Triennale Live - Episodio #1. Invernomuto. Anabasis articulata
Dal 08 Dicembre 2014 al 28 Dicembre 2014
Milano
Luogo: Triennale di Milano
Indirizzo: via Alemagna 6
Orari: da martedì a domenica 10.30-20.30; giovedì 10.30 -23
Telefono per informazioni: +39 02 724341
E-Mail info: info@triennale.org
Sito ufficiale: http://www.triennale.org/it/
Triennale Live è il titolo di un progetto di ricerca dedicato agli Archivi Storici della Triennale di Milano. Interlocutori legati al mondo dell’arte e dell’architettura sono invitati a lavorare sulla collezione degli archivi e a favorire nuovi possibili percorsi di lettura, processi di collaborazione, influenze, metodi, scambi. Il progetto prevede la presentazione al pubblico di una selezione di documenti degli archivi in corrispondenza di mostre ed eventi in corso alla Triennale sotto forma di installazioni, mostre, azioni performative, lezioni e conversazioni. Il programma espositivo della Triennale è il punto di partenza per individuare un tema, un soggetto, una parola-chiave, una storia.
“L’anabasis articulata è una pianta afilla a ramoscelli carnosetti, ma eccolo in due varianti: a ramoscelli sterili e a ramoscelli fioriferi” –, disse il funzionario coloniale mostrando delle immagini ottenute in laboratorio, su fondo lattescente.
Inizia così uno dei capitoli di L’Oblio, romanzo visivo e sferzante di Alessandro Spina, pubblicato a Milano nel 2004. Il libro è non solo una fonte letteraria che ha ispirato il titolo del lavoro del duo artistico Invernomuto in Triennale, ma anche e soprattutto una possibile sceneggiatura, che restituisce la dimensione della fiction in quello che a tutti gli effetti si presenta al pubblico come un set cinematografico.
Invitato a lavorare sui documenti dell’archivio della Triennale, Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983, Simone Trabucchi, 1982) ha costruito un’installazione dal titolo esplicitamente misterioso, che fa riferimento alla flora desertica che letteralmente “risale – ana-basis” dalla costa verso l’interno e conquista il deserto. Il lavoro è risultato dalla lettura da parte degli artisti di una selezione di documenti provenienti da archivi privati e dall’archivio della Triennale di Milano (fotografie e disegni di progetti della II Biennale di Monza del 1925, della V e della VII Triennale di Milano del 1933 e 1940). Attraverso una giustapposizione di progetti, oggetti e mostre a tema queste edizioni della manifestazione avevano dato spazio all’architettura africana e in modo particolare ai temi dell’abitazione coloniale, alla relazione tra spazio domestico e natura inviolata, tra arredi musealizzati e rappresentazione del potere, tra la costruzione di un immaginario e la sua condivisione collettiva, tra seduzione ottica e perturbante monumentalità, tra ricerca dell’autentico e modernità ibrida, tra finzione e realtà. Invernomuto rilegge un insieme di disegni e fotografie dell’allestimento della Mostra dell’Attrezzatura Coloniale, l’esposizione realizzata nel 1940. Da qui prende spunto per dare forma a un ambiente poetico, letterario, carico di attesa.
Il disegno bidimensionale – e i testi del catalogo stesso – diventano infatti spazio, attraverso un’operazione di montaggio delle fonti. Gli artisti costruiscono in scala un frammento di quell’architettura, combinano questo elemento a testi e immagini tratte dall’edizione del 1925, del 1933 e con materiali e documenti privati, legati alle ricerche che da anni stanno svolgendo sul territorio Africano e in modo particolare sulla figura del Negus. L’intervento così si arricchisce di piani narrativi e d’immaginari di cui gli artisti si appropriano per staccarsi dal dato archivistico e procedere oltre.
La punteggiatura che Invernomuto utilizza per tradurre la storia in accadimento è un insieme di forme semplici: un patio, uno stendardo a bandiera – che come un bassorilievo post-moderno muove la stanza con l’effigie di una Venere Nera –, un moviton, il dispositivo ottico e acustico che combina la possibilità di proiettare delle immagini in movimento con un giradischi a 78 giri, una scultura in ceramica, liberamente ispirata alla mano di Topolino e dunque anch’essa, come il moviton un elemento di raccordo tra immaginario infantile comunicazione di massa, un intreccio quasi tessile di vegetazione desertica, - l’anabasis articulata appunto. Un libretto di scena, lasciato in consultazione al pubblico, è infine uno strumento di lettura dell’intera installazione. Il volume è il risultato di un’operazione di citazione e montaggio non lineare di brani tratti dal romanzo L’Oblio che nel libretto restituiscono i gesti e i pensieri della scena.
L’effetto che ne deriva è una messa in scena di uno spazio privato e domestico: – ci muoviamo furtivi e insieme sospesi in un tempo decantato, alla ricerca dei segni e tracce che ci permettono di leggere la vita che qui va in scena. In questo progetto gli indizi come il romanzo di Spina dunque si fondono con i documenti provenienti da archivi privati e pubblici, con le letture e le scoperte, i personaggi e le atmosfere stranianti.
