Sammy Baloji. K(C)ongo, Fragments of Interlaced Dialogues. Subversive Classifications
Dal 26 Aprile 2022 al 27 Novembre 2022
Firenze
Luogo: Palazzo Pitti
Indirizzo: Piazza de' Pitti 1
Curatori: Lucrezia Cippitelli, Chiara Toti, collettivo curatoriale BHMF
Sito ufficiale: http://www.uffizi.it
Dal 26 aprile l’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti ospiterà K(C)ongo, Fragments of Interlaced Dialogues. Subversive Classifications, la prima mostra personale di Sammy Baloji in Italia. Il progetto espositivo, curato da Lucrezia Cippitelli, Chiara Toti e dal collettivo BHMF, costituisce il punto di arrivo di una ricerca avviata dall’artista a partire dal 2016 nelle collezioni di diversi musei del mondo, tra i quali la reggia medicea. Nella mostra - arricchita dalla produzione di due nuove opere site-specific per le sale dell’Andito degli Angiolini, Palazzo Pitti - si intrecciano motivi e narrazioni ricavati da oggetti che arrivavano dai Regni Kongo (odierne Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo e Angola) a partire dal XVI secolo, ora custoditi a Palazzo Pitti e in vari musei.
Le opere dell’artista dialogano infatti con materiale d’archivio e importanti opere dal Kongo in prestito dal Museo di Antropologia ed Etnologia di Firenze e dal Museo delle Civiltà di Roma oltre che dalle Gallerie degli Uffizi.
Fil rouge dell’intero percorso, che si snoda in sette sale, è un tappeto della lunghezza di 88 metri (The Crossing), prodotto e realizzato per le sale dell'Andito degli Angiolini, la cui decorazione traduce i motivi geometrici e a fasce circolari di quattro preziosi olifanti Kongo (trombe cerimoniali d'avorio intarsiate) eccezionalmente riuniti nella mostra: tre di essi provengono dal Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, uno è stato concesso in prestito per l’occasione dal Museo delle Civiltà di Roma. Questi splendidi oggetti, due dei quali presenti nelle collezioni medicee fin dal Cinquecento, segnano il punto di arrivo di un cammino che evidenzia sala dopo sala la complessità dei “dialoghi intrecciati” tra Kongo, Europa Rinascimentale ed Europa Moderna.
Con l'installazione immersiva Gnosis, ispirata alla Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio, Sammy Baloji esplora il concetto di Wunderkammer (ovvero stanza delle meraviglie) inquadrando le collezioni rinascimentali di mirabilia e naturalia e la nascita dei moderni musei antropologici ed etnografici italiani.
Alcune sculture in prestito dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze, provengono dal Congo coloniale e arrivarono in Italia all’inizio del XX secolo.
Le lettere del Re Afonso I del Kongo al sovrano portoghese Manuel I, così come le placche di rame e bronzo di Baloji Negative of LuxuryCloth e la scultura-telaio Goods Trades Roots (nei quali i motivi geometrici rimandano ai preziosi tessuti di rafia, arrivati in Italia tra il Cinquecento e il Seicento attraverso i mercanti portoghesi), parlano di una relazione paritaria ed orizzontale tra Europa e Africa, che ribalta la narrazione “esotica” divenuta in seguito predominante.
L’esposizione evidenzia un profilo “sovversivo” delle opere Kongo, che superano le moderne classificazioni "esotiche" o "etnografiche", retaggio della tratta transatlantica degli schiavi e dello Scramble for Africa (conquista dell’Africa) della fine del XIX secolo, le cui implicazioni sono in conflitto con la percezione e i valori culturali contemporanei.
La mostra chiude durante i mesi più caldi dell’anno, e sarà dunque aperta in due separati periodi: dal 26 aprile al 26 giugno e dal 6 settembre al 27 novembre.
