Perimetro del sensibile. Giuseppe Spagnulo e Raffaele Quida
Dal 25 Settembre 2021 al 19 Ottobre 2021
Matera
Luogo: Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna
Indirizzo: Piazzetta Pascoli 1
Curatori: Giacomo Zaza
Telefono per informazioni: +39 391 4660314
E-Mail info: studiolegalart@gmail.com
La mostra “Perimetro del sensibile”, ideata e curata da Giacomo Zaza, propone una selezione ragionata di opere di Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936 – 2016) e di Raffaele Quida (Lecce, 1968). Il progetto espositivo nasce dal desiderio di perlustrare prospettive visive che elaborano nuovi spazi e forme del sensibile. Tale perlustrazione avviene attraverso due esperienze artistiche contemporanee negli spazi seicenteschi della Chiesa della Madonna del Carmine (1608-1610) di Matera - inglobata nel Palazzo Lanfranchi (ex Seminario realizzato nel 1684). Le due pratiche artistiche, individuate da Zaza, degli artisti Spagnulo e Quida, benché distanti per differenze generazionali, appaiono incredibilmente affini per l’attitudine alla riformulazione dello spazio materiale e simbolico. Come sottolinea Giacomo Zaza: “L’itinerario delle opere nella chiesa di Matera, d’accordo con il pensiero del filosofo Jacques Ranciére, produce un’incertezza sulle forme ordinarie dell’esperienza sensibile, escogitando perimetri di percezioni e suggestioni che, partendo dal valore archetipico delle presenze geometriche di Spagnulo e dalla materia ricettiva e impressionabile di Quida, approdano a un nuovo ordine di visibilità e di spazialità, tanto materica/sinestetica quanto simbolica, misteriosa e poetica”. Ed ancora, sempre con le parole di Zaza: “Lasciando collassare generi e gerarchie, le pratiche dei due artisti invitano il nostro sguardo a incontrare e interagire con molteplici perimetri della visione. Una visione austera, sospesa e magmatica, in Giuseppe Spagnulo, oppure mutevole, silenziosa e permeabile, in Raffaele Quida”.
La mostra inoltre dipana una relazione dissonante con gli ambienti e gli elementi decorativi della chiesa sconsacrata. Lungo l’unica navata, percorrendo progressivamente le sei nicchie laterali (tre per ciascun lato), incontriamo le opere di Spagnulo e di Quida, in felice corrispondenza tra loro; esse creano delle postazioni aniconiche, a tratti ermetiche e incognite, che diventano ipotesi di perimetri in cui campeggiano solidi geometrici “impuri”, neri e imperturbabili, o materiali fotosensibili (come la carta termica) che ostentano superfici in divenire, dove si sedimentano segni monocromatici in lenta trasformazione.
In contrasto con le ricche decorazioni marmoree seicentesche (in particolare gli altari marmorei) e i motivi policromi delle cornici, le forme elementari create da Spagnulo si presentano come ombrose, telluriche, imperfette, dense d’interstizi e sempre votate alla sensibilità. La loro superficie ruvida e irregolare, stridendo rispetto ai vistosi elementi decorativi, riporta continuamente l’attenzione a uno spazio in cui prevalgono i rapporti tra pieno e vuoto, negativo e positivo, presenza e assenza. L’ossido di ferro, la sabbia vulcanica e il carbone animano e plasmano questo spazio di valenza geometrica che vuol essere vivente, intenso e, per certi versi, interiore.
Su un versante dialogico, i perimetri di Quida racchiudono processi sensibili non conclusi, dove si sedimentano tracce e gesti, a volte mai direttamente palesati. Ad esempio, nell’opera intitolata Antropologia sociale, s’intravedono delle impronte sulla carta fotosensibile, le stesse riproposte su una lastra di marmo accanto alla carta, mediante segni scavati e riempiti con la polvere di estrazione. In questo caso Quida accosta due superfici, intese come due dimensioni: una stabile, dove permane la traccia del passaggio dell’uomo, l’altra in continuo divenire, in perenne relazione con la vita dello spazio che la ospita – simile alla relazione dell’opera Luce da Nord con il contesto nel quale viene collocata.
