Stefania Beretta. Photographie en pointure #2 | Paesaggi Improbabili
Dal 20 Settembre 2023 al 31 Ottobre 2023
Milano
Luogo: c|e contemporary|
Indirizzo: Via Gerolamo Tiraboschi 2/76
Orari: lunedì- venerdì: 9-13 | 15-19
Curatori: Christine Enrile e Viana Conti
Telefono per informazioni: +39 02 45.48.38.22
E-Mail info: gallery@cecontemporary.com
Sito ufficiale: http://www.cecontemporary.com
La mostra Photographie en pointure #2 | Paesaggi Improbabili di Stefania Beretta (nata a Vacallo, Ticino, nel 1957, vive a Verscio, Svizzera), a cura di Christine Enrile e Viana Conti, deve il suo titolo alla particolarità dell’intervento di cucito sulle opere.
L’esito, non trascurabile, di questo particolare processo di impunturazione è che l’opera risulta, con tutte le implicazioni che comporta, non esclusa l’unicità dell’aura di memoria benjaminiana, un pezzo unico.
Il titolo della mostra composto di due parti prende come referente mitico di impuntura quella all’orlo delle Souliers di van Gogh, dipinto del 1886. Ma c’è dell’altro. Questo dipinto di Vincent van Gogh viene preso come esempio da Martin Heidegger nel suo saggio L'origine dell'opera d'arte. In relazione al senso con cui Heidegger intende il soggetto scarpe, sorse una vivace polemica con lo storico dell'arte e studioso dell'opera di van Gogh Meyer Schapiro
Ad una così acuta e stimolante disputa non mancò di associarsi il filosofo francese Jacques Derrida prendendo una posizione critica verso le tesi di Heidegger nel suo testo La verità in pittura, divenuto poi Restitutions de la vérité en pointure.
Questa sottile variazione derridiana del termine pittura in puntura si attaglia perfettamente alla forma di fotografia esposta, che viene impunturata a mano dalla Beretta. La presenza del filo non cessa di rinviare alle metafore della tessitura come espressioni della marginalità del lavoro femminile, facendo affiorare dal mito figure della cultura occidentale come Arianna, Aracne, Ananke, Penelope.
L’idea del Paesaggio Improbabile scaturisce per Stefania Beretta dall’incontro di due inconsci macchinici: quello dell’apparecchio fotografico e quello della macchina da cucire. Attraverso il filtro visivo dell’artista, la mediazione della macchina fotografica e di quella da cucire, attraverso i segni impunturati sulla pelle della stampa analogica, della stessa sua pelle, ferita e rimarginata, l’autrice formalizza una nuova realtà, fatta di una scrittura di sogni e incubi, di fili di perle iridescenti e di spine acuminate, di riflessioni e di emozioni provenienti dal profondo. Brighton, Seven Sisters, Dover, Bogliasco, un bosco, sono solo nomi, appunti della memoria, echi di risonanze nel vuoto, ritmate dallo scorrere del tempo, che ritornano come fantasmi, che perdono le identità del luogo d’origine per acquisire connotazioni mentali scaturite da un immaginario senza barriere geografiche o linguistiche, aperto al contrario all’interiorità del soggetto, alle fascinazioni naturali, materiche, dell’ambiente, di una terra in cui scorre una vita segreta. Stefania Beretta, dedita al viaggio in India, come sospensione temporanea della vita d’azione in Occidente per entrare in quella della meditazione in Oriente, trasmette nell’opera la dimensione intima di un rituale che diventa, nel racconto visivo, partecipazione, memoria e testimonianza. I piani verticali e orizzontali di una cattedrale dove l’immaginazione sale, scende, staziona, inventano un percorso di impunture, sinesteticamente armoniche e melodiche, che agiscono come un trait d’union tra il cielo e la terra, tra il visibile e l’invisibile.
STEFANIA BERETTA
Dall'inizio degli anni '80 compie lunghi viaggi in Europa, Asia (in particolare in India) e America. Inizia ad esporre nel 1985; la Fondazione Svizzera per la Fotografia nel 1987 sceglie per il libro ”Il Ticino e i suoi fotografi” un reportage eseguito in uno dei suoi viaggi in India,intitolato Rito di cremazione.
Nel 1991 la Televisione della Svizzera Italiana le dedica un filmato “ritratto di una fotografa”.
Nel 1995 vince il primo premio per la fotografia della Società ticinese di belle arti.
Il 1994 la porta a soggiornare sei mesi alla Cité Internationale des Arts di Parigi grazie alla borsa di studio conferitale dalla Visarte: nasce da quella esperienza la pubblicazione nel 1997 di Paris noir per le edizioni della rivista Pagine d’arte, Lugano-Milano.
Nel 1997 la Fondazione Galleria Gottardo di Lugano, realizza una interessante iniziativa, dando un mandato a fotografi europei di documentare il San Gottardo. Stefania Beretta realizza delle suggestive immagini dal titolo Sud-Nord. L’iniziativa, sarà poi oggetto di una mostra itinerante, accompagnata da un importante catalogo intitolato Il San Gottardo.
