Oh donna chi sei. Loriano Aiazzi e Sergio Monari
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Sergio Monari, Medea, 2014
Dal 13 Novembre 2021 al 18 Dicembre 2021
Milano
Luogo: Biblioteca Sormani
Indirizzo: Corso di Porta Vittoria 6
Orari: dal lunedì al sabato, dalle ore nell’orario di apertura della biblioteca: lunedì 14.30-19.30 | martedì-venerdì 9.30-19.30 | sabato 10-18
Curatori: Niccolò Lucarelli
Enti promotori:
- Comune di Milano - Area Biblioteche
Costo del biglietto: ingresso gratuito con Green Pass
Sito ufficiale: http://milano.biblioteche.it/library/sormani/
Loriano Aiazzi e Sergio Monari, entrambi scultori di lungo corso e dal curriculum internazionale, con partecipazioni anche alla Biennale di Venezia, saranno i protagonisti di Oh donna chi sei, mostra-evento contro la violenza sulle donne che verrà inaugurata sabato 13 novembre, alle ore 17, alla Biblioteca Sormani (prenotazione tramite la app Affluences).
Il titolo è ispirato a un verso del poeta siriano Nizār Tawfīq Qabbānī (1923-1998) sublime cantore dell’amore del Novecento arabo. Dalla mitologia della Grecia classica alla società contemporanea, – spiega il curatore - la figura della donna è sempre stata centrale per il progresso civile dell’umanità. Purtroppo la donna ancora oggi non gode del dovuto rispetto, così come non esiste la democrazia di genere e, nei fatti, le pari opportunità sono soltanto un concetto retorico, mentre la vergognosa piaga della violenza sulle donne occupa le pagine dei quotidiani. Con violenza non s’intende soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale. Per questo progetto, che sin dal titolo vuole indagare la personalità femminile, il curatore della mostra ha voluto due scultori, anziché due scultrici, per sottintendere che è l’uomo a dover cambiare atteggiamento e mentalità, a dover mettersi in gioco e ad ammettere le proprie responsabilità, in un momento in cui la violenza sulle donne è sempre di strettissima attualità.
Aiazzi e Monari interpretano rispettivamente Euriclea e Medea, due differenti, ma fondamentali, espressioni della personalità femminile, grazie alle quali l’umanità ha potuto progredire nei secoli. Oh donna chi sei cerca quindi di stimolare una riflessione attraverso l’arte contro quella che può essere definita una vergogna sociale. Come nota Lucarelli, «dalle sculture di Aiazzi e Monari scaturisce l’immagine di una donna fiera e libera, dolce e appassionata, un’amazzone e una vestale, che alberga in sé molteplici potenzialità, intuizioni, entusiasmi, sentimenti, sempre pronta a donarli agli altri in nome di un istinto materno esteso alla sua massima portata. Eppure, nella mancata alleanza fra uomo e donna risiedono problematiche che l’umanità si trascina da almeno due millenni, e la violenza sulle donne - non soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale - è purtroppo una tematica di vergognosa attualità».
La mostra è accompagnata da una brochure a cui ha collaborato il critico d’arte Luca Sposato, che nel suo scritto sottolinea come «effigiare la Donna sia un rituale, un atto spirituale che affonda le radici all’origine della Coscienza, alla nascita dell’arte: perpetuarlo significa intimamente evocare il principio dell’umanità stessa, concetto troppo spesso diluito nell’attuale società individualista e misogina, macchiata spesso di inadempienza. Proprio per sopperire questa mancanza, la rilettura del mondo classico è la chiave di volta indispensabile a predisporre un futuro compiuto e stabile, caricando l’eredità di un passato che non vuole essere oggetto nostalgico ma supporto di consapevole responsabilità, sia artistica, sia sociale».
Il titolo è ispirato a un verso del poeta siriano Nizār Tawfīq Qabbānī (1923-1998) sublime cantore dell’amore del Novecento arabo. Dalla mitologia della Grecia classica alla società contemporanea, – spiega il curatore - la figura della donna è sempre stata centrale per il progresso civile dell’umanità. Purtroppo la donna ancora oggi non gode del dovuto rispetto, così come non esiste la democrazia di genere e, nei fatti, le pari opportunità sono soltanto un concetto retorico, mentre la vergognosa piaga della violenza sulle donne occupa le pagine dei quotidiani. Con violenza non s’intende soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale. Per questo progetto, che sin dal titolo vuole indagare la personalità femminile, il curatore della mostra ha voluto due scultori, anziché due scultrici, per sottintendere che è l’uomo a dover cambiare atteggiamento e mentalità, a dover mettersi in gioco e ad ammettere le proprie responsabilità, in un momento in cui la violenza sulle donne è sempre di strettissima attualità.
Aiazzi e Monari interpretano rispettivamente Euriclea e Medea, due differenti, ma fondamentali, espressioni della personalità femminile, grazie alle quali l’umanità ha potuto progredire nei secoli. Oh donna chi sei cerca quindi di stimolare una riflessione attraverso l’arte contro quella che può essere definita una vergogna sociale. Come nota Lucarelli, «dalle sculture di Aiazzi e Monari scaturisce l’immagine di una donna fiera e libera, dolce e appassionata, un’amazzone e una vestale, che alberga in sé molteplici potenzialità, intuizioni, entusiasmi, sentimenti, sempre pronta a donarli agli altri in nome di un istinto materno esteso alla sua massima portata. Eppure, nella mancata alleanza fra uomo e donna risiedono problematiche che l’umanità si trascina da almeno due millenni, e la violenza sulle donne - non soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale - è purtroppo una tematica di vergognosa attualità».
La mostra è accompagnata da una brochure a cui ha collaborato il critico d’arte Luca Sposato, che nel suo scritto sottolinea come «effigiare la Donna sia un rituale, un atto spirituale che affonda le radici all’origine della Coscienza, alla nascita dell’arte: perpetuarlo significa intimamente evocare il principio dell’umanità stessa, concetto troppo spesso diluito nell’attuale società individualista e misogina, macchiata spesso di inadempienza. Proprio per sopperire questa mancanza, la rilettura del mondo classico è la chiave di volta indispensabile a predisporre un futuro compiuto e stabile, caricando l’eredità di un passato che non vuole essere oggetto nostalgico ma supporto di consapevole responsabilità, sia artistica, sia sociale».
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