Omaggio a Lucio Fontana
Dal 25 Aprile 2015 al 30 Novembre 1999
Milano
Luogo: Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea
Indirizzo: via Tadino 15
Orari: martedì - sabato 10-13 / 15-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 29 41 92 32
E-Mail info: info@fondazionemarconi.org
Sito ufficiale: http://www.fondazionemarconi.org
In contemporanea con Expo 2015, la Fondazione Lucio Fontana e la Fondazione Marconi presenteranno nella sede recentemente rinnovata e ampliata della Fondazione Marconi, un omaggio a Lucio Fontana.
Per la prima volta in Europa verrà esposta l’opera Concetto spaziale, Trinità nell’allestimento che l’artista stesso elaborò in alcuni disegni del 1966, ma che non riuscì mai a vedere compiuto. La realizzazione di questo desiderio è l’omaggio che le due Fondazioni vogliono dedicare all’artista.
Concetto spaziale, Trinità (1966) è un’opera imponente nella produzione di Fontana sia per le dimensioni (2 x 2 m ognuno dei tre elementi) sia per la lucida e rigorosa composizione che rimanda, attraverso la purezza del monocromo bianco, a una dimensione di infinito.
Disseminato da una teoria di buchi, come segno di una gestualità elementare, il trittico rappresenta una personalissima riflessione dell’artista, laica e poetica, sull’assoluto. L’allestimento dell’opera raffigurato dall’artista in un disegno-progetto del 1966, anch’esso esposto per l’occasione, è qui fedelmente realizzato.
Le tele monocromatiche, messe in risalto dai teli di plastica azzurra, sono appese a partire dal soffitto e racchiuse entro uno spazio scenico di 17 metri, che rimanda a una dimensione di purezza e di spazialità assoluta.
Un nucleo di opere comprese tra il 1951 e il 1968 completa l’omaggio all’artista e offre un’idea della sua amplissima attività creativa, capace di spaziare tra la figurazione e le istanze più astratte, sperimentando le potenzialità di tecniche e materiali sempre nuovi. Tra queste figurano il “gesso”, Concetto spaziale del 1957, il Concetto spaziale del 1953 dalla serie delle “pietre”, il “taglio” Concetto spaziale, Attese del 1964; una selezione di grandi “teatrini”, 1965, alcune “carte assorbenti” e le sculture in metallo laccato dal titolo Concetto spaziale, del 1967. In tutte queste opere riconosciamo l’autenticità e la forza creativa del gesto di Fontana, sia esso impresso nella matericità del “gesso”, modellato attraverso le forme dei “teatrini” oppure minimale e netto come nella purezza dei “tagli”.
Nato a Rosario di Santa Fé nel 1899 da genitori italiani, dopo gli studi compiuti in Italia torna in Argentina e inizia a dedicarsi alla scultura, collaborando anche con il padre, scultore e architetto, alla realizzazione di monumenti funebri. Esordisce nel 1925 al Salon de Bellas Artes di Rosario presentando lo studio di un volto femminile. Nel 1927 si stabilisce a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera, dove segue i corsi di Adolfo Wildt. Dopo le prime opere, caratterizzate da un plasticismo mosso e vibrante, intorno al 1930, la sua ricerca mostra esiti del tutto inediti.
Nello stesso anno è presente alla Biennale di Venezia e inizia a esporre regolarmente alla Galleria del Milione di Milano, dove tiene la sua prima personale nel 1931, curata da Edoardo Persico.
In questi anni si lega al gruppo degli astrattisti lombardi e al movimento internazionale Abstraction- Création.
Nel 1939 si trasferisce nuovamente in Argentina, dove nel 1946 pubblica il Manifiesto blanco in cui getta le premesse dello spazialismo, che troverà pieno sviluppo dopo il ritorno in Italia nel 1947. Risale al dicembre di quell’anno il primo Manifesto dello spazialismo, sottoscritto da Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo e Milena Milani. Negli anni seguenti la poetica dello spazialismo si precisa in una serie di manifesti e dichiarazioni programmatiche e si concretizza a partire dalle opere che Fontana presenta alla Biennale del 1948 e alla Galleria del Naviglio nel 1949, dove il primo Ambiente spaziale mostra il superamento dei confini tra pittura, scultura e architettura per la conquista di quello che Fontana definisce “concetto spaziale dell’arte”.
In questa fase nascono i primi “buchi” e il progetto del grande tubo di luce al neon presentato alla Triennale di Milano nel 1951. Negli anni seguenti la sua intensa attività espositiva culmina nella sala personale alla Biennale veneziana del 1958.
L’anno seguente, alla Galleria del Milione, viene presentato il nuovo ciclo dei “tagli”, in cui gesto netto e preciso del tagliare schiude la tela a una dimensione spaziale infinita.
Impostosi come uno dei maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, l’artista seguita a sviluppare nuovi cicli di opere – le Nature, i Quanta, i Teatrini, la serie della Fine di Dio e gli Ambienti spaziali – in cui le sue idee trovano inclinazioni sempre nuove, fino alla morte avvenuta nel 1968.
Tra le innumerevoli retrospettive e antologiche dedicate all’artista vanno ricordate le cinque mostre organizzate a Milano nel 1999 per la celebrazione del centenario dalla nascita, curate dai più autorevoli conoscitori della sua opera.