Nel 1998 è invitata dal Centro culturale Europos Parkas di Vilnius (Lituania) per svolgervi un lavoro personale. Nello stesso anno riceve una borsa di studio federale dalla Fondazione Gleyre (Svizzera).
Dal 1980 effettua frequenti viaggi in Europa, Asia e America; Città d’Europa, edito da CGA&P di Lugano nel 1998, raccoglie molte immagini di questi viaggi, che testimoniano questo suo modo di essere.
Nel 2000 la casa editrice trans photographic press di Parigi le pubblica il libro rooms lavoro successivamente esposto in diverse gallerie d’europa. Nel 2002 la medesima casa editrice le pubblica il libro Trop e nel 2006 pubblica il libro In Memoriam.
Dal 2001 riceve l’incarico dalla Rolex per il progetto The Rolex Mentor&Protégé Arts Initiative di seguire e documentare l’incontro di alcuni dei maggiori artisti contemporanei e giovani talenti di tutto il mondo.
Nel 2004 SRG SSR Idée Suisse realizza Photosuisse in collaborazione con la Fondazione Svizzera per la Fotografia e l’editore Lars Müller; si tratta di film-ritratto accompagnati da una importante pubblicazione di 28 fotografi svizzeri che in collaborazione con la Pro Helvetia si trasforma in una mostra itinerante.
Dai suoi frequenti viaggi in India scaturisce una piccola ma preziosa pubblicazione intitolata indiarasoterra, realizzata in occasione della esposizione alla galleria Cons Arc a Chiasso.
Nel 2005 riceve la borsa di studio dalla Fondazione Landis&Gyr di Zugo per il soggiorno di sei mesi nell’atelier di Londra.
Nel 2006 su invito della Fondazione Credito Valtellinese e dell’agenzia Grazia Neri, fotografa le cave di marmo in Sicilia e Marco Anelli (fotografo di Roma) le cave in Valtellina. Il lavoro intitolato Cave sarà poi esposto in una mostra itinerante e pubblicato in un libro.
La Fondazione Bogliasco, Centro Studi Ligure per le Arti e le Lettere, a Bogliasco (Genova) assegna a Stefania Beretta la borsa di studio per il semestre autunno-inverno 2009.
Nel 2010 su invito della Fondazione Creito Valtellinese realizzalizza delle immagini sul tema della Ferrovia Retica per una pubblicazione accompagnata da una mostra itinerante con i fotografi Francesco Cito e Margherita Spiluttini.
Nel 2011 viene invitata a esporre insieme a fotografi di fama internazionale alla mostra Eyes on Paris presso la Deichtorhallen di Amburgo.
Dal 1985 espone regolarmente in Svizzera e Europa. Sue fotografie si trovano in numerose collezioni pubbliche (ad esempio la Bibliothèque nationale di Parigi e la Fondazione svizzera per la fotografia) e private.
L’esito, non trascurabile, di questo particolare processo di impunturazione è che l’opera risulta, con tutte le implicazioni che comporta, non esclusa l’unicità dell’aura di memoria benjaminiana, un pezzo unico.
Il titolo della mostra composto di due parti prende come referente mitico di impuntura quella all’orlo delle Souliers di van Gogh, dipinto del 1886. Ma c’è dell’altro. Questo dipinto di Vincent van Gogh viene preso come esempio da Martin Heidegger nel suo saggio L'origine dell'opera d'arte. In relazione al senso con cui Heidegger intende il soggetto scarpe, sorse una vivace polemica con lo storico dell'arte e studioso dell'opera di van Gogh Meyer Schapiro
Ad una così acuta e stimolante disputa non mancò di associarsi il filosofo francese Jacques Derrida prendendo una posizione critica verso le tesi di Heidegger nel suo testo La verità in pittura, divenuto poi Restitutions de la vérité en pointure.
Questa sottile variazione derridiana del termine pittura in puntura si attaglia perfettamente alla forma di fotografia esposta, che viene impunturata a mano dalla Beretta. La presenza del filo non cessa di rinviare alle metafore della tessitura come espressioni della marginalità del lavoro femminile, facendo affiorare dal mito figure della cultura occidentale come Arianna, Aracne, Ananke, Penelope.
