Il delitto quasi perfetto
Dal 11 Luglio 2014 al 07 Settembre 2014
Milano
Luogo: PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea
Indirizzo: via Palestro 14
Orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30-22.30
Curatori: Cristina Ricupero
Enti promotori:
- Comune di Milano - Cultura
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 6.50 / € 4, gratuito fino a 6 anni
Telefono per informazioni: +39 06 692050220-258
E-Mail info: izzo@civita.it
Sito ufficiale: http://www.pacmilano.it
L’estate 2014 trasformerà le sale del PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano in una scena del crimine “quasi” perfetta, con una collettiva di oltre 40 artisti, italiani e internazionali, che rompendo gli schemi creano un legame tra l’arte e l’estetica del crimine
ARTISTI IN MOSTRA: Saâdane Afif, Kader Attia, Dan Attoe, Dirk Bell, Bik Van der Pol, Jean-Luc Blanc, Monica Bonvicini, Ulla von Brandenburg, Asl? Çavu?o?lu, Maurizio Cattelan, François Curlet, Brice Dellsperger, Jason Dodge, Claire Fontaine, Gardar Eide Einarsson, Matias Faldbakken, Keith Farquhar, Dora Garcia, Douglas Gordon, Eva Grubinger, Richard Hawkins, Karl Holmqvist, Pierre Huyghe, Gabriel Lester, Erik van Lieshout, Jonas Lund, Jill Magid, Teresa Margolles, Fabian Marti, Dawn Mellor, Mario Milizia, Raymond Pettibon, Emilie Pitoiset, Julien Prévieux, Lili Reynaud-Dewar, Aïda Ruilova, Allen Ruppersberg, Markus Schinwald, Jim Shaw, Noam Toran, Luca Vitone e Herwig Weiser.
Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta a Milano dal PAC e da CIVITA, la mostra è curata da Cristina Ricupero e arriva in una nuova versione dopo la prima tappa al Witte de With Center for Contemporary Art di Rotterdam, arricchita di nuove opere di artisti italiani.
Come ogni giallo che si rispetti, la storia dell’arte è costellata da enigmi, miti e indovinelli in attesa di essere svelati. Risolvere questi puzzles intellettuali è un piacere comune e una tentazione culturale al cui fascino pochi possono dire di essere davvero immuni.
Sebbene il legame tra arte e crimine possa essere ricondotto a tempi antichi, il primo a teorizzarlo esplicitamente fu Thomas De Quincey nel suo saggio “On Murder Considered As One Of The Fine Arts” (1827). Il Novecento vide poi crescere il ruolo dell’immagine fotografica sia nello sviluppo della criminologia sia nel sensazionalismo tipico dei tabloid, entrambi fenomeni che hanno reso popolare il genere del giallo.
Il cinema divenne presto il mezzo perfetto per catturare il fascino discutibile della violenza e trasformarlo in immagini piacevoli. Così, seguendo l’ironico invito di De Quincy ad analizzare il delitto da un punto di vista estetico, la mostra invoca gli spiriti dell’arte visiva, dell’architettura, del cinema, della criminologia e del moderno genere giallo, trasformando le sale del PAC in una scena del crimine “quasi” perfetta.
Dietro il crimine c’è il Male. Per questo IL DELITTO QUASI PERFETTO prende necessariamente in esame le relazioni tra Etica ed Estetica. Mettendo in dubbio il ruolo dell’autorialità, il significato dell’autenticità, dell’inganno e della frode, la mostra sfuma i confini della dicotomia tra “buono” e “cattivo” gusto, mettendo al contempo in evidenza la duplicità del “crimine come arte” e dell’”arte come crimine”.
La mostra mette a confronto oltre 40 artisti, italiani e internazionali, che hanno collegato arte ed estetica del crimine, attraverso una selezione di opere spesso provocatorie e l’incursione in diversi linguaggi artistici. Progetti realizzati negli ultimi decenni e lavori più recenti, accanto ad un insieme di oggetti sorprendenti , sono immersi in modo inusuale nell’allestimento, studiato per guidare il visitatore attraverso un percorso tematico che procede per capitoli.
