Gianfranco Goberti. La magia della pittura

GGianfranco Goberti, Poltrona riflessa, 1967. Acrilico su tela, cm. 130x171. Collezione Famiglia Goberti
Dal 27 September 2025 al 11 January 2026
Ferrara
Luogo: Castello Estense
Indirizzo: Largo Castello 1
Orari: Dalle 10.00 alle 18.00, chiuso il martedì (la biglietteria chiude 45 minuti prima) Aperto anche 1 novembre, 8 e 30 dicembre
Curatori: Pietro Di Natale
Enti promotori:
- Fondazione Ferrara Arte e Servizio Cultura Turismo e rapporti con l’Unesco - Comune di Ferrara
Telefono per informazioni: +39 0532 419180
E-Mail info: castelloestense@comune.fe.it
Sito ufficiale: http://www.castelloestense.it
Dal 27 settembre le sale del piano nobile del Castello Estense ospitano la mostra Gianfranco Goberti. La magia della pittura, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Cultura, Turismo e rapporti con l’Unesco del Comune di Ferrara e curata da Pietro Di Natale.
L’esposizione ripercorre l’ampio e articolato percorso del pittore ferrarese Gianfranco Goberti (1939 – 2023), attraverso più di quaranta opere realizzate in oltre mezzo secolo di attività. Partito da una sorta di Nuova figurazione in cui riaffiora l’immagine dopo la lunga stagione dell’informale, Goberti elabora dalla fine degli anni Sessanta un originale optical figurativo in dipinti con specchi e poltrone a righe, con i quali indaga in particolare i temi del rapporto tra realtà e immagine e della percezione visiva.
Il valore di questa ricerca, che prosegue nel decennio successivo allargandosi all’identità e alla funzione della rappresentazione (tanto nelle opere dove inserisce la fotografia e l’oggetto vero, quanto nei virtuosistici trompe l’œil), viene riconosciuto da Gillo Dorfles che lo seleziona per il Premio Bolaffi del 1979 per aver approfondito «lo studio dell’ambiguità delle immagini e della dialettica tra l’elemento percettivo e la illusorietà dello stesso, raggiungendo interessanti realizzazioni nel campo della visualità».
Contestualmente Goberti insegna progettazione pittorica ed educazione visiva all’Istituto Dosso Dossi di Ferrara, del quale è preside dal 1982 al 1992. Dopo gli anni Ottanta e nei decenni successivi la sua pittura si concentra su oggetti (camicie, cravatte, divani, poltrone) che riassumono in sé la ricerca sul motivo – centrale e ricorrente – della linea, che si esprime anche nei lavori dedicati alle corde, uno dei punti più noti della sua ricca produzione.
Negli stessi anni Goberti recupera una figurazione post-concettuale, senza avvicinarsi però alla Bad Painting e al neoespressionismo allora diffuso. Tra i suoi ultimi cicli di pittura, nati a cavallo del millennio, spicca quello sul mito di Icaro, potente metafora della condizione umana.
Oltre a dipinti e a lavori che documentano le sue originali sperimentazioni extra-pittoriche, la retrospettiva – la prima organizzata dopo la sua recente scomparsa – presenta anche i due videotape Metagrafica (1977) e Verde carminio (1983) prodotti dal Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti diretto da Lola Bonora.
Marco Gulinelli, Assessore alla Cultura di Ferrara, afferma: «La mostra dedicata a Gianfranco Goberti è un atto dovuto e voluto: significa riconoscere l’importanza di un artista che ha dato molto alla nostra città e all’arte, che ha saputo innovare e che merita di essere ricordato con una rassegna che ne ripercorra la vicenda artistica e umana. Un gesto doveroso, per chiarire nella nostra memoria il segno lasciato da Goberti nella cultura contemporanea. Le sue opere di ci offrono la possibilità di mettere in discussione noi stessi e le nostre convinzioni e di vedere con occhi nuovi la realtà nella quale siamo, o crediamo di essere, calati. Ci inganna, a fin di bene, per accrescere la nostra consapevolezza, per stimolare e mantenere viva la nostra attenzione. Gliene sono grato, e lo ringrazio perché, da sempre, è stato in grado di stupirmi. Sono sicuro che ciò accadrà anche ai visitatori della mostra».
