Nel segno del Cenobio
Dal 24 Giugno 2021 al 24 Luglio 2021
Monza | Milano
Luogo: LeoGalleries
Indirizzo: Via De Gradi 10
Orari: mar-ven: 15.00/19.00; sab 10:00/13:00 – 15.00/19.00
Milano, 1962: nella fertile stagione artistica che fa del capoluogo lombardo una delle capitali dell’arte europea, un gruppo di artisti inaugura una significativa riflessione sulla pittura come valore espressivo-scritturale. Agostino Ferrari, Ugo La Pietra, Ettore Sordini, Angelo Verga e Arturo Vermi sono i membri di questo nuovo sodalizio, dalla storia breve ma intensa: il Gruppo del Cenobio.
Nella ferma volontà di star lontani dalle logiche del mercato, essi intrecciano le loro diverse storie di artisti, per cercare risposte in un’arte segnica, profondamente evocativa, quasi una scrittura privata, lontanissima dai clamori dei linguaggi allora in voga, quali quello della Pop Art.
Gli artisti del Cenobio (il nome proviene dall’omonima galleria d’arte milanese) fanno la loro prima apparizione pubblica ufficiale come gruppo nel dicembre del 1962. In mostra le opere sono accompagnate da un brano di Strindberg tratto da L’isola dei beati. L’anno dopo espongono alla Galleria L’indice. Il catalogo presenta un testo introduttivo di Alberto Lùcia. Seguirà una mostra a Firenze.
Il segno è l’assoluto protagonista delle loro ricerche, accomunate proprio dall’esigenza di proporre una nuova interpretazione dell’atto pittorico in un’epoca in cui le tendenze d’avanguardia – dagli artisti di Azimut al Gruppo T – stavano rivolgendosi ad altre forme espressive. Nelle loro opere il segno, tracciato con caratteristiche differenti a seconda della personalità di ciascuno, si fa portatore di una narrazione poetica ed emotiva, libera ed autonoma.
Al segno arrivano da territori diversi: Vermi e Ferrari provengono da esperienze informali e giungono quasi contemporaneamente alla definizione di un nuovo linguaggio potentemente poetico; La Pietra ci arriva inseguendo l’ambizione di superare i confini e spezzare il sistema precostituito; Sordini e Verga, invece, si sono mossi fino ad allora nell’ambito del movimento Nucleare e pensano al segno come scrittura e comunicazione.
Il gruppo si scioglie dopo meno di due anni di attività ma l’impronta lasciata dall’esperienza comune resterà forte nella ricerca dei singoli artisti. Ciascun esponente proseguirà poi il proprio cammino, accentuando, con attitudini e modalità diverse, aspetti differenti dell’ipotesi espressiva esplorata dal movimento.
La mostra proposta da LeoGalleries indaga con una attenta e importante selezione di una quindicina di opere dell’epoca, la breve ma assolutamente significativa storia di questo movimento, proprio per questo ancor più interessante da avvicinare e approfondire.
Messe l’una accanto all’altro, le opere dei cinque artisti del gruppo, rivelano una notevole coerenza di pensiero e rendono evidentissima la straordinaria intensità e sensibilità con cui essi interpretavano il segno; un segno che è al contempo strumento di comunicazione, elemento costruttivo e motivo pittorico; un segno capace di raccontare l’uomo, di tracciare lo scorrere del tempo, di farsi storia, traccia, poesia.
Nel rispetto delle norme anti Covid – 19 in vigore non sarà organizzata alcuna inaugurazione ufficiale.
È prevista però la realizzazione di un video, che sarà diffuso poi attraverso i social della Galleria (YouTube, Instagram, Facebook), nel quale la storica dell'arte Simona Bartolena racconterà dal vivo le opere esposte.
Agostino Ferrari (Milano, 1938), attratto dal mondo dell’arte fin dall’infanzia, avvia la carriera da pittore a ventuno anni, grazie al sostengo di Remo Brindisi che lo accoglie a lavorare nel suo studio.
La sua prima personale inaugura nel 1961 alla galleria Pater di Milano, con opere ancora legate ad una sfera naturalistica.
Importante è l’incontro con gli artisti con cui, nel 1962, si unisce nel gruppo del Cenobio: nonostante la vita breve del gruppo, per Ferrari questa esperienza risulta fondamentale, da qui inizia la sua ricerca del segno, filo conduttore di tutta la sua opera.
Negli anni successivi il segno viene declinato in maniera diversa, assumendo numerose sfaccettature: inizialmente risulta più plastico, influenzato dalla pop art e dall’arte americana; poi appare più fisico, in relazione ad un interesse alla superficie del quadro; in fine, dopo una stagione di legame con il colore e, successivamente, con la psiche, il segno risulta libero da sovrastrutture e capace di esprimersi nella sua totalità.
