Antonio López García. Caravaggio. Cena per due, pittura della realtà

Antonio López García. Caravaggio. Cena per due, pittura della realtà
Dal 1 July 2014 al 10 September 2014
Milano
Luogo: Pinacoteca di Brera
Indirizzo: via Brera 28
Curatori: Manuela Piccarreta
Telefono per informazioni: +39 02 324377 / 345 7190941
E-Mail info: info@deangelispress.it
Sito ufficiale: http://www.brera.beniculturali.it
Definito come “il più grande dei pittori realisti” da Robert Hughes nel “New York Times” o semplicemente “il più grande artista vivente” da Vittorio Sgarbi (e individuato giovanissimo da Giovanni Testori), Antonio López García ha dichiarato recentemente che “siamo nel crepuscolo. Gli Dei sono andati via” rivendicando la grandezza che solo l’essere umano può dimostrare nella quotidianità della propria esistenza. La Cena rappresenta uno di quei momenti della vita quotidiana ed è occasione per rivendicare il diritto a raccontare la vita così come ci è donata, nell’incessante trasformarsi della materia che impedisce all’artista di terminare l’opera. Grazie a un inedito allestimento che vede La Cena di López García di fronte a La Cena in Emmaus di Caravaggio, il pubblico assisterà a un dialogo senza precedenti tra due Maestri della realtà, a partire da un soggetto iconografico caro anche all’Expo 2015.
Antonio López García nasce a Tomelloso (Castilla La Mancha) il 6 dicembre del 1936. Nell’isolamento culturale causato alla Spagna dal prolungarsi della dittatura, individua il suo talento precoce il pittore Antonio López Torres, suo zio. A soli 13 anni è a Madrid. Diviene lo studente più bravo dell’Accademia di San Fernando, dov’è accolto affettuosamente dai colleghi piú grandi che presto formeranno la Escuela madrileña. Nel 1956 viaggia in Italia assieme allo scultore Francisco López. Rimane affascinato dai Maestri italiani, ma tornato in Spagna si avvicina definitivamente alle proprie radici, rivalutando i Maestri spagnoli, soprattutto Velázquez e Sánchez Cotán. Sebbene accostato dalla critica al gruppo realista madrileno, e posteriormente – tra gli anni sessanta e settanta – all’Iperrealismo americano, Antonio López García possiede uno stile anacronistico e una tecnica incontaminata. Nel 1992 il regista Victor Erice realizza un film documentario centrato sul suo processo creativo nel dipingere un albero. La celebre frase “un’opera non si finisce mai, arriva al limite delle proprie possibilità” sembra essere il suo manifesto poetico.
Tra i premi piú prestigiosi ricordiamo il Principe delle Asturie nel 1985 e il Velázquez nel 2006.
Antonio López García nasce a Tomelloso (Castilla La Mancha) il 6 dicembre del 1936. Nell’isolamento culturale causato alla Spagna dal prolungarsi della dittatura, individua il suo talento precoce il pittore Antonio López Torres, suo zio. A soli 13 anni è a Madrid. Diviene lo studente più bravo dell’Accademia di San Fernando, dov’è accolto affettuosamente dai colleghi piú grandi che presto formeranno la Escuela madrileña. Nel 1956 viaggia in Italia assieme allo scultore Francisco López. Rimane affascinato dai Maestri italiani, ma tornato in Spagna si avvicina definitivamente alle proprie radici, rivalutando i Maestri spagnoli, soprattutto Velázquez e Sánchez Cotán. Sebbene accostato dalla critica al gruppo realista madrileno, e posteriormente – tra gli anni sessanta e settanta – all’Iperrealismo americano, Antonio López García possiede uno stile anacronistico e una tecnica incontaminata. Nel 1992 il regista Victor Erice realizza un film documentario centrato sul suo processo creativo nel dipingere un albero. La celebre frase “un’opera non si finisce mai, arriva al limite delle proprie possibilità” sembra essere il suo manifesto poetico.
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