Leonardo Lustig. Classicità reinventata
Dal 24 Febbraio 2018 al 07 Marzo 2018
Genova
Luogo: SATURA art gallery
Indirizzo: piazza Stella 5/1
Orari: da martedì a sabato ore 15-19
Curatori: Elisa Podestà
Telefono per informazioni: +39 010 2468284
E-Mail info: info@satura.it
Sito ufficiale: http://satura.it
S’inaugura sabato 24 febbraio 2018 alle ore 17 nelle suggestive sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra personale “Classicità reinventata” di Leonardo Lustig a cura di Elisa Podestà.
La mostra resterà aperta fino al 7 marzo 2018 con orario 15-19 dal martedì al sabato.
Per quanto sia, nell'opera di Leonardo Lustig, l'identità della scultura una sorta di soggettiva esplorazione sensoriale delle idee di forma – condizionata dai codici michelangioleschi del togliere – pur vi si avvertono, allo stato dei fatti, le inevitabili modificazioni provocate dal divenire storico dell'espressività plastica. Tuttavia – probabilmente per meglio conoscere e per meglio riflettere addentro alla complessità delle proposizioni fra antico, moderno e contemporaneo – egli ha seguito, con decisa coerenza e rigore formale, i differenti sistemi di composizione consolidati dal lavoro degli artisti che l'hanno preceduto.
Di fatto Lustig – assumendo, in maniera trasversale e non progressiva, i differenti percorsi costruttivi dell'immagine plastica e la conseguente commistione dei linguaggi semiotici – ha risposto alla propria necessità di mettere in forma la tensione espressiva di un'arte che affida alla figura i luoghi e le misure auree dello spirito.
Pertanto – per abbordare il suo modo di pensare e di fare la scultura – ritengo opportuno constatare quali siano stati, nel tempo, i processi formali ed intellettuali del suo approssimarsi, in modo personale, ai ricavi classici dell'esperienza plastica in generale. Nella consapevolezza che il significato storico del termine classico ha attinenza sì, come recita un' antica definizione, con “norme, regole e principi di una bellezza reale convergenti sul modello o codice dell'arte riguardante il periodo classico dell'arte greca e romana”, ma anche con i successivi approdi della pratica espressiva sino ai canoni di quel Romanticismo ritenuto, invece dai più, in antitesi con i valori consolidati dello stile antico.
Dei quali proprio Lustig, avvertì, quasi da subito e dopo averne compreso le ragioni, le specificità e le varianti che fecero apparire, già nel Quattrocento o nel Cinquecento e nei differenti materiali scelti, le forme o le figure a tutto rilievo da collocare nello spazio, affinché il significato di questo – inteso come intervallo, ritmo, proporzione, simmetria, composizione strutturale – assumesse un sentimento simbolico o, come teorizzò nel 1897 Theodor Lipps, realizzasse una estetica qualificante.
Di conseguenza lo scultore di oggi che voglia comprendere la realtà per manifestarne nell'opera i sensi dovrebbe agire perseguendo la raffigurazione in maniera eloquente e persuasiva, ovvero aggiungendo del nuovo al saputo, senza rinunciare all'apporto diretto con la realtà visibile e ai mutamenti del linguaggio che la traduce da idea in forma. Nella scultura di Lustig, infatti, l'oggettiva identità originale nel fare plastico è evidente; l'artista ha scelto, preminentemente, il versante figurativo nella direzione di quel realismo e di quell'espressionismo evocativo e arcaicizzante che trovarono le proprie ragioni nel rapporto effettivo organizzato con i materiali scelti (dal gesso al cemento, dalla terracotta alla pietra e al marmo), con la modulazione delle forme nello spazio e con il significato simbolico dell'idea che esse esprimono.
Dopo i grandi classici rinascimentali e manieristi (da Donatello e Michelangelo all' Ammannati e Giambologna) egli ben conosce, pur senza avvertirla nelle proprie fibre, “la nostalgia e la disperazione”, il climax, come scrive Flavio Caroli del Bernini e va, con felicissimo intuito, subito oltre; punta verso l'ideale della grazia, e della bellezza, teorizzato da Winkelmann, e perviene, di conseguenza, alla politezza “astratta” del Canova. Dalla quale riprende, col dato ottico e alla ricerca del vero, l'abolizione dei contorni e le dissolvenze luminose più immaginate che dette sino alla rarefazione emotiva e sensitiva che sarà poi la particolarità di Medardo Rosso. Bourdelle e Maillol lo avevano già sedotto, più di Martini, certo il Novecento dell'ultimo Messina o la sintesi plastica – influenzata, nel segno del ritorno all'ordine, dal recupero della tradizione quattrocentesca toscana – di Libero Andreotti. Lustig è, dunque, scultore di tanti, differenti, accenti trasversali; cita, nella propria opera Il lavoro degli antichi persino il moderno Galletti de “L'albero secco” o quello de “La fuga nel vento” nella sua La corritrice o, ancora, in Fanciulla.
Ci sono suggerimenti alti e altri, nel suo lavoro e tanti che gli permettono di cogliere l'alta manualità artigianale assieme a una personalissima creatività estetica. Non sono certo casuali le sospensioni metafisiche del Volto, scolpito nel marmo di Carrara o quelle dell'Autoritratto, plasmato in terracotta. Come non lo è, certo, Il giocatore, che rievoca Martini e lo scultore, tra i figurativi, più contemporaneo di tutti, quel George Segal, l'artista pop delle azioni quotidiane e banali. Nella scorrevolezza tra classico e contemporaneo, da Lustig intesa naturale, la scultura riprende infatti, senza differenze di epoche o di stili, la propria narratività. E nell'inquietudine contemporanea – attraversata per quel che riguarda l'espressività plastica dell'eterogeneo superamento organico/biomorfico – essa ridà vita, nell'autonomia del linguaggio più acconcio, a un grande repertorio di figure. Pertanto – seguendo la propria indole di sicuro manipolatore dei più disparati materiali e sublimando la propria capacità tecnica in un immaginario espressivo e poetico – Lustig dice, infatti, d'ognuno di esse, dai ”ritratti” agli “atteggiamenti” metaforici, la presenza, la ricerca della verità dell'essere.
(Testo critico a cura di Germano Beringheli)
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