Numerose, a partire dagli anni ’70, sono le esposizioni a livello nazionale ed internazionale. Agostino Ferrari vive e lavora a Milano.
Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, 1938), architetto di formazione, dal 1962 lavora sulla definizione del rapporto tra individuo ed ambiente: all’inizio la sua attività si concentra sulla realizzazione di strumenti e modelli di conoscenza, spostandosi poi sul rapporto tradizionale tra opera e spettatore.
Artista eclettico, ha operato dentro e fuori diverse discipline, senza farsi limitare da etichette, ma definendosi, oltre che performer, cineasta, musicista, fumettista, designer radicale ed architetto, “ricercatore nelle arti visive”.
Le sue esperienze ed il suo pensiero sono state divulgate da una parte attraverso un’intensa attività didattica ed editoriale, portata avanti dal 1964, dall’altra grazie a gruppi di ricerca artistica (si ricorda il Gruppo del Cenobio, la Cooperativa di via Maroncelli, Libero Laboratorio, etc..) ed all’attività espositiva, con il coinvolgimento di numerose personalità artistiche. Ugo La Pietra vive e lavora a Milano.
Ettore Sordini (Milano, 1934 – Fossombrone, 2012), diplomato all’Accademia di Brera, fino ai primi anni Cinquanta studia e disegna sotto la guida di Malerba, ai tempi scultore capo della Fabbrica del Duomo. Successivamente, con la vicinanza ad artisti come Fontana e Peverelli, esordisce in una Milano vitale e creativa, con una pittura “parasurreale”, vicina all’esperienza di Piero Manzoni. Con quest’ultimo stringe un profondo legame di amicizia ed insieme, nel 1956, stilano il manifesto “Per la scoperta di una zona di immagini” con l’obiettivo di raggiungere, attraverso la pittura, una totale adesione tra mitologia universale e personale. Da qui redige e firma numerosi manifesti, accomunati da un sentimento di ostilità verso l’astrattismo, esaltando il valore materico, valorizzato da un segno sempre più rarefatto e delicato. A seguito dell’esperienza del Gruppo del Cenobio, Sordini utilizza in modo sempre più evidente la geometria come medium di un’emozionalità intensa ma spesso tacita, arrivando poi ad esaltare la pura tridimensionalità.
Angelo Verga (Milano, 1933 - 1999) inizia a lavorare in bottega dal pittore Motti già a sedici anni, frequentando parallelamente i corsi serali all’Accademia di Brera.
A seguito della sua prima esposizione a Soncino del 1956, aderisce al Gruppo Nucleare, firmando alcuni manifesti al fianco di Sordini e Manzoni. In un primo momento i suoi lavori sono carichi di materialità, si intravedono strane figure allusive, macchie e grovigli di segni, che esplicitano l’influenza surrealista dei viaggi a Parigi.
Successivamente, in modo graduale, lascia l’attenzione naturalistica per porre una maggiore attenzione al segno che, scavato nel colore, emerge dall’impasto denso e pastoso: questa operazione si affida ad un automatismo, svincolandosi ma un tratto emotivo. Durante il periodo del Cenobio il segno diventa una fitta presenza, dinamica, in continua evoluzione e fermento, sollecitando così la partecipazione dell’osservatore.
Dal 1967 l’attenzione di Verga si sposta sulla geometria e sull’estrema semplificazione dello spazio, soffermandosi in particolare sulla figura del cerchio, visto come “sigillo della perfezione”.
Arturo Vermi (Bergamo, 1928 – Paderno d’Adda, 1988), si avvicina alla pittura da autodidatta. La prima mostra personale risale al 1956, ospitata dal Centro Culturale Pirelli, azienda dove Vermi lavorava come operaio. Grazie alla frequentazione degli ambienti milanesi, in particolare di Brera, il suo lavoro si direziona verso lo stile informale, che inizia a maturare ed a prendere forma durante l’esperienza del Gruppo del Cenobio.
Nel 1964 risiede nel quartiere delle Botteghe di Sesto S. Giovanni, luogo di fermento per le avanguardie artistiche dell’epoca, dove entra a contatto con numerosi artisti, quali Bonalumi, Castellani e Marzulli, legandosi anche all’architetto Cadario.
Sono di quel periodo le prime mostre importanti in gallerie italiane ed in spazi espositivi di rilievo, che sfoceranno nella commissione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione di un documento sulla sua opera come supporto didattico per le scuole superiori.