L’artista Sammy Baloji: “I’m not interested in colonialism as nostalgia, or in it as a thing of the past, but in the continuation of that system”.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “La ricerca storica rivela che la nostra percezione di oggetti e opere appartenenti a culture diverse è stata – e in molti casi è ancora - viziata in senso negativo. L’arte di Sammy Baloji ci indica invece una strada diversa da percorrere, attraverso la scoperta della verità del passato e il recupero delle relazioni orizzontali tra le culture: in questa prospettiva le sue opere diventano politiche nel senso più alto del termine”.
Sammy Baloji vive e lavora tra Lubumbashi e Bruxelles. Il suo percorso, iniziato nel 2005 con la documentazione fotografica degli edifici moderni della sua città, si è sviluppato anche come ricerca e produzione visiva insieme a Picha, collettivo di artisti e professionisti della cultura con cui fonda nel 2008 la Biennale di Lubumbashi ed il centro d'arte Picha. Il suo lavoro esplora la memoria e la storia della Repubblica Democratica del Congo in relazione con la storia globale, facendo emergere nella fitta rete di relazioni una complessità che tocca e rivede profondamente la storia moderna europea. A partire dalla ricerca sul patrimonio culturale, architettonico e industriale della regione del Katanga, l'opera di Baloji rilegge l'impatto della colonizzazione, facendo emergere come, dalla prospettiva contemporanea delle narrazioni coloniali, l'imperialismo economico del nostro presente pervada l'immaginario e rafforzi le relazioni di potere. La sua visione critica abbraccia le prime relazioni tra Africa ed Europa nel Quattrocento e ci mostra come i cliché culturali che hanno formato e plasmato le memorie collettive continuino ad avere un ruolo centrale nell'odierna percezione del mondo. Nominato Cavaliere delle Arti e Lettere in Francia, ha ricevuto numerose borse di studio, premi e riconoscimenti, in particolare ai Rencontres africaines de photographie de Bamako e alla Biennale di Dakar. È stato vincitore del Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative. Nel 2019-2020, è stato residente all'Accademia di Francia a Roma - Villa Medici. Dal 2018 insegna alla Sommerakademie di Salisburgo. Ha esposto in importanti musei, gallerie e rassegne di tutto il mondo tra cui: Beaux-Arts de Paris (2021); Biennale di Sydney (2020); Documenta 14 (Kassel/Athens, 2017); Biennale di Lione (2015); Biennale di Venezia (2015); Festival Photoquai al Musée du Quai Branly (2015). Nel 2020, è stato incluso nel Power 100, la classifica delle "personalità più influenti nel mondo dell'arte" dalla rivista britannica ArtReview.
Le opere dell’artista dialogano infatti con materiale d’archivio e importanti opere dal Kongo in prestito dal Museo di Antropologia ed Etnologia di Firenze e dal Museo delle Civiltà di Roma oltre che dalle Gallerie degli Uffizi.
Fil rouge dell’intero percorso, che si snoda in sette sale, è un tappeto della lunghezza di 88 metri (The Crossing), prodotto e realizzato per le sale dell'Andito degli Angiolini, la cui decorazione traduce i motivi geometrici e a fasce circolari di quattro preziosi olifanti Kongo (trombe cerimoniali d'avorio intarsiate) eccezionalmente riuniti nella mostra: tre di essi provengono dal Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, uno è stato concesso in prestito per l’occasione dal Museo delle Civiltà di Roma. Questi splendidi oggetti, due dei quali presenti nelle collezioni medicee fin dal Cinquecento, segnano il punto di arrivo di un cammino che evidenzia sala dopo sala la complessità dei “dialoghi intrecciati” tra Kongo, Europa Rinascimentale ed Europa Moderna.
Con l'installazione immersiva Gnosis, ispirata alla Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio, Sammy Baloji esplora il concetto di Wunderkammer (ovvero stanza delle meraviglie) inquadrando le collezioni rinascimentali di mirabilia e naturalia e la nascita dei moderni musei antropologici ed etnografici italiani.
