Jeunesse. Omaggio ad Anselmo Bucci
Dal 25 Ottobre 2014 al 06 Dicembre 2014
Lissone | Milano
Luogo: Museo d'Arte Contemporanea
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: martedì, mercoledì, venerdì 15-19; giovedì 15-23; sabato e domenica 10-12 / 15-19
Telefono per informazioni: +39 039 7397368 / 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.museolissone.it/
Riprendendo una tradizione dello storico Premio Lissone, che negli anni Sessanta dedicava piccole ma significative mostre retrospettive ad artisti come Atanasio Soldati, Osvaldo Licini e Mario Sironi, in occasione del Premio Lissone 2014 si è deciso di allestire una sala con una decina di opere di Anselmo Bucci [Fossombrone, 1887 – Monza, 1955]. L’esposizione intende commemorare l’amore per le arti pittoriche e incisorie di questo importante maestro del secolo scorso; omaggio che ha anche una ragione storicistica riconducibile alla provincia briantea, in quanto l’artista si era trasferito per breve tempo a Monza, nel 1904, per poi trascorrervi i suoi ultimi anni di vita.
Artista pluripremiato e poliedrico, Bucci è sta-to un pittore eccelso, un instancabile disegnatore, un formidabile incisore e uno stimato scrittore, oltre che un assiduo viaggiatore, curioso e onnivoro, proprio come il suo sguardo. Nelle numerose scorribande, dalla Francia al Belgio, dall’Olanda all’Algeria, l’artista non trascurò di girare in lungo e in largo anche il Bel Paese, traendone un memorabile Voyage en Italie. Cronista dei grandi conflitti mondiali, Bucci ha conosciuto i più importanti protagonisti del XX secolo, associando una buona parte della sua nomea al gruppo Novecento – la cui definizione è riconducibile proprio a lui – abbandonandone però anzitempo le fila, trovandosi in disaccordo con l’ideologia professata dalla Sarfatti. Malgrado Bucci abbia scontato nel secondo dopoguerra un immotivato ostracismo da parte dei critici e dei mercanti d’arte, rivedere le sue opere a distanza di tempo è una giusta e utile occasione per apprezzarne i solidi e severi valori pittorici, la figurazione monumentale e celebrativa, quel fiero nazionalismo che si opponeva agli speri-mentalismi avanguardistici.
Le opere scelte per l’esposizione lissonese appartengono agli anni degli esordi, in particolare al soggiorno parigino, come testimonia L’autoritratto a 22 anni del 1909. A questo periodo si ricollega anche il disegno di Amedeo Modigliani dedicato “all’amico Bucci” che suggella il legame tra questi e il filosofo Mario Buggelli (è nel novembre del 1906 che i due, affiancati dall’amico Leonardo Dudreville, si avventurarono alla volta di Parigi, allora capitale mondiale dell’arte). Relativi alla fase fauve e simbolista del nostro peintre et écrivain, i dipinti denotano un’impostazione classica, innervata però da una forte aspresività e da un’invidiabile sapienza coloristica. Profondo estimatore dei pittori antichi, il giovane Bucci dà così prova di quella libertà fiera e feconda che ne caratterizzerà tutta la produzione successiva. I paesaggi, i ritratti e i motivi simbolisti qui esposti – tutti antecedenti alla prima mostra del gruppo Novecento, tenutasi nel 1923 a Milano, presso la galleria di Lino Pesaro – ci permettono di assaporare quella “devozione al mestiere” cui l’artista è sempre stato fedele, sia in punta di pennello sia quando ricorreva alla puntasecca.
Artista pluripremiato e poliedrico, Bucci è sta-to un pittore eccelso, un instancabile disegnatore, un formidabile incisore e uno stimato scrittore, oltre che un assiduo viaggiatore, curioso e onnivoro, proprio come il suo sguardo. Nelle numerose scorribande, dalla Francia al Belgio, dall’Olanda all’Algeria, l’artista non trascurò di girare in lungo e in largo anche il Bel Paese, traendone un memorabile Voyage en Italie. Cronista dei grandi conflitti mondiali, Bucci ha conosciuto i più importanti protagonisti del XX secolo, associando una buona parte della sua nomea al gruppo Novecento – la cui definizione è riconducibile proprio a lui – abbandonandone però anzitempo le fila, trovandosi in disaccordo con l’ideologia professata dalla Sarfatti. Malgrado Bucci abbia scontato nel secondo dopoguerra un immotivato ostracismo da parte dei critici e dei mercanti d’arte, rivedere le sue opere a distanza di tempo è una giusta e utile occasione per apprezzarne i solidi e severi valori pittorici, la figurazione monumentale e celebrativa, quel fiero nazionalismo che si opponeva agli speri-mentalismi avanguardistici.
Le opere scelte per l’esposizione lissonese appartengono agli anni degli esordi, in particolare al soggiorno parigino, come testimonia L’autoritratto a 22 anni del 1909. A questo periodo si ricollega anche il disegno di Amedeo Modigliani dedicato “all’amico Bucci” che suggella il legame tra questi e il filosofo Mario Buggelli (è nel novembre del 1906 che i due, affiancati dall’amico Leonardo Dudreville, si avventurarono alla volta di Parigi, allora capitale mondiale dell’arte). Relativi alla fase fauve e simbolista del nostro peintre et écrivain, i dipinti denotano un’impostazione classica, innervata però da una forte aspresività e da un’invidiabile sapienza coloristica. Profondo estimatore dei pittori antichi, il giovane Bucci dà così prova di quella libertà fiera e feconda che ne caratterizzerà tutta la produzione successiva. I paesaggi, i ritratti e i motivi simbolisti qui esposti – tutti antecedenti alla prima mostra del gruppo Novecento, tenutasi nel 1923 a Milano, presso la galleria di Lino Pesaro – ci permettono di assaporare quella “devozione al mestiere” cui l’artista è sempre stato fedele, sia in punta di pennello sia quando ricorreva alla puntasecca.
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