LE CONNOISSEUR BULGNAIS. Collezionismo felsineo tra Otto e Novecento
Dal 07 Maggio 2021 al 09 Luglio 2021
Bologna
Luogo: Fondantico
Indirizzo: Via de Pepoli 6/E
Curatori: Edoardo Battistini e Francesca Sinigaglia
Telefono per informazioni: +39 051 265980
E-Mail info: info@fondantico.it
Sito ufficiale: http://www.fondantico.it
La mostra “LE CONNOISSEUR BULGNAIS. Collezionismo felsineo tra Otto e Novecento” che si svolgerà tra maggio e luglio 2021 è la dimostrazione di una ricerca qualitativa estremamente approfondita e studiata che vede la presenza di più di ottanta capolavori d’arte bolognese.
Il titolo vuole volutamente porre l’attenzione sulla vicinanza spirituale tra le figure dei grandi conoscitori d’arte, i cosiddetti Connoisseurs, categoria che comprende gli studiosi tradizionali da Bernard Berenson a Roberto Longhi fino a Carlo Volpe e tanti altri, con i collezionisti felsinei dell’arte tra Otto e Novecento, sintetizzati dalla parola bulgnais, aggettivo che ironicamente ricorda il francese.
Cos’è un collezionista? A questa domanda si può rispondere che un collezionista è un maniaco che pur di possedere un’opera d’arte sacrifica gran parte della propria vita. Un collezionista è un malato che può trovare cura solo nella contemplazione di un’opera affinché possa emanciparsi dalla realtà per giungere in un mondo diverso.
Un percorso collettivo di spessore che parte cronologicamente con La madre, Campo di grano e Il traghetto di Luigi Bertelli, padre putativo della grande pittura bolognese successiva, passando per il gustoso Piccolo suonatore di flauto di Giovanni Paolo Bedini. L’Ottocento è infatti ben rappresentato da artisti di fama internazionale come Fabio Fabbi di cui si potranno vedere già svariate opere, tra cui alcune di soggetto sacro come San Giovanni Battista, Ecce Homo o San Giorgio e il drago, piccola anticipazione alla grande monografica dedicata al pittore che si svolgerà ad ottobre 2021 nuovamente presso la galleria Fondantico di Bologna. Non solo: si ritrovano grandi maestri come Alfonso Savini che è presente con una scena pompeiana, Alessandro Scorzoni con il delizioso Ritratto della moglie, un paesaggio di Coriolano Vighi e alcuni rarissimi oli di Augusto Majani, il Ritratto di Giosue Carducci e Notturno a Lizzano. La mostra continua poi con il simbolista Mario de Maria, di cui si segnalano Un giorno d’autunno a Lilienthal apparso alla Biennale veneziana del 1901 e Un androne a Terracina esposto a Venezia nel 1909. Quest’ultima opera, proposta al pubblico per la prima volta dopo un secolo e pubblicata nel catalogo a stampa, è un capolavoro dipinto a due mani dal maestro del divisionismo nazionale Vittore Grubicy De Dragon e Mario De Maria, geni della pittura di fine Ottocento. La tela testimonia il fortunato incontro tra i due artisti e pone le basi per una massiccia parentesi pittorica della storia dell’arte italiana.
Si scavalla il secolo ad alti livelli attraverso le più celebri personalità del liberty sia bolognese, tra cui Emma Bonazzi e Roberto Franzoni, che nazionale come il celebre Marcello Dudovich che ebbe un legame stretto con Bologna ad inizio secolo e che con l’inedito olio Autoritratto con la moglie in Piazza San Domenico è scelto come immagine di copertina del catalogo a stampa. Il percorso procede tra i celebri Secessionisti bolognesi con i gattini di Alfredo Protti, la Zoraide di Giovanni Romagnoli, cinque capolavori di Pizzirani tra cui l’inedito Raccolta delle more e infine Carlo Corsi con una serie di oli tutti datati, come A Margusta e All’aperto, che ben rappresentano il percorso di evoluzione stilistica che ha caratterizzato la sua arte. Il Novecento prosegue con opere di Giuliano Amadori, Adolfo Busi, Garzia Fioresi, Giulio Fiori e una selezione di prestigio di oli di Norma Mascellani tra cui un San Luca e delle fini nature morte.