L’idea del Paesaggio Improbabile scaturisce per Stefania Beretta dall’incontro di due inconsci macchinici: quello dell’apparecchio fotografico e quello della macchina da cucire. Attraverso il filtro visivo dell’artista, la mediazione della macchina fotografica e di quella da cucire, attraverso i segni impunturati sulla pelle della stampa analogica, della stessa sua pelle, ferita e rimarginata, l’autrice formalizza una nuova realtà, fatta di una scrittura di sogni e incubi, di fili di perle iridescenti e di spine acuminate, di riflessioni e di emozioni provenienti dal profondo. Brighton, Seven Sisters, Dover, Bogliasco, un bosco, sono solo nomi, appunti della memoria, echi di risonanze nel vuoto, ritmate dallo scorrere del tempo, che ritornano come fantasmi, che perdono le identità del luogo d’origine per acquisire connotazioni mentali scaturite da un immaginario senza barriere geografiche o linguistiche, aperto al contrario all’interiorità del soggetto, alle fascinazioni naturali, materiche, dell’ambiente, di una terra in cui scorre una vita segreta. Stefania Beretta, dedita al viaggio in India, come sospensione temporanea della vita d’azione in Occidente per entrare in quella della meditazione in Oriente, trasmette nell’opera la dimensione intima di un rituale che diventa, nel racconto visivo, partecipazione, memoria e testimonianza. I piani verticali e orizzontali di una cattedrale dove l’immaginazione sale, scende, staziona, inventano un percorso di impunture, sinesteticamente armoniche e melodiche, che agiscono come un trait d’union tra il cielo e la terra, tra il visibile e l’invisibile.
STEFANIA BERETTA
Dall'inizio degli anni '80 compie lunghi viaggi in Europa, Asia (in particolare in India) e America. Inizia ad esporre nel 1985; la Fondazione Svizzera per la Fotografia nel 1987 sceglie per il libro ”Il Ticino e i suoi fotografi” un reportage eseguito in uno dei suoi viaggi in India,intitolato Rito di cremazione.
Nel 1991 la Televisione della Svizzera Italiana le dedica un filmato “ritratto di una fotografa”.
Nel 1995 vince il primo premio per la fotografia della Società ticinese di belle arti.
Il 1994 la porta a soggiornare sei mesi alla Cité Internationale des Arts di Parigi grazie alla borsa di studio conferitale dalla Visarte: nasce da quella esperienza la pubblicazione nel 1997 di Paris noir per le edizioni della rivista Pagine d’arte, Lugano-Milano.
Nel 1997 la Fondazione Galleria Gottardo di Lugano, realizza una interessante iniziativa, dando un mandato a fotografi europei di documentare il San Gottardo. Stefania Beretta realizza delle suggestive immagini dal titolo Sud-Nord. L’iniziativa, sarà poi oggetto di una mostra itinerante, accompagnata da un importante catalogo intitolato Il San Gottardo.
Nel 1998 è invitata dal Centro culturale Europos Parkas di Vilnius (Lituania) per svolgervi un lavoro personale. Nello stesso anno riceve una borsa di studio federale dalla Fondazione Gleyre (Svizzera).
Dal 1980 effettua frequenti viaggi in Europa, Asia e America; Città d’Europa, edito da CGA&P di Lugano nel 1998, raccoglie molte immagini di questi viaggi, che testimoniano questo suo modo di essere.
Nel 2000 la casa editrice trans photographic press di Parigi le pubblica il libro rooms lavoro successivamente esposto in diverse gallerie d’europa. Nel 2002 la medesima casa editrice le pubblica il libro Trop e nel 2006 pubblica il libro In Memoriam.
Dal 2001 riceve l’incarico dalla Rolex per il progetto The Rolex Mentor&Protégé Arts Initiative di seguire e documentare l’incontro di alcuni dei maggiori artisti contemporanei e giovani talenti di tutto il mondo.
Nel 2004 SRG SSR Idée Suisse realizza Photosuisse in collaborazione con la Fondazione Svizzera per la Fotografia e l’editore Lars Müller; si tratta di film-ritratto accompagnati da una importante pubblicazione di 28 fotografi svizzeri che in collaborazione con la Pro Helvetia si trasforma in una mostra itinerante.
Dai suoi frequenti viaggi in India scaturisce una piccola ma preziosa pubblicazione intitolata indiarasoterra, realizzata in occasione della esposizione alla galleria Cons Arc a Chiasso.
Nel 2005 riceve la borsa di studio dalla Fondazione Landis&Gyr di Zugo per il soggiorno di sei mesi nell’atelier di Londra.
Nel 2006 su invito della Fondazione Credito Valtellinese e dell’agenzia Grazia Neri, fotografa le cave di marmo in Sicilia e Marco Anelli (fotografo di Roma) le cave in Valtellina. Il lavoro intitolato Cave sarà poi esposto in una mostra itinerante e pubblicato in un libro.
La Fondazione Bogliasco, Centro Studi Ligure per le Arti e le Lettere, a Bogliasco (Genova) assegna a Stefania Beretta la borsa di studio per il semestre autunno-inverno 2009.
Nel 2010 su invito della Fondazione Creito Valtellinese realizzalizza delle immagini sul tema della Ferrovia Retica per una pubblicazione accompagnata da una mostra itinerante con i fotografi Francesco Cito e Margherita Spiluttini.
Nel 2011 viene invitata a esporre insieme a fotografi di fama internazionale alla mostra Eyes on Paris presso la Deichtorhallen di Amburgo.
Dal 1985 espone regolarmente in Svizzera e Europa. Sue fotografie si trovano in numerose collezioni pubbliche (ad esempio la Bibliothèque nationale di Parigi e la Fondazione svizzera per la fotografia) e private.
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