Alcune delle opera in mostra riflettono l’ossessiva curiosità e l’attitudine all’interpretazione tipica del detective, altre la narcisistica identificazione con il colpevole, altre ancora il feticistico piacere dello spettatore. Alcuni progetti affrontano i temi dell’autenticità e della frode , considerati tipicamente “crimini dell’arte”; altri giocano con il ruolo dell’artista come soggetto sovversivo ai margini della società o mettono in discussione il ruolo della legge e i concetti di ordine e trasgressione. Alcuni artisti scelgono di rappresentare il crimine come qualcosa di macabro e sublime, un’operazione simile a quella compiuta negli anni dal cinema, mentre altri fanno riferimento a fatti realmente accaduti, crimini sociali o politici. Altri ancora provano a mettere in relazione una selezione di queste principali tendenze.
Ogni spazio del PAC sarà contagiato: l’artista Gabriel Lester in collaborazione con Jonas Lund firmerà un intervento virale sul sito web del PAC; l’artista austriaca Eva Grubinger isserà invece una bandiera e posizionerà una targa d’ottone sulla facciata esterna del Padiglione, trasformandolo nell’ambasciata di Eitopomar, un utopico regno governato dal malvagio signore del Male Dr. Mabuse. All'ingresso, un murales dipinto dall’artista francese Jean-Luc Blanc richiamerà la copertina di una rivista pulp firmata con il titolo della mostra.
Oltre ad alcuni lavori già presenti al Witte de With, la mostra al PAC si arricchisce di nuove opere di artisti italiani. È il caso di Maurizio Cattelan, che ha realizzato un bouquet di fazzoletti di stoffa per asciugare idealmente le lacrime versate per le vittime dell’attentato che il 27 luglio 1993 distrusse il PAC provocando la morte di quattro persone; un’installazione di grande formato dell’artista Luca Vitone ricorda, come un epitaffio, i 959 membri della loggia P2 in un ironico quanto amaro riferimento ad un capitolo confuso della storia della nostra democrazia; Mario Milizia riproduce invece minuziosamente i dettagli delle immagini di cronaca giudiziaria riferite a ritrovamenti e vendite illegali di reperti archeologici.
Una citazione dal film di Karl Holmqvist, “Why is desire always linked to crime?” (Perché il desiderio è sempre correlate al crimine?), resta impresso nella mente del visitatore durante il percorso, mentre l’italiana Monica Bonvicini investiga le relazioni tra spazio, potere e genere, presentando una macchina della tortura e del desiderio, costituita da sei imbragature di lattice nero sospese con catene ad un anello d’acciaio che ruota lentamente.
Asl? Çavu?o?lu imita il genere del crimine televisivo (esemplificato nella serie Crime Scene Investigation) nel suo Murder in Three Acts ( Omicidio in tre atti ), restituendo la mostra come scena del crimine e le opere come armi, mentre Fabian Marti lascia impronte delle sue mani nello spazio espositivo.
Ancora Gabriel Lester creerà un loop cinematografico di scene del crimine, proiettando il tutto con un gioco di ombre sul muro circostante e sul visitatore. Il cinema ritorna anche negli inquietanti dipinti di Dan Attoe, Richard Hawkins e Dawn Mellor, e nei film di Brice Dellsperger e Aïda Ruilova. L’artista francese Lili Reynaud-Dewar elabora invece un’installazione che fa riferimento alla vita e al lavoro di Jean Genet come scrittore, attivista e ladro, mentre l’artista spagnola Dora Garcia invita il pubblico a rubare un libro. L’americano Jim Shaw ironicamente ritrae uomini d’affari come zombie, attraverso una selezione di dipinti e un film, mentre Saâdane Afif trasforma il Centre Pompidou in una bara, che sembra voler mettere in discussione il ruolo vitale dei musei.
La mostra è realizzata con il sostegno di TOD’S, sponsor dell’attività espositiva annuale del PAC, e con il supporto di Vulcano.
Cristina Ricupero, italo-brasiliana, vive e lavora a Parigi come curatrice indipendente e critica d’arte. Ha curato mostre in tutto il mondo, con uno specifico interesse per le questioni sociali e per la narrazione attraverso la costruzione di progetti espositivi, esemplificata da mostre come Foundamentalism of New Order (Kunsthal Charlottemuborg, 2002) Populism (Contemporary Art Centre, Vilnius; National Museum of Art, Architecture and Design, Oslo; Stedelijk Museum, Amsterdam e Frankfurter Kunstverein, 2005) e il più recente Secret Societies (Schirn Kunsthalle Frankfurt e CAPC de Bordeaux, 2011-2012). Le è stata anche commissionata la curatela della sezione Europea della Biennale di Gwangju in Corea del Sud (2006) ed è stata co-curatrice di una collettiva insieme all’artista Fabian Marti: Cosmic Laughter – time wave zero then what? tenutasi all’ Ursula Blickle Stiftung, in Germania (2012). Tra le mostre più recenti Suspicious Minds alla Galeria Vermelho, Sao Paulo, Brasile (2013) – preludio a IL DELITTO QUASI PERFETTO.