Concludono cronologicamente l’esposizione un Sole ad affresco di Bruno Saetti, e due opere datate entrambe 1972: una veduta dei tetti di Bologna con la neve di Farpi Vignoli e Gli amanti di Lorenzo Ceregato, venuto a mancare da pochi mesi. Questi sanciscono la chiusura di un cerchio ideale, iniziato nell’Ottocento e conclusosi nel pieno Novecento. Un percorso che vuole rendere omaggio ad ogni singolo maestro, selezionando opere di qualità passate in importanti collezioni felsinee e oggi riunite per celebrare umori, gioie e autonomie di ogni singolo pezzo ed al contempo immaginare un filo invisibile che unisce silenziosamente l’intera arte bolognese degli ultimi due secoli. (F.S.)
Il titolo vuole volutamente porre l’attenzione sulla vicinanza spirituale tra le figure dei grandi conoscitori d’arte, i cosiddetti Connoisseurs, categoria che comprende gli studiosi tradizionali da Bernard Berenson a Roberto Longhi fino a Carlo Volpe e tanti altri, con i collezionisti felsinei dell’arte tra Otto e Novecento, sintetizzati dalla parola bulgnais, aggettivo che ironicamente ricorda il francese.
Cos’è un collezionista? A questa domanda si può rispondere che un collezionista è un maniaco che pur di possedere un’opera d’arte sacrifica gran parte della propria vita. Un collezionista è un malato che può trovare cura solo nella contemplazione di un’opera affinché possa emanciparsi dalla realtà per giungere in un mondo diverso.
Un percorso collettivo di spessore che parte cronologicamente con La madre, Campo di grano e Il traghetto di Luigi Bertelli, padre putativo della grande pittura bolognese successiva, passando per il gustoso Piccolo suonatore di flauto di Giovanni Paolo Bedini. L’Ottocento è infatti ben rappresentato da artisti di fama internazionale come Fabio Fabbi di cui si potranno vedere già svariate opere, tra cui alcune di soggetto sacro come San Giovanni Battista, Ecce Homo o San Giorgio e il drago, piccola anticipazione alla grande monografica dedicata al pittore che si svolgerà ad ottobre 2021 nuovamente presso la galleria Fondantico di Bologna. Non solo: si ritrovano grandi maestri come Alfonso Savini che è presente con una scena pompeiana, Alessandro Scorzoni con il delizioso Ritratto della moglie, un paesaggio di Coriolano Vighi e alcuni rarissimi oli di Augusto Majani, il Ritratto di Giosue Carducci e Notturno a Lizzano. La mostra continua poi con il simbolista Mario de Maria, di cui si segnalano Un giorno d’autunno a Lilienthal apparso alla Biennale veneziana del 1901 e Un androne a Terracina esposto a Venezia nel 1909. Quest’ultima opera, proposta al pubblico per la prima volta dopo un secolo e pubblicata nel catalogo a stampa, è un capolavoro dipinto a due mani dal maestro del divisionismo nazionale Vittore Grubicy De Dragon e Mario De Maria, geni della pittura di fine Ottocento. La tela testimonia il fortunato incontro tra i due artisti e pone le basi per una massiccia parentesi pittorica della storia dell’arte italiana.
Si scavalla il secolo ad alti livelli attraverso le più celebri personalità del liberty sia bolognese, tra cui Emma Bonazzi e Roberto Franzoni, che nazionale come il celebre Marcello Dudovich che ebbe un legame stretto con Bologna ad inizio secolo e che con l’inedito olio Autoritratto con la moglie in Piazza San Domenico è scelto come immagine di copertina del catalogo a stampa. Il percorso procede tra i celebri Secessionisti bolognesi con i gattini di Alfredo Protti, la Zoraide di Giovanni Romagnoli, cinque capolavori di Pizzirani tra cui l’inedito Raccolta delle more e infine Carlo Corsi con una serie di oli tutti datati, come A Margusta e All’aperto, che ben rappresentano il percorso di evoluzione stilistica che ha caratterizzato la sua arte. Il Novecento prosegue con opere di Giuliano Amadori, Adolfo Busi, Garzia Fioresi, Giulio Fiori e una selezione di prestigio di oli di Norma Mascellani tra cui un San Luca e delle fini nature morte.
Concludono cronologicamente l’esposizione un Sole ad affresco di Bruno Saetti, e due opere datate entrambe 1972: una veduta dei tetti di Bologna con la neve di Farpi Vignoli e Gli amanti di Lorenzo Ceregato, venuto a mancare da pochi mesi. Questi sanciscono la chiusura di un cerchio ideale, iniziato nell’Ottocento e conclusosi nel pieno Novecento. Un percorso che vuole rendere omaggio ad ogni singolo maestro, selezionando opere di qualità passate in importanti collezioni felsinee e oggi riunite per celebrare umori, gioie e autonomie di ogni singolo pezzo ed al contempo immaginare un filo invisibile che unisce silenziosamente l’intera arte bolognese degli ultimi due secoli. (F.S.)
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