Dunque, combinando opere di Spagnulo dei primi anni Novanta e opere di Quida degli anni Duemila, la mostra affronta una spirale di temi che si alternano senza mai definirsi completamente: immobilità e trasformazione, struttura razionale e impeto magmatico, superficie e profondità, casualità e geometria, bordo e sconfinamento, sensibile e soprasensibile.
Sotto il Patrocinio del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Matera, della Provincia di Matera e del Comune di Matera, la mostra nella Chiesa del Carmine in Palazzo Lanfranchi, a Matera si avvale della collaborazione della Cosessantuno Artecontemporanea, della Fondazione per l’Arte e le Neuroscienze F. Sticchi, e delle collezioni Fraccalvieri e Sirressi di Santeramo per il prestito delle opere di Giuseppe Spagnulo.
Inaugurazione: 25 settembre, ore 18.30
La mostra inoltre dipana una relazione dissonante con gli ambienti e gli elementi decorativi della chiesa sconsacrata. Lungo l’unica navata, percorrendo progressivamente le sei nicchie laterali (tre per ciascun lato), incontriamo le opere di Spagnulo e di Quida, in felice corrispondenza tra loro; esse creano delle postazioni aniconiche, a tratti ermetiche e incognite, che diventano ipotesi di perimetri in cui campeggiano solidi geometrici “impuri”, neri e imperturbabili, o materiali fotosensibili (come la carta termica) che ostentano superfici in divenire, dove si sedimentano segni monocromatici in lenta trasformazione.
In contrasto con le ricche decorazioni marmoree seicentesche (in particolare gli altari marmorei) e i motivi policromi delle cornici, le forme elementari create da Spagnulo si presentano come ombrose, telluriche, imperfette, dense d’interstizi e sempre votate alla sensibilità. La loro superficie ruvida e irregolare, stridendo rispetto ai vistosi elementi decorativi, riporta continuamente l’attenzione a uno spazio in cui prevalgono i rapporti tra pieno e vuoto, negativo e positivo, presenza e assenza. L’ossido di ferro, la sabbia vulcanica e il carbone animano e plasmano questo spazio di valenza geometrica che vuol essere vivente, intenso e, per certi versi, interiore.
Su un versante dialogico, i perimetri di Quida racchiudono processi sensibili non conclusi, dove si sedimentano tracce e gesti, a volte mai direttamente palesati. Ad esempio, nell’opera intitolata Antropologia sociale, s’intravedono delle impronte sulla carta fotosensibile, le stesse riproposte su una lastra di marmo accanto alla carta, mediante segni scavati e riempiti con la polvere di estrazione. In questo caso Quida accosta due superfici, intese come due dimensioni: una stabile, dove permane la traccia del passaggio dell’uomo, l’altra in continuo divenire, in perenne relazione con la vita dello spazio che la ospita – simile alla relazione dell’opera Luce da Nord con il contesto nel quale viene collocata.
Dunque, combinando opere di Spagnulo dei primi anni Novanta e opere di Quida degli anni Duemila, la mostra affronta una spirale di temi che si alternano senza mai definirsi completamente: immobilità e trasformazione, struttura razionale e impeto magmatico, superficie e profondità, casualità e geometria, bordo e sconfinamento, sensibile e soprasensibile.
Sotto il Patrocinio del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Matera, della Provincia di Matera e del Comune di Matera, la mostra nella Chiesa del Carmine in Palazzo Lanfranchi, a Matera si avvale della collaborazione della Cosessantuno Artecontemporanea, della Fondazione per l’Arte e le Neuroscienze F. Sticchi, e delle collezioni Fraccalvieri e Sirressi di Santeramo per il prestito delle opere di Giuseppe Spagnulo.
Inaugurazione: 25 settembre, ore 18.30
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