Secondo Vittorio Sgarbi, Presidente della Fondazione Ferrara Arte, «Goberti è stato il solo pittore ferrarese della sua generazione che non si sia compiaciuto della grandezza della sua città e della sua leggendaria tradizione artistica. Se la teneva dentro; ma lui voleva parlare il linguaggio del suo tempo, sentirsi dentro la storia che gli era toccato vivere, senza gloriarsi d’altri. Era riservato e ferrarese d’indole, ma parlava con gli americani, con gli inglesi, con i francesi contemporanei, visti nella impresa, senza precedenti, di Palazzo dei Diamanti. Era refrattario al rifugio della provincia dove pure si era formato. E andava oltre, in perpetua fuga, con la mente libera e con gli occhi aperti sul mondo. Perché Goberti sentiva il suo tempo come se il suo corpo non avesse radici ma solo pensieri, essendo al centro del mondo, in qualunque punto del mondo. La sua Ferrara non era un luogo fisico, ma uno stato d’animo, come per Giorgio de Chirico, uno dei suoi punti di riferimento».
Pietro Di Natale, Direttore della Fondazione Ferrara Arte e curatore della mostra, aggiunge: «Ogni lavoro da lui concepito, da gustare con lentezza, provoca inevitabili conseguenze, che si manifestano nell’immediato o a lungo termine: la più augurabile, e confortante, è quella di cominciare a pensare e a vedere altrimenti, e di approdare altrove, dove non eravamo mai stati e, magari, non avevamo nemmeno mai sognato di essere. Ecco la magia della pittura di Gianfranco Goberti: da non credere ai propri occhi».
Elena Pontiggia, autrice di un saggio nel catalogo, sottolinea: «Raramente un artista è capace con le sue opere, come Gianfranco Goberti, di far vedere e far pensare con uguale intensità. Raramente un artista si può considerare, come Goberti, visivo e insieme concettuale; attraente nella fisionomia della composizione e al tempo stesso stimolante nell’idea che quella composizione suggerisce. C’è nei suoi lavori qualcosa che cattura lo sguardo e che non si smetterebbe mai di guardare, di osservare, di analizzare. E se Savinio diceva “Le idee nude muoiono di freddo”, l’opera di Goberti cura teneramente le idee che sviluppa, veste e riveste quelle che crea, in modo da non offrirci solo una riflessione teorica, tantomeno un gioco intellettuale, ma qualcosa di più caldo. Qualcosa di più».
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L’esposizione ripercorre l’ampio e articolato percorso del pittore ferrarese Gianfranco Goberti (1939 – 2023), attraverso più di quaranta opere realizzate in oltre mezzo secolo di attività. Partito da una sorta di Nuova figurazione in cui riaffiora l’immagine dopo la lunga stagione dell’informale, Goberti elabora dalla fine degli anni Sessanta un originale optical figurativo in dipinti con specchi e poltrone a righe, con i quali indaga in particolare i temi del rapporto tra realtà e immagine e della percezione visiva.
Il valore di questa ricerca, che prosegue nel decennio successivo allargandosi all’identità e alla funzione della rappresentazione (tanto nelle opere dove inserisce la fotografia e l’oggetto vero, quanto nei virtuosistici trompe l’œil), viene riconosciuto da Gillo Dorfles che lo seleziona per il Premio Bolaffi del 1979 per aver approfondito «lo studio dell’ambiguità delle immagini e della dialettica tra l’elemento percettivo e la illusorietà dello stesso, raggiungendo interessanti realizzazioni nel campo della visualità».
Contestualmente Goberti insegna progettazione pittorica ed educazione visiva all’Istituto Dosso Dossi di Ferrara, del quale è preside dal 1982 al 1992. Dopo gli anni Ottanta e nei decenni successivi la sua pittura si concentra su oggetti (camicie, cravatte, divani, poltrone) che riassumono in sé la ricerca sul motivo – centrale e ricorrente – della linea, che si esprime anche nei lavori dedicati alle corde, uno dei punti più noti della sua ricca produzione.
