60. Premio Termoli - In Cantiere
Dal 20 Febbraio 2016 al 30 Aprile 2016
Termoli | Campobasso
Luogo: MACTE Museo d’Arte Contemporanea Termoli
Indirizzo: via Giappone
Orari: 10-18
Curatori: Anna Daneri
Enti promotori:
- Comune di Termoli - Assessorato alla Cultura
- Con il Patrocinio di Regione Molise
- Provincia di Campobasso
- Comune di Termoli
- Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Molise
- Fondazione Molise Cultura
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0875 712381
E-Mail info: info@premiotermoli.it
Sito ufficiale: http://www.premiotermoli.it
Dal 21 febbraio al 30 aprile 2016 torna il Premio Termoli, che quest’anno giunge alla sessantesima edizione, segnando un profondo cambiamento nella storia del Premio d’Arte Contemporanea della città di Termoli.
La mostra dal titolo In Cantiere si terrà, infatti, nel futuro MACTE Museo d’Arte Contemporanea Termoli che avrà sede negli spazi dell’ex mercato di via Cina ospitando l’intera collezione del Premio degli ultimi sessant’anni.
La mostra è voluta e promossa dal Comune di Termoli, Assessorato alla Cultura ed è curata da Anna Daneri.
“La città di Termoli custodisce uno dei più interessanti tesori della storia dell’arte italiana del dopoguerra – dichiara il sindaco Angelo Sbrocca. Le opere acquisite negli anni dal Premio Termoli rappresentano un patrimonio pubblico che deve essere rivalutato. La sessantesima edizione del Premio si inserisce in un quadro volto a conservare e promuovere la memoria artistica collettiva, inaugurando un nuovo spazio pensato per ospitare opere di grande valore e ridare splendore all’arte di cui può fregiarsi la nostra città. Questa edizione si pone come momento di snodo, come ‘cantiere’ nel senso di luogo in cui fervono i lavori volti all’apertura del MACTE Museo d’Arte Contemporanea Termoli che porterà a un cambiamento rivolto ai giovani e a tutti i cittadini grazie ai nuovi linguaggi artistici. Siamo certi che la città saprà apprezzare la valorizzazione della nostra cultura e l’ampio respiro che l’arte avrà a Termoli con l’attuale collocazione del Premio”.
IN CANTIERE presenta sei giovani artisti: Riccardo Baruzzi (1976), Gabriella Ciancimino (1978), Sara Enrico (1979), Antonio Fiorentino (1987), Elena Mazzi(1984) e Santo Tolone (1979), le cui ricerche entrano in dialogo con il focus pittorico della storia del Premio, offrendo una prospettiva nuova con cui guardare alla pittura e alla scultura.
L'intento è di declinare il tema della costruzione in senso metaforico, ponendo l’arte e la cultura al centro di una dinamica virtuosa, motore per lo sviluppo di una crescita e di una consapevolezza collettive.
Le opere saranno esposte nello spazio-auditorium, cuore polivalente del futuro museo, entrando in relazione con l’architettura attraverso un dispositivo modulare site-specific, concepito per l’occasione da Rio Grande, collettivo creativo multidisciplinare con esperienze nel campo dell’arte, del design, del cibo e della comunicazione. Tale dispositivo sarà poi parte delle dotazioni del museo e potrà essere utilizzato per il display di future esposizioni.
Una giuria, composta da Stefano Arienti, artista, Lorenzo Canova, critico e Professore di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università degli Studi del Molise, Simone Menegoi, curatore indipendente, assegnerà il premio in occasione dell’inaugurazione. L’opera vincitrice entrerà a far parte della collezione e l’artista prescelto terrà un workshop durante il periodo della mostra.
Ripensare la funzione del Premio in chiave di “cantiere” prevede la costruzione di un progetto che si sviluppa in più direzioni: la mostra, la realizzazione di un sito dedicato, il progetto di un archivio digitale del Premio Termoli che ne raccolga la storia, una serie di eventi collaterali per sensibilizzare la cittadinanza e il workshop per attivare la partecipazione sul territorio.
IL PREMIO TERMOLI
Il Premio Termoli nasce nel 1955 come premio annuale d’Arte Contemporanea. Grazie al costante e appassionato interessamento del maestro Achille Pace, dal 1960 diviene una vera e propria ricognizione della ricerca artistica in Italia a cui hanno collaborato nomi illustri della critica d’arte italiana quali Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli. Attraverso lo strumento del premio acquisto, negli anni si è andata costituendo una collezione di opere rappresentative di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione dell’arte contemporanea che va dal 1955 a oggi.
La collezione termolese rappresenta un caso forse unico in Italia per la documentazione di tutto quell’ambito di ricerca che va dal postinformale all’astrattismo, alla nuova figurazione, all’arte cinetica e programmata. Attualmente la collezione comprende oltre 470 opere, in gran parte dipinti su tela, ma anche opere scultoree, realizzate con pluralità di tecniche e materiali. Tra gli artisti in collezione: Carla Accardi, Franco Angeli, Antonio Calderara, Dadamaino, Tano Festa, Gino Marotta, Luca Maria Patella, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Mario Schifano, Giulio Turcato,Giuseppe Uncini.