Tra le ultime importanti mostre figurano la retrospettiva del 2014 presso il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris con oltre 200 sculture, dipinti, ceramiche e installazioni, dagli anni Venti al 1968 e l’ultima mostra presentata a Milano al Museo del Novecento e organizzata in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana in cui si indaga, secondo una prospettiva inedita, il percorso parallelo dell’artista e di Yves Klein negli anni compresi tra il 1957 e il 1962, tra Milano e Parigi.
Per la prima volta in Europa verrà esposta l’opera Concetto spaziale, Trinità nell’allestimento che l’artista stesso elaborò in alcuni disegni del 1966, ma che non riuscì mai a vedere compiuto. La realizzazione di questo desiderio è l’omaggio che le due Fondazioni vogliono dedicare all’artista.
Concetto spaziale, Trinità (1966) è un’opera imponente nella produzione di Fontana sia per le dimensioni (2 x 2 m ognuno dei tre elementi) sia per la lucida e rigorosa composizione che rimanda, attraverso la purezza del monocromo bianco, a una dimensione di infinito.
Disseminato da una teoria di buchi, come segno di una gestualità elementare, il trittico rappresenta una personalissima riflessione dell’artista, laica e poetica, sull’assoluto. L’allestimento dell’opera raffigurato dall’artista in un disegno-progetto del 1966, anch’esso esposto per l’occasione, è qui fedelmente realizzato.
Le tele monocromatiche, messe in risalto dai teli di plastica azzurra, sono appese a partire dal soffitto e racchiuse entro uno spazio scenico di 17 metri, che rimanda a una dimensione di purezza e di spazialità assoluta.
Un nucleo di opere comprese tra il 1951 e il 1968 completa l’omaggio all’artista e offre un’idea della sua amplissima attività creativa, capace di spaziare tra la figurazione e le istanze più astratte, sperimentando le potenzialità di tecniche e materiali sempre nuovi. Tra queste figurano il “gesso”, Concetto spaziale del 1957, il Concetto spaziale del 1953 dalla serie delle “pietre”, il “taglio” Concetto spaziale, Attese del 1964; una selezione di grandi “teatrini”, 1965, alcune “carte assorbenti” e le sculture in metallo laccato dal titolo Concetto spaziale, del 1967. In tutte queste opere riconosciamo l’autenticità e la forza creativa del gesto di Fontana, sia esso impresso nella matericità del “gesso”, modellato attraverso le forme dei “teatrini” oppure minimale e netto come nella purezza dei “tagli”.
Nato a Rosario di Santa Fé nel 1899 da genitori italiani, dopo gli studi compiuti in Italia torna in Argentina e inizia a dedicarsi alla scultura, collaborando anche con il padre, scultore e architetto, alla realizzazione di monumenti funebri. Esordisce nel 1925 al Salon de Bellas Artes di Rosario presentando lo studio di un volto femminile. Nel 1927 si stabilisce a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera, dove segue i corsi di Adolfo Wildt. Dopo le prime opere, caratterizzate da un plasticismo mosso e vibrante, intorno al 1930, la sua ricerca mostra esiti del tutto inediti.
Nello stesso anno è presente alla Biennale di Venezia e inizia a esporre regolarmente alla Galleria del Milione di Milano, dove tiene la sua prima personale nel 1931, curata da Edoardo Persico.
In questi anni si lega al gruppo degli astrattisti lombardi e al movimento internazionale Abstraction- Création.
Nel 1939 si trasferisce nuovamente in Argentina, dove nel 1946 pubblica il Manifiesto blanco in cui getta le premesse dello spazialismo, che troverà pieno sviluppo dopo il ritorno in Italia nel 1947. Risale al dicembre di quell’anno il primo Manifesto dello spazialismo, sottoscritto da Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo e Milena Milani. Negli anni seguenti la poetica dello spazialismo si precisa in una serie di manifesti e dichiarazioni programmatiche e si concretizza a partire dalle opere che Fontana presenta alla Biennale del 1948 e alla Galleria del Naviglio nel 1949, dove il primo Ambiente spaziale mostra il superamento dei confini tra pittura, scultura e architettura per la conquista di quello che Fontana definisce “concetto spaziale dell’arte”.
In questa fase nascono i primi “buchi” e il progetto del grande tubo di luce al neon presentato alla Triennale di Milano nel 1951. Negli anni seguenti la sua intensa attività espositiva culmina nella sala personale alla Biennale veneziana del 1958.
L’anno seguente, alla Galleria del Milione, viene presentato il nuovo ciclo dei “tagli”, in cui gesto netto e preciso del tagliare schiude la tela a una dimensione spaziale infinita.
Impostosi come uno dei maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, l’artista seguita a sviluppare nuovi cicli di opere – le Nature, i Quanta, i Teatrini, la serie della Fine di Dio e gli Ambienti spaziali – in cui le sue idee trovano inclinazioni sempre nuove, fino alla morte avvenuta nel 1968.
Tra le innumerevoli retrospettive e antologiche dedicate all’artista vanno ricordate le cinque mostre organizzate a Milano nel 1999 per la celebrazione del centenario dalla nascita, curate dai più autorevoli conoscitori della sua opera.
Tra le ultime importanti mostre figurano la retrospettiva del 2014 presso il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris con oltre 200 sculture, dipinti, ceramiche e installazioni, dagli anni Venti al 1968 e l’ultima mostra presentata a Milano al Museo del Novecento e organizzata in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana in cui si indaga, secondo una prospettiva inedita, il percorso parallelo dell’artista e di Yves Klein negli anni compresi tra il 1957 e il 1962, tra Milano e Parigi.
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