Alcune sculture in prestito dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze, provengono dal Congo coloniale e arrivarono in Italia all’inizio del XX secolo.
Le lettere del Re Afonso I del Kongo al sovrano portoghese Manuel I, così come le placche di rame e bronzo di Baloji Negative of LuxuryCloth e la scultura-telaio Goods Trades Roots (nei quali i motivi geometrici rimandano ai preziosi tessuti di rafia, arrivati in Italia tra il Cinquecento e il Seicento attraverso i mercanti portoghesi), parlano di una relazione paritaria ed orizzontale tra Europa e Africa, che ribalta la narrazione “esotica” divenuta in seguito predominante.
L’esposizione evidenzia un profilo “sovversivo” delle opere Kongo, che superano le moderne classificazioni "esotiche" o "etnografiche", retaggio della tratta transatlantica degli schiavi e dello Scramble for Africa (conquista dell’Africa) della fine del XIX secolo, le cui implicazioni sono in conflitto con la percezione e i valori culturali contemporanei.
La mostra chiude durante i mesi più caldi dell’anno, e sarà dunque aperta in due separati periodi: dal 26 aprile al 26 giugno e dal 6 settembre al 27 novembre.
L’artista Sammy Baloji: “I’m not interested in colonialism as nostalgia, or in it as a thing of the past, but in the continuation of that system”.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “La ricerca storica rivela che la nostra percezione di oggetti e opere appartenenti a culture diverse è stata – e in molti casi è ancora - viziata in senso negativo. L’arte di Sammy Baloji ci indica invece una strada diversa da percorrere, attraverso la scoperta della verità del passato e il recupero delle relazioni orizzontali tra le culture: in questa prospettiva le sue opere diventano politiche nel senso più alto del termine”.
Sammy Baloji vive e lavora tra Lubumbashi e Bruxelles. Il suo percorso, iniziato nel 2005 con la documentazione fotografica degli edifici moderni della sua città, si è sviluppato anche come ricerca e produzione visiva insieme a Picha, collettivo di artisti e professionisti della cultura con cui fonda nel 2008 la Biennale di Lubumbashi ed il centro d'arte Picha. Il suo lavoro esplora la memoria e la storia della Repubblica Democratica del Congo in relazione con la storia globale, facendo emergere nella fitta rete di relazioni una complessità che tocca e rivede profondamente la storia moderna europea. A partire dalla ricerca sul patrimonio culturale, architettonico e industriale della regione del Katanga, l'opera di Baloji rilegge l'impatto della colonizzazione, facendo emergere come, dalla prospettiva contemporanea delle narrazioni coloniali, l'imperialismo economico del nostro presente pervada l'immaginario e rafforzi le relazioni di potere. La sua visione critica abbraccia le prime relazioni tra Africa ed Europa nel Quattrocento e ci mostra come i cliché culturali che hanno formato e plasmato le memorie collettive continuino ad avere un ruolo centrale nell'odierna percezione del mondo. Nominato Cavaliere delle Arti e Lettere in Francia, ha ricevuto numerose borse di studio, premi e riconoscimenti, in particolare ai Rencontres africaines de photographie de Bamako e alla Biennale di Dakar. È stato vincitore del Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative. Nel 2019-2020, è stato residente all'Accademia di Francia a Roma - Villa Medici. Dal 2018 insegna alla Sommerakademie di Salisburgo. Ha esposto in importanti musei, gallerie e rassegne di tutto il mondo tra cui: Beaux-Arts de Paris (2021); Biennale di Sydney (2020); Documenta 14 (Kassel/Athens, 2017); Biennale di Lione (2015); Biennale di Venezia (2015); Festival Photoquai al Musée du Quai Branly (2015). Nel 2020, è stato incluso nel Power 100, la classifica delle "personalità più influenti nel mondo dell'arte" dalla rivista britannica ArtReview.
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