Inaugurazione e premiazione: sabato 20 febbraio 2016, ore 18
Orari:
da lunedì a domenica: 10-12.30
martedì e giovedì: anche il pomeriggio 16-18
Riccardo Baruzzi (Lugo di Ravenna, 1976)
L’artista utilizza principalmente pittura e disegno per sviluppare un’indagine sulle possibilità della rappresentazione tra figurazione e sintesi astratta. La ricerca di Baruzzi prende forme diverse e
intercambiabili: pittura, disegno, ma anche performance o interventi installativi vengono spesso sovrapposti per mettere in crisi l’univocità dell’oggetto d’arte. Alla pratica visiva l’artista affianca la ricerca sul suono; fabbrica oggetti e strumenti che utilizza nelle performance per stabilire affinità gestuali e segniche tra disegno e composizione ritmico-musicale.
Recentemente ha esposto a: Real Academia de España, Roma; Santarcangelo 14, Festival Internazionale del Teatro in Piazza, Rimini; P420, Bologna.
Porta Pittura dei riccioli, 2015
7 dipinti (tempera, spray e grafite su tela)
ciascuno 50x40cm
struttura (ferro, mdf)
125 x 41 x 70 cm
Parte di una serie iniziata nel 2010, l’opera consiste in una struttura minimale in ferro e legno che raccoglie una sequenza di dipintida intendersi come fogli di un album da disegno, schizzi, variazioni, esercizi di velocità sul tema dell’astrazione. Solo alcunetelevengono appese, mentre il porta pittura rimane nello spazio come presenza scultorea e un invito a pensare i quadri in modo intercambiabile, elementi di una sequenza variabile e indefinita. Con quest’opera Baruzzi indaga il limite tra la dimensione materiale del quadro come oggetto, e quella della pittura come dispositivo di rappresentazione e di racconto.
Gabriella Ciancimino (Palermo, 1978)
Ciancimino realizza opere site-specific e lavori collettivi, usando media differenti quali il video, la musica, l’installazione, il disegno, la grafica e la scultura.Centrale è il concetto di relazione, da cui deriva la tendenza a concepire le opere come momenti d’incontro e confronto.Nella produzione recente l’artista analizza il rapporto tra esseri umani e piante nella costruzione di un paesaggio che diviene luogo della memoria storica e dell’azione collettiva rompendo la gerarchia tra artista e fruitore.
Ha esposto recentemente a: MACBA, Barcellona;Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova; La Kunsthalle, centre d’art contemporain Mulhouse.
Chardon d’amour, 2014
tecnica mista su carta, metallo, plexiglass
55x55x3 cm
Realizzata combinando disegno a matita, acquarello, texture create con inchiostri e bottoni di metallo usati come timbri e differenti strati di carta tagliati con un bisturi, l’opera richiama nel titoloChanson d’amour di Wayne Shanklin, compositore statunitense noto per le contaminazioni linguistiche. La pianta rappresentata è il cardo, una specie selvatica tipica dei territori mediterranei. Rifacendosia tavole di illustri botanici del passato,il collage riprende elementi stilistici dell’Art Nouveau la cui denominazione – Liberty – acquisisceper l’artista la valenza di uno slogan politico, creando un parallelismo tra la resistenza biologica delle piante e quella storica dell'uomo.
Sara Enrico (Biella, 1979)
Il lavoro dell’artista è incentrato sulla pittura e sui materiali che l’hanno codificata nel corso dei secoli: colore, tela e telaio diventano i vincoli con cui misurarsi e ai quali trovare varianti, alterazioni, traduzioni. Enrico fa prima di tutto un’esperienza tattile della superficie, ed è proprio da questo approccio alla materia pittorica che deriva la “visione aptica” della sua produzione, uno sguardo che legge le tracce della superficie pittorica come i segni delle emozioni sulle pelle. La sua ricerca costituisce una sorta di archivio di superfici, che custodiscono le tracce di esperienze e indagano possibili narrazioni attorno agli oggetti realizzati.
Recentemente ha esposto a: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; GAM – Galleria civica d'arte moderna e contemporanea, Torino.
RGB (skin), 2015
stampa digitale su poliestere, gommapiuma
ciascuno20x180x20 cm
Risultato di un’indagine sulla natura tridimensionale e scultorea della pittura, la serie degli RGB, riferimento al modelloadditivo dei colori, attiva una mediazione tra supporto e superficie, tra corpo e pelle dell’opera. La stampa è realizzata a partire dalla scansione di un frammento di tela da pittura grezza, uno scarto spiegazzato e imperfetto, ridisteso sulla superficie dello scanner in funzione, ottenendo una scrittura dal corpo della tela in movimento. Da un semplice fenomeno fisico, l’interazione del bianco della tela con la luce dello scanner, emergono pattern e colori che sono estratti e accentuati dall’artista. La scelta della forma, in grandi cilindri morbidi, trasla una semplice azione in un altrettanto semplice e immediato “oggetto di design”.
