbriche nelle quali si venne consolidando il modello economico emiliano, un modello teso a promuovere, accanto e insieme alla crescita economica anche l’inclusione e la mobilità sociale. Sono anche le fabbriche che più di quelle decentrate, vissero il vento degli anni ‘68/’70, gli anni in cui la protesta studentesca intercettò e in qualche modo portò a maturazione quanto le lotte operaie avevano fatto emergere, sia rispetto alla critica dell’organizzazione gerarchica sia alla questione della democrazia sindacale. Sono le grandi fabbriche della stagione del Consigli, quali ad esempio la Minganti, la SASIB, l’AMGA.
Ora molte di loro si sono trasformate, altre hanno chiuso, altre ancora hanno smantellato gli impianti per poi ricostruirli all’estero. Al loro posto sono sorti palazzi, centri commerciali, negozi, o semplicemente sono rimasti i capannoni e il loro senso di abbandono e a volte di degrado.
Il progetto fotografico intende, tramite l’uso della fotografia panoramica, mostrare questo cambiamento, portare all’attenzione della città quello che era il tessuto industriale di Bologna.
Vuole altresì ricordare, pur senza mostrarlo, l’impegno e le grandi lotte dei lavoratori che nelle fabbriche hanno vissuto molti anni, cercando di migliorarne le condizioni di lavoro e allo stesso tempo di salvare, assieme ad esse, anche il loro lavoro e la loro speranza di sviluppo.
La prima grande trasformazione nel tessuto urbano di Bologna avvenne fra gli anni ’60 e ’70 del Novecento, quando l’intenso sviluppo economico della città coincise con la scelta di destinare a insediamenti industriali aree prima a vocazione agricola. A spostarsi per prime furono quelle attività produttive che avevano massima necessità di espandersi e non trovavano spazi adeguati nel capoluogo, altre piccole aziende fruirono, invece, degli incentivi offerti dalla legge sulle aree depresse. Un incentivo al trasferimento venne dalle prospettive di guadagno legate alla permuta a uso residenziale delle aree che si sarebbero lasciate. Le fabbriche che costellavano ancora la periferia di Bologna intorno agli anni ’70 erano dunque quelle maggiormente consolidate in città, quelle che avevano resistito al periodo del decentramento promosso negli anni della “grande crescita”. Sono le fabbriche nelle quali si venne consolidando il modello economico emiliano, un modello teso a promuovere, accanto e insieme alla crescita economica, anche l’inclusione e la mobilità sociale. Sono le stesse fabbriche che vissero pienamente (molto più di quelle decentrate) il vento della contestazione negli anni ’68/’70, durante i quali la protesta studentesca intercettò quanto le lotte operaie avevano fatto emergere in termini di critica dell’organizzazione gerarchica e di democrazia sindacale. Sono le grandi fabbriche protagoniste della stagione dei Consigli. Ora molte di loro si sono trasformate, altre hanno chiuso, altre ancora hanno smantellato gli impianti per poi ricostruirli all’estero. Al loro posto sono sorti palazzi, centri commerciali, negozi, o semplicemente sono rimasti i capannoni e il loro senso di abbandono e degrado.
Le foto di Ivano Adversi raccontano questi panorami urbani e ne interpretano liricamente i mutamenti.
Ivano Adversi si occupa di fotografia da diversi anni. Attualmente fa parte di un gruppo di fotoreporter e ricercatori principalmente orientati al reportage sociale e antropologico. È autore di volumi fotografici quali: Destini incerti Animali ed ambienti da salvare per sopravvivere insieme (Edizioni Calderini), Il respiro del fiume (Edizioni Calderini), Buonanotte Suonatori, luoghi e protagonisti del jazz a Bologna (Minerva edizioni), Terre di libertà - i volti e i luoghi del riscatto civile dalle mafie (Minerva edizioni). Numerose le mostre, in Italia e all’estero (Cina, Francia, Spagna, Inghilterra, Russia), realizzate in questi anni, alcune personali ed altre collettive. Ha partecipato ad Arte Fiera 2011, a Bologna, con la mostra Le luci del jazz, a Fotografia Europea a Reggio Emilia 2011 con la mostra IllumiNazione ed è stato invitato al 3° Mediterraneo Foto Festival di Lecce, dicembre 2011, con la mostra Terre di Libertà, al Festival di Savignano sul Rubicone 2012 con l’esposizione Studio Photo-omaggio a Malick Sidibè e alla manifestazione La Festa della Musica, con la mostra Une guitare itinérante. Ha collaborato con Pino Ninfa, Claudio Marra, Nino Migliori, Giorgio Celli e altri.
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