Giuseppe Amadio. Estro... Ri... Flessioni
Dal 14 Marzo 2015 al 16 Aprile 2015
Rende | Cosenza
Luogo: MAON - Museo d'Arte dell'Otto e Novecento
Indirizzo: via Raffaele De Bartolo 1
Orari: da martedì a sabato 10-13,30 / 15,30-19
Curatori: Associazione culturale Spirale d'Idee di Milano
Enti promotori:
- Comune di Rende
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0984 444113
E-Mail info: info@maon.it
Sito ufficiale: http://www.maon.it
Si inaugurerà sabato 14 marzo alle ore 18:30 presso il MAON, Museo d'Arte dell'Otto e Novecento nel centro storico di Rende, la mostra personale di Giuseppe Amadio “Estro...ri...flessioni”, curata in collaborazione con l'Associazione culturale Spirale d'Idee di Milano, con testi in catalogo di Vera Agosti, Massimo Ferrarotti, Maurizio Monticelli, Vittorio Sgarbi e Tonino Sicoli.
Il patrocinio è del Comune di Rende; partner è la James Goodman Gallery di New York.
Circa quaranta le opere in esposizione fino al 16 aprile a raccontare l'ultimo decennio di un coerente percorso artistico iniziato negli anni Ottanta. Giuseppe Amadio è nato a Todi nel 1944 e si occupa anche di design per interni e grafica pubblicitaria. Ha collaborato per un ventennio come tecnico di studio con Piero Dorazio, ma dopo aver abbracciato una iniziale poetica materico-gestuale, ha avviato una produzione di opere realizzate con tele estroflesse monocrome.
“C’è – scrive Vittorio Sgarbi - un passato forte alle spalle del presente artistico di Giuseppe Amadio, eccellente creatore di estroflessioni che ribadiscono un’attualità ormai fuori dal tempo, non solo perfettamente adattabile alla sensibilità estetica dell’odierno, ma proiettabile anche nel futuro più immediato. E’ un passato, recentemente consacrato dal mercato internazionale, che rimanda a una Milano rimpianta, quella dinamica e vitale, nel pieno del boom economico, in grado di ritagliarsi un ruolo di tutto rilievo non solo nella nuova produzione industriale, ma anche nell’arte più innovativa del momento, con Lucio Fontana a fare da grande padre spirituale di un manipolo di giovani profeti, raccolti attorno al progetto della rivista "Azimuth”, con la presunzione di voler ricominciare daccapo. Fra questi, anche i primi, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, a proporre delle estroflessioni – tele monocrome “gonfiate” posteriormente da orditi simmetrici di chiodi per il primo, da sagome regolari, prevalentemente curvilinee, per l’altro - nei termini grammaticali che Amadio adotterà e farà propri, convertendoli a nuovi sviluppi espressivi, seppure del tutto coerenti con quei precedenti.”
Afferma Tonino Sicoli: “Il filone di shaped canvases (tele sagomate) che si sviluppa a partire dagli anni Sessanta raccoglie vari sostenitori, con approcci diversi e diverse sensibilità: dal più realistico Mare di Pino Pascali (1966) alle superfici monocrome di Castellani e Bonalumi, alle tele traforate e sovrapposte di Paolo Scheggi, fino ai trafori circolari più semplici di Dadamaino.
Le estroflessioni di Giuseppe Amadio segnano un apporto dinamico e adornato a questo indirizzo dell'arte contemporanea, con una produzione estremamente ricca di soluzioni plastiche. All'interno di schemi razionali vengono individuate forme di assonanza naturalistica: floreali, unicellulari, a nastro, ameboidi. I rilievi assumono l'aspetto di improbabili microrganismi, che si spostano in uno spazio vuoto; come piccoli esseri viventi, che si muovono sottopelle, corrugando finemente la superficie dai ritmi minuti. C'è un qualcosa di organico, che trasale da queste tele estroflesse anche quando si perde quel brusio fitto da biologia cellulare per adottare le fattezze più macroscopiche di una porzione di corpo o, addirittura, di un paesaggio desertico.”
“Dietro all’estroflessione- spiega Vera Agosti - si nasconde un disegno rigoroso ed equilibrato di lamine di una determinata altezza e punti di ottone (trattati e colorati) per creare un’immagine, su cui è tirata il più possibile una tela spessa, fatta di cotone morbidissimo. La tensione è talmente uniforme da suggerire l’idea della purezza. Le linee sono perfette, gli angoli si adattano alle rotondità del tessuto senza forzature e sporgenze. La superficie è inizialmente bianca, poi viene passata con resine e quindi dipinta con tinte realizzate dall’artista a base di gomma di caucciù, che è molto elastica e garantisce la tenuta della tensione. I colori, nella migliore tradizione, sono principalmente i primari: rosso, che a volte vira al magenta, quando altrimenti la cromia pura sarebbe troppo azzardata, blu e giallo leggermente spento. Si trovano anche il bianco avorio e il grigio, chiaro e raffinato. I lavori sono tutti monocromi. Il colore puro, immenso, uniforme e totalizzante diventa una sorta di astrazione mentale, che si sposa armoniosamente alla forma desiderata. I giochi di luce, opportunamente studiati e calibrati, rafforzano la seduzione dei lavori.”