ARTISTI IN MOSTRA: Saâdane Afif, Kader Attia, Dan Attoe, Dirk Bell, Bik Van der Pol, Jean-Luc Blanc, Monica Bonvicini, Ulla von Brandenburg, Asl? Çavu?o?lu, Maurizio Cattelan, François Curlet, Brice Dellsperger, Jason Dodge, Claire Fontaine, Gardar Eide Einarsson, Matias Faldbakken, Keith Farquhar, Dora Garcia, Douglas Gordon, Eva Grubinger, Richard Hawkins, Karl Holmqvist, Pierre Huyghe, Gabriel Lester, Erik van Lieshout, Jonas Lund, Jill Magid, Teresa Margolles, Fabian Marti, Dawn Mellor, Mario Milizia, Raymond Pettibon, Emilie Pitoiset, Julien Prévieux, Lili Reynaud-Dewar, Aïda Ruilova, Allen Ruppersberg, Markus Schinwald, Jim Shaw, Noam Toran, Luca Vitone e Herwig Weiser.
Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta a Milano dal PAC e da CIVITA, la mostra è curata da Cristina Ricupero e arriva in una nuova versione dopo la prima tappa al Witte de With Center for Contemporary Art di Rotterdam, arricchita di nuove opere di artisti italiani.
Come ogni giallo che si rispetti, la storia dell’arte è costellata da enigmi, miti e indovinelli in attesa di essere svelati. Risolvere questi puzzles intellettuali è un piacere comune e una tentazione culturale al cui fascino pochi possono dire di essere davvero immuni.
Sebbene il legame tra arte e crimine possa essere ricondotto a tempi antichi, il primo a teorizzarlo esplicitamente fu Thomas De Quincey nel suo saggio “On Murder Considered As One Of The Fine Arts” (1827). Il Novecento vide poi crescere il ruolo dell’immagine fotografica sia nello sviluppo della criminologia sia nel sensazionalismo tipico dei tabloid, entrambi fenomeni che hanno reso popolare il genere del giallo.
Il cinema divenne presto il mezzo perfetto per catturare il fascino discutibile della violenza e trasformarlo in immagini piacevoli. Così, seguendo l’ironico invito di De Quincy ad analizzare il delitto da un punto di vista estetico, la mostra invoca gli spiriti dell’arte visiva, dell’architettura, del cinema, della criminologia e del moderno genere giallo, trasformando le sale del PAC in una scena del crimine “quasi” perfetta.
Dietro il crimine c’è il Male. Per questo IL DELITTO QUASI PERFETTO prende necessariamente in esame le relazioni tra Etica ed Estetica. Mettendo in dubbio il ruolo dell’autorialità, il significato dell’autenticità, dell’inganno e della frode, la mostra sfuma i confini della dicotomia tra “buono” e “cattivo” gusto, mettendo al contempo in evidenza la duplicità del “crimine come arte” e dell’”arte come crimine”.
La mostra mette a confronto oltre 40 artisti, italiani e internazionali, che hanno collegato arte ed estetica del crimine, attraverso una selezione di opere spesso provocatorie e l’incursione in diversi linguaggi artistici. Progetti realizzati negli ultimi decenni e lavori più recenti, accanto ad un insieme di oggetti sorprendenti , sono immersi in modo inusuale nell’allestimento, studiato per guidare il visitatore attraverso un percorso tematico che procede per capitoli.
Alcune delle opera in mostra riflettono l’ossessiva curiosità e l’attitudine all’interpretazione tipica del detective, altre la narcisistica identificazione con il colpevole, altre ancora il feticistico piacere dello spettatore. Alcuni progetti affrontano i temi dell’autenticità e della frode , considerati tipicamente “crimini dell’arte”; altri giocano con il ruolo dell’artista come soggetto sovversivo ai margini della società o mettono in discussione il ruolo della legge e i concetti di ordine e trasgressione. Alcuni artisti scelgono di rappresentare il crimine come qualcosa di macabro e sublime, un’operazione simile a quella compiuta negli anni dal cinema, mentre altri fanno riferimento a fatti realmente accaduti, crimini sociali o politici. Altri ancora provano a mettere in relazione una selezione di queste principali tendenze.