Nel 1974, come tappa di un progetto esistenziale, Vermi lascia il fermento di Milano per trasferirsi in Brianza. L’anno successivo, il 1975, rappresenta un cambiamento radicale: la sua opera si pone l’obiettivo di elaborare una “proposta di felicità”, espressa nella rivista da lui creata l’”Azzurro”. Allo stesso periodo risale il “Manifesto del disimpegno”, in cui afferma la sua libertà espressiva. A questo ultimo periodo risalgono una serie di opere innovative e fuori dagli schemi, che riflettono sulla condizione umana e del nostro pianeta.
Gli artisti del Cenobio (il nome proviene dall’omonima galleria d’arte milanese) fanno la loro prima apparizione pubblica ufficiale come gruppo nel dicembre del 1962. In mostra le opere sono accompagnate da un brano di Strindberg tratto da L’isola dei beati. L’anno dopo espongono alla Galleria L’indice. Il catalogo presenta un testo introduttivo di Alberto Lùcia. Seguirà una mostra a Firenze.
Il segno è l’assoluto protagonista delle loro ricerche, accomunate proprio dall’esigenza di proporre una nuova interpretazione dell’atto pittorico in un’epoca in cui le tendenze d’avanguardia – dagli artisti di Azimut al Gruppo T – stavano rivolgendosi ad altre forme espressive. Nelle loro opere il segno, tracciato con caratteristiche differenti a seconda della personalità di ciascuno, si fa portatore di una narrazione poetica ed emotiva, libera ed autonoma.
Al segno arrivano da territori diversi: Vermi e Ferrari provengono da esperienze informali e giungono quasi contemporaneamente alla definizione di un nuovo linguaggio potentemente poetico; La Pietra ci arriva inseguendo l’ambizione di superare i confini e spezzare il sistema precostituito; Sordini e Verga, invece, si sono mossi fino ad allora nell’ambito del movimento Nucleare e pensano al segno come scrittura e comunicazione.
Il gruppo si scioglie dopo meno di due anni di attività ma l’impronta lasciata dall’esperienza comune resterà forte nella ricerca dei singoli artisti. Ciascun esponente proseguirà poi il proprio cammino, accentuando, con attitudini e modalità diverse, aspetti differenti dell’ipotesi espressiva esplorata dal movimento.
La mostra proposta da LeoGalleries indaga con una attenta e importante selezione di una quindicina di opere dell’epoca, la breve ma assolutamente significativa storia di questo movimento, proprio per questo ancor più interessante da avvicinare e approfondire.
Messe l’una accanto all’altro, le opere dei cinque artisti del gruppo, rivelano una notevole coerenza di pensiero e rendono evidentissima la straordinaria intensità e sensibilità con cui essi interpretavano il segno; un segno che è al contempo strumento di comunicazione, elemento costruttivo e motivo pittorico; un segno capace di raccontare l’uomo, di tracciare lo scorrere del tempo, di farsi storia, traccia, poesia.
Nel rispetto delle norme anti Covid – 19 in vigore non sarà organizzata alcuna inaugurazione ufficiale.
È prevista però la realizzazione di un video, che sarà diffuso poi attraverso i social della Galleria (YouTube, Instagram, Facebook), nel quale la storica dell'arte Simona Bartolena racconterà dal vivo le opere esposte.
Agostino Ferrari (Milano, 1938), attratto dal mondo dell’arte fin dall’infanzia, avvia la carriera da pittore a ventuno anni, grazie al sostengo di Remo Brindisi che lo accoglie a lavorare nel suo studio.
La sua prima personale inaugura nel 1961 alla galleria Pater di Milano, con opere ancora legate ad una sfera naturalistica.
Importante è l’incontro con gli artisti con cui, nel 1962, si unisce nel gruppo del Cenobio: nonostante la vita breve del gruppo, per Ferrari questa esperienza risulta fondamentale, da qui inizia la sua ricerca del segno, filo conduttore di tutta la sua opera.
Negli anni successivi il segno viene declinato in maniera diversa, assumendo numerose sfaccettature: inizialmente risulta più plastico, influenzato dalla pop art e dall’arte americana; poi appare più fisico, in relazione ad un interesse alla superficie del quadro; in fine, dopo una stagione di legame con il colore e, successivamente, con la psiche, il segno risulta libero da sovrastrutture e capace di esprimersi nella sua totalità.
Numerose, a partire dagli anni ’70, sono le esposizioni a livello nazionale ed internazionale. Agostino Ferrari vive e lavora a Milano.
Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, 1938), architetto di formazione, dal 1962 lavora sulla definizione del rapporto tra individuo ed ambiente: all’inizio la sua attività si concentra sulla realizzazione di strumenti e modelli di conoscenza, spostandosi poi sul rapporto tradizionale tra opera e spettatore.
