Theo Triantafyllidis. Pastoral
Dal 13 Settembre 2019 al 16 Novembre 2019
Firenze
Luogo: Galleria Eduardo Secci Contemporary
Indirizzo: piazza Goldoni 2
Orari: Lunedì – Sabato 10 – 13:30 / 14:30 – 19:00
Curatori: The Swan Station
Telefono per informazioni: +39 055 66135
E-Mail info: exhibitions@eduardosecci.com
Sito ufficiale: http://www.eduardosecci.com
La Galleria Eduardo Secci Contemporary è lieta di presentare “Pastoral”, una mostra personale di lavori dell’artista Theo Triantafyllidis, a cura di THE SWAN STATION.
Sono passati 162 anni da quando Jean François Millet ha dipinto “L’Angelus” e “Le Spigolatrici”, 169 dalla realizzazione de “Le Semeur”, eppure, Theo Triantafyllidis, in occasione di questa nuova mostra, ha deciso di abbattere il passare del tempo traendo ispirazione dalla rappresentazione idilliaca della natura, che lui converte nel mondo parallelo dell’online gaming e delle esperienze coinvolgenti in realtà aumentata. Estende la percezione classica dello spazio e del tempo, sovrapponendo, con ironia e consapevolezza romantica, il labirinto della mitologia greca all’Internet delle cose (IoT). Accede al tessuto connettivo primordiale che lega “l’uomo” ai ritmi brutali della semina e della raccolta, per poi teletrasportare lo spettatore (come un giocatore) in uno scenario soggettivo di fuga apparentemente senza senso. La fantasia dello stile di vita pastorale è stata per lungo tempo una suadente via d’uscita dalla tecnologia e dalla vita urbana. Questa fantasia trova nuove forme in giochi come Farming Simulator, in cui il giocatore deve adattarsi ai ritmi più blandi delle stagioni, oppure Witcher 3, dove lunghe cavalcate in ambienti vasti e affascinanti sono bruscamente interrotte da incontri mostruosi.
In Pastoral, 2019 (video game), Triantafyllidis costruisce uno scenario in espansione virtuale ibrido: un campo di fieno baciato dal sole. Il giocatore interpreta un orco muscoloso, Ork, che si muove in mezzo al campo e si trova a fronteggiare un antagonista che segue incessantemente ogni sua movenza come una versione contemporanea di un antico Minotauro. La sensazione è che il protagonista si senta stranamente fuori posto, quasi come se meditasse, o si godesse una piccola pausa prima di affrontare un’altra battaglia. Tramite l’uso di un classico joystick, il giocatore può esplorare l’ambiente circosante e i suoi scenari idilliaci, accompagnato dalle note melodiche di un liuto. Un anti-gioco, che nega a chi gioca di compiere movimenti improvvisi o interazioni, ma che, invece, offre la possibilità di contemplare la quiete bucolica. Tuttavia, permane una sensazione sottesa di violenza, forse integrata nel medium stesso del videogioco.
In Self Portrait (Reclining Ork), 2019, un arazzo tessuto da uno screenshot dello stesso personaggio raffigura l’orco, che fissa lo spettatore in maniera civettuola. Colto in un attimo di riflessione, l’artista è intimidatorio e sensibile allo stesso tempo. L’avatar, di genere ambiguo, è stato già la manifestazione virtuale di Theo in una sua serie di lavori precedenti intitolata “Role Play”; una performance lunga un anno in Realtà Virtuale, in cui l’artista, in veste di orco, produce una serie di sculture e dipinti aumentati. Il personaggio dell’orco esce ora dallo studio dell’artista, libero per un attimo dall’onere del lavoro; un essere idealizzato che coesiste con la natura, libero da ogni conflitto, e che rappresenta attraverso l’arazzo una delle possibili prove della sua materializzazione analoga. Una materializzazione che prosegue attraverso un’installazionead hoc, che include una sabbiera di fieno fisica e un tramonto simulato, così da consentire un’esperienza sinestetica e multi-livello dell’opera.
Lo stesso approccio è implementato da Triantafyllidis occupando una fantasia personale, come Marie Antoinette, interpretando il ruolo di servetta procace nel suo rifugio rustico, il Queen’s Hamlet, aprendolo e condividendolo con un pubblico sia reale sia virtuale. Theo decide pertanto di rendere il suo avatar personale –e nel quale si ritrova in modo viscerale– disponibile al pubblico, offrendo la possiblità di scaricare gratuitamente il gioco stesso. Un gesto che non è preso alla leggera. L’artista mantiene controllo sui comportamenti dell’avatar, programmandone la libertà e i confini delle interazioni a disposizione del giocatore. Un gioco di seduzione ridondante, che si sviluppa su diversi livelli, tra avatar-giocatore e tra giocatore-game designer.
Theo Triantafyllidis (nato il ad Atene, 1988) è un artista che crea spazi virtuali e le interfacce tramite cui esse possono essere occupate dal corpo umano. Disegna mondi in espansione e sistemi complessi, dove il virtuale e il fisico si mischiano in maniera misteriosa, assurda e poetica. Questi si manifestano spesso come performance, esperienze virtuali e di realtà aumentata, giochi e installazioni interattive. Sfrutta interazioni maldestre e concetti di fisica precari per invitare il pubblico a incarnare, interagire con e sfidare queste diverse realtà. Attraverso la lente della Monster Theory, l’artista svolge la sua ricerca su temi quali l’isolamento, la sessualità e la violenza, analizzandone i loro significati viscerali estremi. Offre umorismo computazionale e improvvisazione tramite IA come risposta all’agenda dell’industria tecnologica. Tenta così di ridare qualcosa alle comunità dell’online e del gaming, che considera sia l’ispirazione sia il contesto del suo lavoro, poiché rimane un partecipe e un contributore attivo. Ha ottenuto un MFA presso UCLA, Design Media Arts e un Diploma di Architettura presso la National Technical University di Atene. Ha esibito i suoi lavori in musei, tra cui l’Hammer Museum di Los Angeles e l’NRW Forum di Düsseldorf, in Germania, così come in molte gallerie, tra cui la Meredith Rosen Gallery, la Breeder Sargent’s Daughters e la Young Projects. Ha fatto parte di Hyper Pavillion durante la Biennale di Venezia nel 2017 e la Biennale di Atene nel 2018: ANTI-. Theo Triantafyllidis vive e lavora a Los Angeles.
The Swan Station è una piattaforma di curatore interdisciplinare ideata da Luca Pozzi per promuovere l’emergere di un’esperienza quantistica della realtà attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea. Un contenitore connettivo privo di coordinate geografiche prestabilite, caratterizzato da una particolare predisposizione per processi apparentemente intuitivi, come ad esempio intrecci, distorsioni temporali e multidimensionalità.
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