Antonio Fiorentino (Barletta, 1987)
La poetica di Fiorentino è caratterizzata dall’intervento minimo e impercettibile che aspira all’isolamento dell’aura delle cose e al suo disvelamento. Realizzando prevalentemente sculture e installazioni, ma anche video, azioni e fotografie, l’artista mette in discussione la nozione stessa di creazione artistica; nella formalizzazione dell’opera viene spesso lasciato ampio margine alla casualità, magnificando le infinite potenzialità fisiche e formali dell’alchimia della materia. L’intento sembra essere quello di riportare l’arte alla natura,trovare valore nelle cose che già ci sono, con lo sforzo minorepossibile.
Recentemente ha esposto a:HIAP Helsinki International Artists Programme, Helsinki;Villa Arson, Nizza; Contemporary Locus V, Domus Lucinae, Bergamo.
Untitled (Lucis et Umbrae), 2015
4 lastre in pietra (Carrara, Bardiglio, Marquinia, Apricena)
ciascuna 40x30x3 cm
Quattro diverse pietre, quattro diverse venature, cromie, consistenze e porosità. L’artista fa ricorso a una tecnica scultorea tradizionale, la bocciardatura, con l’effetto di relegare alcune porzioni di superficie a “zona d’ombra” e di ingaggiare la luce come coautrice dell’opera. Fiorentino analizzacosì il confine tra pittura e scultura interrogandosi sulle infinite potenzialità fisico-formali che la materia è in grado di evocare nelle sue varie fasi di lavorazione e manipolazione. Una delle lastre è realizzata in pietra di Apricena, impiegata nella costruzione della Cattedrale di Termoli e nelle decorazioni degli edifici nel centro storico.
Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984)
L’artista indaga il rapporto tra l'uomo e l'ambiente, attraverso percorsi di ricerca interdisciplinari che intrecciano arte, architettura, scienza, società e territorio. Nei suoi lavoriMazzi intende condurre un’analisi sull'identità personale e collettiva, in relazionea un territorio e le sue specifiche dinamiche sociali, culturali e storiche. La sua opera si formalizza utilizzando diversi media, attraverso la teorizzazione di modelli alternativi che coniugano attività artigianali a sperimentazioni tecnologiche e industriali, allo scopo di apportare un contributo effettivo al miglioramento dell’ambiente attraverso pratiche di scambio e collaborazione.
Ha esposto recentemente a:14th Istanbul Biennial, Istanbul, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Botkyrka Konsthall, Stoccolma.
Bricks serving the unpredictable, 2014
10 mattoni fatti a mano, vetro riciclato
ciascuno 2,5 x 25 x 12 cm
L’artista si confronta con l’unità di misura basilare nella costruzione abitativa: il mattone. Il modulo, generalmente inteso come oggetto seriale, viene qui affrontato come un manufatto artistico unico e irriproducibile. Nell’amalgama di ceramica sono incastonati come fossero pietre preziose gli scarti di vetro provenienti da Sacca San Mattia, discarica del vetro di Murano e da alcune cristallerie di Colle Val d’Elsa in Toscana: i mattoni si fanno pittura attraverso l’uso del vetro colorato, uno dei materiali meno impattanti per l’ambiente grazie alla sua infinita riciclabilità. L’artista trae ispirazione dalla bioedilizia edalla possibilità di uno sviluppo ecosostenibile, parafrasando il titolo Structures Serving the Unpredictable di Yona Friedman, e le sue teorie per un’architettura “umanista”.
Santo Tolone (Como, 1979)
Sia che utilizzi il mezzo pittorico che quello scultoreo, Tolone crea opere che producono uno spiazzamento visivo e concettuale spesso intriso di ironia. Gli elementi disparati presenti nei suoi progetti espositivi trovano un fulcro nell’interesse verso la composizione e lo studio della forma, creando continui riferimenti alla storia dell’arte contemporanea. I titoli, a prima vista descrittivi e banali, sono a un tempo rivelatori della natura dell’opera e creano un ponte con il mondo ‘reale’ degli utensili domestici oppure oggetti d’uso comune.
Recentemente ha esposto a:Triennale di Milano; Limoncello gallery, Londra; Frutta gallery, Roma; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.
Controsoffitto (giallo), 2015
legno, gommapiuma, tessuto
92 x 73 x 26 cm
L’opera è parte di una serie iniziata nel 2015, costituita da sculture da appendere come quadri, dai colori sgargianti. Si tratta a tutti gli effetti di ready-made realizzati recuperando materiali di varia provenienza. Nella serie, Tolone assembla infatti controsoffitti di diverse fogge, utilizzati trasformandone dimensione e disposizione, e li riveste con imbottiture di divani in tinta unita. Il rimando è al rigore formale dell’arte minimale e astratta, stemperato dall’utilizzo di elementi architettonici dismessi e di elementid’arredo.
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