Artista eclettico, ha operato dentro e fuori diverse discipline, senza farsi limitare da etichette, ma definendosi, oltre che performer, cineasta, musicista, fumettista, designer radicale ed architetto, “ricercatore nelle arti visive”.
Le sue esperienze ed il suo pensiero sono state divulgate da una parte attraverso un’intensa attività didattica ed editoriale, portata avanti dal 1964, dall’altra grazie a gruppi di ricerca artistica (si ricorda il Gruppo del Cenobio, la Cooperativa di via Maroncelli, Libero Laboratorio, etc..) ed all’attività espositiva, con il coinvolgimento di numerose personalità artistiche. Ugo La Pietra vive e lavora a Milano.
Ettore Sordini (Milano, 1934 – Fossombrone, 2012), diplomato all’Accademia di Brera, fino ai primi anni Cinquanta studia e disegna sotto la guida di Malerba, ai tempi scultore capo della Fabbrica del Duomo. Successivamente, con la vicinanza ad artisti come Fontana e Peverelli, esordisce in una Milano vitale e creativa, con una pittura “parasurreale”, vicina all’esperienza di Piero Manzoni. Con quest’ultimo stringe un profondo legame di amicizia ed insieme, nel 1956, stilano il manifesto “Per la scoperta di una zona di immagini” con l’obiettivo di raggiungere, attraverso la pittura, una totale adesione tra mitologia universale e personale. Da qui redige e firma numerosi manifesti, accomunati da un sentimento di ostilità verso l’astrattismo, esaltando il valore materico, valorizzato da un segno sempre più rarefatto e delicato. A seguito dell’esperienza del Gruppo del Cenobio, Sordini utilizza in modo sempre più evidente la geometria come medium di un’emozionalità intensa ma spesso tacita, arrivando poi ad esaltare la pura tridimensionalità.
Angelo Verga (Milano, 1933 - 1999) inizia a lavorare in bottega dal pittore Motti già a sedici anni, frequentando parallelamente i corsi serali all’Accademia di Brera.
A seguito della sua prima esposizione a Soncino del 1956, aderisce al Gruppo Nucleare, firmando alcuni manifesti al fianco di Sordini e Manzoni. In un primo momento i suoi lavori sono carichi di materialità, si intravedono strane figure allusive, macchie e grovigli di segni, che esplicitano l’influenza surrealista dei viaggi a Parigi.
Successivamente, in modo graduale, lascia l’attenzione naturalistica per porre una maggiore attenzione al segno che, scavato nel colore, emerge dall’impasto denso e pastoso: questa operazione si affida ad un automatismo, svincolandosi ma un tratto emotivo. Durante il periodo del Cenobio il segno diventa una fitta presenza, dinamica, in continua evoluzione e fermento, sollecitando così la partecipazione dell’osservatore.
Dal 1967 l’attenzione di Verga si sposta sulla geometria e sull’estrema semplificazione dello spazio, soffermandosi in particolare sulla figura del cerchio, visto come “sigillo della perfezione”.
Arturo Vermi (Bergamo, 1928 – Paderno d’Adda, 1988), si avvicina alla pittura da autodidatta. La prima mostra personale risale al 1956, ospitata dal Centro Culturale Pirelli, azienda dove Vermi lavorava come operaio. Grazie alla frequentazione degli ambienti milanesi, in particolare di Brera, il suo lavoro si direziona verso lo stile informale, che inizia a maturare ed a prendere forma durante l’esperienza del Gruppo del Cenobio.
Nel 1964 risiede nel quartiere delle Botteghe di Sesto S. Giovanni, luogo di fermento per le avanguardie artistiche dell’epoca, dove entra a contatto con numerosi artisti, quali Bonalumi, Castellani e Marzulli, legandosi anche all’architetto Cadario.
Sono di quel periodo le prime mostre importanti in gallerie italiane ed in spazi espositivi di rilievo, che sfoceranno nella commissione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione di un documento sulla sua opera come supporto didattico per le scuole superiori.
Nel 1974, come tappa di un progetto esistenziale, Vermi lascia il fermento di Milano per trasferirsi in Brianza. L’anno successivo, il 1975, rappresenta un cambiamento radicale: la sua opera si pone l’obiettivo di elaborare una “proposta di felicità”, espressa nella rivista da lui creata l’”Azzurro”. Allo stesso periodo risale il “Manifesto del disimpegno”, in cui afferma la sua libertà espressiva. A questo ultimo periodo risalgono una serie di opere innovative e fuori dagli schemi, che riflettono sulla condizione umana e del nostro pianeta.
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