Negli stessi anni Goberti recupera una figurazione post-concettuale, senza avvicinarsi però alla Bad Painting e al neoespressionismo allora diffuso. Tra i suoi ultimi cicli di pittura, nati a cavallo del millennio, spicca quello sul mito di Icaro, potente metafora della condizione umana.
Oltre a dipinti e a lavori che documentano le sue originali sperimentazioni extra-pittoriche, la retrospettiva – la prima organizzata dopo la sua recente scomparsa – presenta anche i due videotape Metagrafica (1977) e Verde carminio (1983) prodotti dal Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti diretto da Lola Bonora.
Marco Gulinelli, Assessore alla Cultura di Ferrara, afferma: «La mostra dedicata a Gianfranco Goberti è un atto dovuto e voluto: significa riconoscere l’importanza di un artista che ha dato molto alla nostra città e all’arte, che ha saputo innovare e che merita di essere ricordato con una rassegna che ne ripercorra la vicenda artistica e umana. Un gesto doveroso, per chiarire nella nostra memoria il segno lasciato da Goberti nella cultura contemporanea. Le sue opere di ci offrono la possibilità di mettere in discussione noi stessi e le nostre convinzioni e di vedere con occhi nuovi la realtà nella quale siamo, o crediamo di essere, calati. Ci inganna, a fin di bene, per accrescere la nostra consapevolezza, per stimolare e mantenere viva la nostra attenzione. Gliene sono grato, e lo ringrazio perché, da sempre, è stato in grado di stupirmi. Sono sicuro che ciò accadrà anche ai visitatori della mostra».
Secondo Vittorio Sgarbi, Presidente della Fondazione Ferrara Arte, «Goberti è stato il solo pittore ferrarese della sua generazione che non si sia compiaciuto della grandezza della sua città e della sua leggendaria tradizione artistica. Se la teneva dentro; ma lui voleva parlare il linguaggio del suo tempo, sentirsi dentro la storia che gli era toccato vivere, senza gloriarsi d’altri. Era riservato e ferrarese d’indole, ma parlava con gli americani, con gli inglesi, con i francesi contemporanei, visti nella impresa, senza precedenti, di Palazzo dei Diamanti. Era refrattario al rifugio della provincia dove pure si era formato. E andava oltre, in perpetua fuga, con la mente libera e con gli occhi aperti sul mondo. Perché Goberti sentiva il suo tempo come se il suo corpo non avesse radici ma solo pensieri, essendo al centro del mondo, in qualunque punto del mondo. La sua Ferrara non era un luogo fisico, ma uno stato d’animo, come per Giorgio de Chirico, uno dei suoi punti di riferimento».
Pietro Di Natale, Direttore della Fondazione Ferrara Arte e curatore della mostra, aggiunge: «Ogni lavoro da lui concepito, da gustare con lentezza, provoca inevitabili conseguenze, che si manifestano nell’immediato o a lungo termine: la più augurabile, e confortante, è quella di cominciare a pensare e a vedere altrimenti, e di approdare altrove, dove non eravamo mai stati e, magari, non avevamo nemmeno mai sognato di essere. Ecco la magia della pittura di Gianfranco Goberti: da non credere ai propri occhi».
Elena Pontiggia, autrice di un saggio nel catalogo, sottolinea: «Raramente un artista è capace con le sue opere, come Gianfranco Goberti, di far vedere e far pensare con uguale intensità. Raramente un artista si può considerare, come Goberti, visivo e insieme concettuale; attraente nella fisionomia della composizione e al tempo stesso stimolante nell’idea che quella composizione suggerisce. C’è nei suoi lavori qualcosa che cattura lo sguardo e che non si smetterebbe mai di guardare, di osservare, di analizzare. E se Savinio diceva “Le idee nude muoiono di freddo”, l’opera di Goberti cura teneramente le idee che sviluppa, veste e riveste quelle che crea, in modo da non offrirci solo una riflessione teorica, tantomeno un gioco intellettuale, ma qualcosa di più caldo. Qualcosa di più».
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