Bongiovanni Radice. Una pittura borghese

Bongiovanni Radice, La neve sul vigneto, 1966
Dal 28 Gennaio 2020 al 27 Marzo 2020
Milano
Luogo: Fondazione Adolfo Pini
Indirizzo: corso Garibaldi 2
Orari: dal lunedì al venerdì 10.00 – 13.00 | 15.00 – 17.00
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 874502
E-Mail info: eventi@fondazionepini.it
Sito ufficiale: http://www.fondazionepini.net
Dal 29 gennaio al 27 marzo, la Fondazione Adolfo Pini presenta la mostra Bongiovanni Radice Una pittura borghese. Nello spazio al piano terra della Fondazione saranno esposti, per la prima volta, in una veste insolita, i lavori pittorici di Renzo Bongiovanni Radice, al cui lavoro è dedicata la Fondazione.
Le opere in mostra raccontano la carriera pittorica e l’anima di Bongiovanni Radice, dal ventennio del Novecento fino agli ultimi anni della sua produzione artistica, 1970.
I cinquant’anni in cui si dipana la sua vicenda sono probabilmente i più vulcanici di tutta la storia dell’arte (se si escludono gli anni Dieci del secolo scorso, che sono comunque appena a ridosso dell’attività matura di Bongiovanni, vista la presenza in catalogo di due lavori precocissimi datati 1916), ma Bongiovanni persegue la sua strada in solitaria, senza preoccuparsi delle “novità”, cercando di affinare sempre più quell’idea di pittura tradizionale in cui si riflettono mille suggestioni mutuate da altrettanti artisti, e che assume soprattutto quell’aspetto di “decoro” tipico della borghesia industriale milanese. Quasi una ricetta: conoscere tutto, prendere il meglio, lasciar sedimentare sino a quando il meglio, raffreddato, non rischia più di bruciare il palato.
Fuor di metafora, i maestri cui Bongiovanni Radice attinge direttamente – per frequentazione – o indirettamente sono, alla rinfusa, Attilio Andreoli, André Lhote, Arturo Tosi, Carlo Carrà, Alberto Magnelli (nella sua fase figurativa a cavallo del 1930), Maurice Utrillo, Mario Mafai, Virgilio Guidi, Filippo De Pisis, Piero Marussig, Giorgio Morandi, indietro fino a Tranquillo Cremona, a Edgar Degas, persino a Eugène Delacroix. Si riconosce allora una derivazione ottocentesca importante, una pacata adesione agli stilemi del Novecento italiano, senza però il monumentalismo delle figure, che non sono tra i soggetti preferiti di Bongiovanni dopo il suo primo periodo, e una curiosità spinta sin quasi alla citazione dei vedutisti più famosi tra Sette e Ottocento, ma ciò che alla fine esce da tutte le opere è la malinconia di un uomo solo con se stesso, impegnato in un rapporto stretto con la natura – di qui la vocazione al paesaggio -, cui chiede risposte all’esistenza, mentre le città che pure ha amato – Milano, Parigi, Venezia – sono quasi sempre ritratte in inverno e vuote dei loro abitanti.
Opening 28 gennaio ore 18:30
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