Il patrocinio è del Comune di Rende; partner è la James Goodman Gallery di New York.
Circa quaranta le opere in esposizione fino al 16 aprile a raccontare l'ultimo decennio di un coerente percorso artistico iniziato negli anni Ottanta. Giuseppe Amadio è nato a Todi nel 1944 e si occupa anche di design per interni e grafica pubblicitaria. Ha collaborato per un ventennio come tecnico di studio con Piero Dorazio, ma dopo aver abbracciato una iniziale poetica materico-gestuale, ha avviato una produzione di opere realizzate con tele estroflesse monocrome.
“C’è – scrive Vittorio Sgarbi - un passato forte alle spalle del presente artistico di Giuseppe Amadio, eccellente creatore di estroflessioni che ribadiscono un’attualità ormai fuori dal tempo, non solo perfettamente adattabile alla sensibilità estetica dell’odierno, ma proiettabile anche nel futuro più immediato. E’ un passato, recentemente consacrato dal mercato internazionale, che rimanda a una Milano rimpianta, quella dinamica e vitale, nel pieno del boom economico, in grado di ritagliarsi un ruolo di tutto rilievo non solo nella nuova produzione industriale, ma anche nell’arte più innovativa del momento, con Lucio Fontana a fare da grande padre spirituale di un manipolo di giovani profeti, raccolti attorno al progetto della rivista "Azimuth”, con la presunzione di voler ricominciare daccapo. Fra questi, anche i primi, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, a proporre delle estroflessioni – tele monocrome “gonfiate” posteriormente da orditi simmetrici di chiodi per il primo, da sagome regolari, prevalentemente curvilinee, per l’altro - nei termini grammaticali che Amadio adotterà e farà propri, convertendoli a nuovi sviluppi espressivi, seppure del tutto coerenti con quei precedenti.”
Afferma Tonino Sicoli: “Il filone di shaped canvases (tele sagomate) che si sviluppa a partire dagli anni Sessanta raccoglie vari sostenitori, con approcci diversi e diverse sensibilità: dal più realistico Mare di Pino Pascali (1966) alle superfici monocrome di Castellani e Bonalumi, alle tele traforate e sovrapposte di Paolo Scheggi, fino ai trafori circolari più semplici di Dadamaino.
Le estroflessioni di Giuseppe Amadio segnano un apporto dinamico e adornato a questo indirizzo dell'arte contemporanea, con una produzione estremamente ricca di soluzioni plastiche. All'interno di schemi razionali vengono individuate forme di assonanza naturalistica: floreali, unicellulari, a nastro, ameboidi. I rilievi assumono l'aspetto di improbabili microrganismi, che si spostano in uno spazio vuoto; come piccoli esseri viventi, che si muovono sottopelle, corrugando finemente la superficie dai ritmi minuti. C'è un qualcosa di organico, che trasale da queste tele estroflesse anche quando si perde quel brusio fitto da biologia cellulare per adottare le fattezze più macroscopiche di una porzione di corpo o, addirittura, di un paesaggio desertico.”
“Dietro all’estroflessione- spiega Vera Agosti - si nasconde un disegno rigoroso ed equilibrato di lamine di una determinata altezza e punti di ottone (trattati e colorati) per creare un’immagine, su cui è tirata il più possibile una tela spessa, fatta di cotone morbidissimo. La tensione è talmente uniforme da suggerire l’idea della purezza. Le linee sono perfette, gli angoli si adattano alle rotondità del tessuto senza forzature e sporgenze. La superficie è inizialmente bianca, poi viene passata con resine e quindi dipinta con tinte realizzate dall’artista a base di gomma di caucciù, che è molto elastica e garantisce la tenuta della tensione. I colori, nella migliore tradizione, sono principalmente i primari: rosso, che a volte vira al magenta, quando altrimenti la cromia pura sarebbe troppo azzardata, blu e giallo leggermente spento. Si trovano anche il bianco avorio e il grigio, chiaro e raffinato. I lavori sono tutti monocromi. Il colore puro, immenso, uniforme e totalizzante diventa una sorta di astrazione mentale, che si sposa armoniosamente alla forma desiderata. I giochi di luce, opportunamente studiati e calibrati, rafforzano la seduzione dei lavori.”
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