Giuliano Barbanti. Asimmetriche armonie

Giuliano Barbanti. Asimmetriche armonie, Lorenzelli Arte, Milano
Dal 22 Maggio 2014 al 11 Luglio 2014
Milano
Luogo: Lorenzelli Arte
Indirizzo: corso Buenos Aires 2
Orari: martedì-sabato 10-13 / 15-19; lunedì su appuntamento
Curatori: Matteo Lorenzelli
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 201914
E-Mail info: info@lorenzelliarte.com
Sito ufficiale: http://www.lorenzelliarte.com
Inaugura giovedì 22 maggio la mostra Asimmetriche armonie di Giuliano Barbanti, maestro dell’astrattismo che, dal finire degli anni Sessanta, si è dedicato ad una ricerca più progettuale e, lavorando sul segno e sull'intensità dei timbri cromatici, ha dato avvio ad uno studio sul colore che nelle sue estensioni astratto-geometriche ha acquistato dimensioni esistenziali.
La rassegna si può considerare a pieno titolo un’antologica poiché vuole essere un’indagine sulla produzione dell’artista sestese dagli anni Settanta agli anni Duemila ripercorrendo il lavoro di circa quarant’anni. La prima personale di Giuliano Barbanti da Lorenzelli Arte (allora era ancora Galleria Lorenzelli) risale infatti al 1975 e fu la prima di una serie di presenze in galleria dell’artista, con personali e collettive, che segnarono una duratura e proficua collaborazione
La principale costante del mio lavoro -afferma Barbanti in un’intervista dello scorso anno- penso che sia proprio l’amore per la pittura nella piena libertà di sperimentare tutto ciò che la mia sensibilità e le mie intuizioni ritengono necessarie per un possibile rinnovamento, nella salvaguardia della mia autenticità espressiva.
Sono esposti i suoi lavori più rappresentativi, partendo dalle opere realizzate con l’aerografo, strumento che usa a partire dalla fine degli anni Sessanta, fino alle ultime costruzioni colorate e complesse, apice del colore e della strutturazione.
Le opere di Barbanti possiedono oltre alla precisione compositiva una componente di enigmaticità dovuto alla relazione inquieta tra la costruzione geometrica e l’espansività percettiva della sfumatura. “Questo aspetto -racconta l’artista- mi è diventato ancora più chiaro quando all’interno di quelle superfici ho cominciato ad inserire alcuni elementi squilibranti che si sono subito rivelati dialetticamente “asimmetrici”: le dentellature che accentuavano gli stacchi, l’obliquità delle scansioni, il taglio di intensità delle campiture. In certo modo il precedente rigore riduttivo mi ha aiutato a muovermi con più sicurezza in questa nuova fase di ricerca, proprio perché, al di là del fatto percettivo, riuscivo ad individuare significazioni più pregnanti.”
L’innesto del colore avviene verso la metà degli anni Settanta.“Il ruolo che esso giocava in quel periodo -continua Barbanti- era unicamente trasgressivo. Per me il colore è ancora in questi quadri una “aberrazione” rispetto all’idea di totalità dello spazio teso alla interiorizzazione di una esperienza soggettiva del reale, che, nell’assenza di una visibile traccia materia, tende a una “obiettivazione spersonalizzata” di questa esperienza”.
In occasione della mostra verrà pubblicato il catalogo con testi di Ivan Quaroni e Elena Forin con un apparato bibliografico completo e la pubblicazione di un centinaio di opere a colori.
Si ricorda che nella mostra “Nati negli anni ‘30”, in corso a Palazzo della Permanente a Milano (mostra a corollario di quella dedicata a Manzoni a Palazzo Reale) è esposta un’opera di Giuliano Barbanti del 1974.
La rassegna si può considerare a pieno titolo un’antologica poiché vuole essere un’indagine sulla produzione dell’artista sestese dagli anni Settanta agli anni Duemila ripercorrendo il lavoro di circa quarant’anni. La prima personale di Giuliano Barbanti da Lorenzelli Arte (allora era ancora Galleria Lorenzelli) risale infatti al 1975 e fu la prima di una serie di presenze in galleria dell’artista, con personali e collettive, che segnarono una duratura e proficua collaborazione
La principale costante del mio lavoro -afferma Barbanti in un’intervista dello scorso anno- penso che sia proprio l’amore per la pittura nella piena libertà di sperimentare tutto ciò che la mia sensibilità e le mie intuizioni ritengono necessarie per un possibile rinnovamento, nella salvaguardia della mia autenticità espressiva.
Sono esposti i suoi lavori più rappresentativi, partendo dalle opere realizzate con l’aerografo, strumento che usa a partire dalla fine degli anni Sessanta, fino alle ultime costruzioni colorate e complesse, apice del colore e della strutturazione.
Le opere di Barbanti possiedono oltre alla precisione compositiva una componente di enigmaticità dovuto alla relazione inquieta tra la costruzione geometrica e l’espansività percettiva della sfumatura. “Questo aspetto -racconta l’artista- mi è diventato ancora più chiaro quando all’interno di quelle superfici ho cominciato ad inserire alcuni elementi squilibranti che si sono subito rivelati dialetticamente “asimmetrici”: le dentellature che accentuavano gli stacchi, l’obliquità delle scansioni, il taglio di intensità delle campiture. In certo modo il precedente rigore riduttivo mi ha aiutato a muovermi con più sicurezza in questa nuova fase di ricerca, proprio perché, al di là del fatto percettivo, riuscivo ad individuare significazioni più pregnanti.”
L’innesto del colore avviene verso la metà degli anni Settanta.“Il ruolo che esso giocava in quel periodo -continua Barbanti- era unicamente trasgressivo. Per me il colore è ancora in questi quadri una “aberrazione” rispetto all’idea di totalità dello spazio teso alla interiorizzazione di una esperienza soggettiva del reale, che, nell’assenza di una visibile traccia materia, tende a una “obiettivazione spersonalizzata” di questa esperienza”.
In occasione della mostra verrà pubblicato il catalogo con testi di Ivan Quaroni e Elena Forin con un apparato bibliografico completo e la pubblicazione di un centinaio di opere a colori.
Si ricorda che nella mostra “Nati negli anni ‘30”, in corso a Palazzo della Permanente a Milano (mostra a corollario di quella dedicata a Manzoni a Palazzo Reale) è esposta un’opera di Giuliano Barbanti del 1974.
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