De Rerum Naturae

Arturo Delle Donne, Scolopax Rusticola
Dal 06 Ottobre 2012 al 17 Ottobre 2012
Genova
Luogo: VISIONQUEST gallery
Indirizzo: Piazza Invrea 4/r
Orari: da mercoledì a sabato 15.30-19.30 e su appuntamento
Curatori: Clelia Belgrado
Telefono per informazioni: +39 010 2468771/ 339 7534993
E-Mail info: info@visionquest.it
Sito ufficiale: http://www.visionquest.it
In occasione di START, la riapertura in contemporanea di tutte le gallerie d’Arte di Genova, la VisionQuesT gallery è lieta di inaugurare la stagione artistica 2012/2013 presentando la mostra personale di Arturo Delle Donne “De Rerum Naturae”.
Nel 1 secolo a.C. Tito Lucrezio Caro con il poema didascalico “De Rerum Naturae” (La Natura Delle Cose) si faceva portavoce delle teorie di Epicuro sulla realtà della natura e il ruolo dell’uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico. L’uomo si libera dalla condizione di bisogno attraverso la produzione di tecniche, che sono comunque trasposizioni della natura. Egli affermava che il sapere razionale sulla natura si evidenzia attraverso un universo infinito che segue le leggi naturali e che è indifferente alle azioni dell’uomo, alle sua visione dispotica, alle sue forzature e trasposizioni. L'universo è composto solamente da atomi e vuoto e l'uomo è anch'esso composto da atomi che, una volta che il corpo muore, si disperdono nell'universo, per essere poi riutilizzati dalla natura.
Così come Lucrezio richiamava alla responsabilità personale dell’uomo incitandolo ad una presa di coscienza della realtà, una realtà dove l’uomo è vittima di passioni, desideri spesso difficili da comprendere e da gestire, Arturo Delle Donne in quest’ultima parte della trilogia “The Last Breath on Earth”, che esplora attraverso l'immaginazione il passato, presente e futuro dell'umanità, fa emergere la stessa trasposizione della natura accentuando il rapporto fra cibo e cultura, fra scienza ed arte con un simbolismo quasi pittorico delle immagini - si ha infatti la sensazione di essere davanti a delle tavole di anatomia comparata dove attraverso la disciplina di sintesi e la comparazione fra le strutture anatomiche dei diversi gruppi di vertebrati, si pone l'obbiettivo di individuare ed analizzare le cause della loro forma, della loro organizzazione strutturale e dei loro adattamenti - .
L’estrema semplicità della presentazione (così come nelle altre due sezioni della Trilogia) con lo sfondo bianco, privo di qualunque elemento di contorno e di disturbo, serve a concentrare l’attenzione sui soggetti e a voler accentuare la posizione dell’animale in modo deterministico all’interno del ciclo vitale fatto di interazioni, in un processo continuo di cause ed effetti. L’animale diventa preda, essere inanimato, si trasforma in un simbolo culturale, cibo, bisogno primario, espressione di vita, condannato alla morte per necessità, in un continuo, ancestrale rapporto di amore e odio, vita e morte.
Progetto ambizioso che cerca di comporre visivamente una sintesi fra arte e scienza, di riflettere sulle interazioni culturali e biologiche che appartengono al nostro pianeta: la fotografia in questo caso, ma l'espressione artistica in generale, hanno un valore solo in quanto rendono graditi ed accessibili alla mente gli importanti misteri della scienza? Lucrezio rendeva pienamente questo concetto attraverso l’immagine del fanciullo ammalato al quale si fa bere una medicina amara inumidendo con miele il bordo del bicchiere. Nelle tredici fotografie che compongo “De Rerum Naturae” così come nell'intera Trilogia, non vi è una vera e propria denuncia ma piuttosto un'esortazione a riflettere su quanto sia importante una presa di coscienza, di responsabilità sull'utilizzo e la gestione delle risorse, sul rischio di una perdita di diversità. Sull'errore di affermare che la responsabilità di tali eventi appartiene ad entità fuori dalla nostra portata; nulla può essere prodotto dal nulla così come le cose, le nostre azioni, non possono svanire nel nulla.
Nel 1 secolo a.C. Tito Lucrezio Caro con il poema didascalico “De Rerum Naturae” (La Natura Delle Cose) si faceva portavoce delle teorie di Epicuro sulla realtà della natura e il ruolo dell’uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico. L’uomo si libera dalla condizione di bisogno attraverso la produzione di tecniche, che sono comunque trasposizioni della natura. Egli affermava che il sapere razionale sulla natura si evidenzia attraverso un universo infinito che segue le leggi naturali e che è indifferente alle azioni dell’uomo, alle sua visione dispotica, alle sue forzature e trasposizioni. L'universo è composto solamente da atomi e vuoto e l'uomo è anch'esso composto da atomi che, una volta che il corpo muore, si disperdono nell'universo, per essere poi riutilizzati dalla natura.
Così come Lucrezio richiamava alla responsabilità personale dell’uomo incitandolo ad una presa di coscienza della realtà, una realtà dove l’uomo è vittima di passioni, desideri spesso difficili da comprendere e da gestire, Arturo Delle Donne in quest’ultima parte della trilogia “The Last Breath on Earth”, che esplora attraverso l'immaginazione il passato, presente e futuro dell'umanità, fa emergere la stessa trasposizione della natura accentuando il rapporto fra cibo e cultura, fra scienza ed arte con un simbolismo quasi pittorico delle immagini - si ha infatti la sensazione di essere davanti a delle tavole di anatomia comparata dove attraverso la disciplina di sintesi e la comparazione fra le strutture anatomiche dei diversi gruppi di vertebrati, si pone l'obbiettivo di individuare ed analizzare le cause della loro forma, della loro organizzazione strutturale e dei loro adattamenti - .
L’estrema semplicità della presentazione (così come nelle altre due sezioni della Trilogia) con lo sfondo bianco, privo di qualunque elemento di contorno e di disturbo, serve a concentrare l’attenzione sui soggetti e a voler accentuare la posizione dell’animale in modo deterministico all’interno del ciclo vitale fatto di interazioni, in un processo continuo di cause ed effetti. L’animale diventa preda, essere inanimato, si trasforma in un simbolo culturale, cibo, bisogno primario, espressione di vita, condannato alla morte per necessità, in un continuo, ancestrale rapporto di amore e odio, vita e morte.
Progetto ambizioso che cerca di comporre visivamente una sintesi fra arte e scienza, di riflettere sulle interazioni culturali e biologiche che appartengono al nostro pianeta: la fotografia in questo caso, ma l'espressione artistica in generale, hanno un valore solo in quanto rendono graditi ed accessibili alla mente gli importanti misteri della scienza? Lucrezio rendeva pienamente questo concetto attraverso l’immagine del fanciullo ammalato al quale si fa bere una medicina amara inumidendo con miele il bordo del bicchiere. Nelle tredici fotografie che compongo “De Rerum Naturae” così come nell'intera Trilogia, non vi è una vera e propria denuncia ma piuttosto un'esortazione a riflettere su quanto sia importante una presa di coscienza, di responsabilità sull'utilizzo e la gestione delle risorse, sul rischio di una perdita di diversità. Sull'errore di affermare che la responsabilità di tali eventi appartiene ad entità fuori dalla nostra portata; nulla può essere prodotto dal nulla così come le cose, le nostre azioni, non possono svanire nel nulla.
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