Ogni spazio del PAC sarà contagiato: l’artista Gabriel Lester in collaborazione con Jonas Lund firmerà un intervento virale sul sito web del PAC; l’artista austriaca Eva Grubinger isserà invece una bandiera e posizionerà una targa d’ottone sulla facciata esterna del Padiglione, trasformandolo nell’ambasciata di Eitopomar, un utopico regno governato dal malvagio signore del Male Dr. Mabuse. All'ingresso, un murales dipinto dall’artista francese Jean-Luc Blanc richiamerà la copertina di una rivista pulp firmata con il titolo della mostra.
Oltre ad alcuni lavori già presenti al Witte de With, la mostra al PAC si arricchisce di nuove opere di artisti italiani. È il caso di Maurizio Cattelan, che ha realizzato un bouquet di fazzoletti di stoffa per asciugare idealmente le lacrime versate per le vittime dell’attentato che il 27 luglio 1993 distrusse il PAC provocando la morte di quattro persone; un’installazione di grande formato dell’artista Luca Vitone ricorda, come un epitaffio, i 959 membri della loggia P2 in un ironico quanto amaro riferimento ad un capitolo confuso della storia della nostra democrazia; Mario Milizia riproduce invece minuziosamente i dettagli delle immagini di cronaca giudiziaria riferite a ritrovamenti e vendite illegali di reperti archeologici.
Una citazione dal film di Karl Holmqvist, “Why is desire always linked to crime?” (Perché il desiderio è sempre correlate al crimine?), resta impresso nella mente del visitatore durante il percorso, mentre l’italiana Monica Bonvicini investiga le relazioni tra spazio, potere e genere, presentando una macchina della tortura e del desiderio, costituita da sei imbragature di lattice nero sospese con catene ad un anello d’acciaio che ruota lentamente.
Asl? Çavu?o?lu imita il genere del crimine televisivo (esemplificato nella serie Crime Scene Investigation) nel suo Murder in Three Acts ( Omicidio in tre atti ), restituendo la mostra come scena del crimine e le opere come armi, mentre Fabian Marti lascia impronte delle sue mani nello spazio espositivo.
Ancora Gabriel Lester creerà un loop cinematografico di scene del crimine, proiettando il tutto con un gioco di ombre sul muro circostante e sul visitatore. Il cinema ritorna anche negli inquietanti dipinti di Dan Attoe, Richard Hawkins e Dawn Mellor, e nei film di Brice Dellsperger e Aïda Ruilova. L’artista francese Lili Reynaud-Dewar elabora invece un’installazione che fa riferimento alla vita e al lavoro di Jean Genet come scrittore, attivista e ladro, mentre l’artista spagnola Dora Garcia invita il pubblico a rubare un libro. L’americano Jim Shaw ironicamente ritrae uomini d’affari come zombie, attraverso una selezione di dipinti e un film, mentre Saâdane Afif trasforma il Centre Pompidou in una bara, che sembra voler mettere in discussione il ruolo vitale dei musei.
La mostra è realizzata con il sostegno di TOD’S, sponsor dell’attività espositiva annuale del PAC, e con il supporto di Vulcano.
Cristina Ricupero, italo-brasiliana, vive e lavora a Parigi come curatrice indipendente e critica d’arte. Ha curato mostre in tutto il mondo, con uno specifico interesse per le questioni sociali e per la narrazione attraverso la costruzione di progetti espositivi, esemplificata da mostre come Foundamentalism of New Order (Kunsthal Charlottemuborg, 2002) Populism (Contemporary Art Centre, Vilnius; National Museum of Art, Architecture and Design, Oslo; Stedelijk Museum, Amsterdam e Frankfurter Kunstverein, 2005) e il più recente Secret Societies (Schirn Kunsthalle Frankfurt e CAPC de Bordeaux, 2011-2012). Le è stata anche commissionata la curatela della sezione Europea della Biennale di Gwangju in Corea del Sud (2006) ed è stata co-curatrice di una collettiva insieme all’artista Fabian Marti: Cosmic Laughter – time wave zero then what? tenutasi all’ Ursula Blickle Stiftung, in Germania (2012). Tra le mostre più recenti Suspicious Minds alla Galeria Vermelho, Sao Paulo, Brasile (2013) – preludio a IL DELITTO QUASI PERFETTO.
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