Gli artisti danno forma a questa compagine di narrazioni lavorando in uno spazio espositivo di frontiera, stretto tra l’interno dell’istituzione e il giardino che la circonda.
Il risultato è una stanza sospesa nel tempo e nello spazio, è un ambiente poetico dove le forme architettoniche esercitano un’impressione sui nostri stati d’animo. La metafora dell’architettura come corpo e come personificazione è anche al centro della rielaborazione del dato archivistico in esperienza ambientale. Un crogiolo di racconti, di suoni e presenze s’intrecciano d’altra parte in un unico ambiente, sospeso tra installazione e set, tra archivio storico e passato reinventato, tra natura e architettura.
Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983; Simone Trabucchi, 1982) nasce nel 2003. L’immagine in movimento e il suono sono i mezzi di ricerca privilegiati del duo; scultura, editoria e pratiche dal vivo sono altre delle sue varianti. Tra le mostre personali: "Simone" (Padiglione d’Arte Contemporanea, Ferrara, 2011), "I-Ration" (ar/ge kunst, Bolzano, 2014), Marsèlleria (Milano, 2014) e ArtSpeak (Vancouver, 2015). Tra le partecipazioni in mostre collettive e festival: Netmage 09 (Bologna, 2009), Terre Vulnerabili (Hangar Bicocca, Milano, 2011); Milano Film Festival (2013); Così Accade (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2014); Black Star Film Festival (Philadelphia, 2014) e "Glitch. Interferenze tra arte e cinema in Italia" (PAC Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano, 2014). Nel 2013 sono stati finalisti del Premio Furla (Bologna) e hanno vinto il premio MERU ART*SCIENCE. Nel 2014 partecipano a Berlinale Talents (Berlino) e presentano "Negus — Far Eye" per la media facade di Museion (Bolzano). Invernomuto vive e lavora tra Vernasca (PC) e Milano.
“L’anabasis articulata è una pianta afilla a ramoscelli carnosetti, ma eccolo in due varianti: a ramoscelli sterili e a ramoscelli fioriferi” –, disse il funzionario coloniale mostrando delle immagini ottenute in laboratorio, su fondo lattescente.
Inizia così uno dei capitoli di L’Oblio, romanzo visivo e sferzante di Alessandro Spina, pubblicato a Milano nel 2004. Il libro è non solo una fonte letteraria che ha ispirato il titolo del lavoro del duo artistico Invernomuto in Triennale, ma anche e soprattutto una possibile sceneggiatura, che restituisce la dimensione della fiction in quello che a tutti gli effetti si presenta al pubblico come un set cinematografico.
Invitato a lavorare sui documenti dell’archivio della Triennale, Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983, Simone Trabucchi, 1982) ha costruito un’installazione dal titolo esplicitamente misterioso, che fa riferimento alla flora desertica che letteralmente “risale – ana-basis” dalla costa verso l’interno e conquista il deserto. Il lavoro è risultato dalla lettura da parte degli artisti di una selezione di documenti provenienti da archivi privati e dall’archivio della Triennale di Milano (fotografie e disegni di progetti della II Biennale di Monza del 1925, della V e della VII Triennale di Milano del 1933 e 1940). Attraverso una giustapposizione di progetti, oggetti e mostre a tema queste edizioni della manifestazione avevano dato spazio all’architettura africana e in modo particolare ai temi dell’abitazione coloniale, alla relazione tra spazio domestico e natura inviolata, tra arredi musealizzati e rappresentazione del potere, tra la costruzione di un immaginario e la sua condivisione collettiva, tra seduzione ottica e perturbante monumentalità, tra ricerca dell’autentico e modernità ibrida, tra finzione e realtà. Invernomuto rilegge un insieme di disegni e fotografie dell’allestimento della Mostra dell’Attrezzatura Coloniale, l’esposizione realizzata nel 1940. Da qui prende spunto per dare forma a un ambiente poetico, letterario, carico di attesa.
Il disegno bidimensionale – e i testi del catalogo stesso – diventano infatti spazio, attraverso un’operazione di montaggio delle fonti. Gli artisti costruiscono in scala un frammento di quell’architettura, combinano questo elemento a testi e immagini tratte dall’edizione del 1925, del 1933 e con materiali e documenti privati, legati alle ricerche che da anni stanno svolgendo sul territorio Africano e in modo particolare sulla figura del Negus. L’intervento così si arricchisce di piani narrativi e d’immaginari di cui gli artisti si appropriano per staccarsi dal dato archivistico e procedere oltre.
La punteggiatura che Invernomuto utilizza per tradurre la storia in accadimento è un insieme di forme semplici: un patio, uno stendardo a bandiera – che come un bassorilievo post-moderno muove la stanza con l’effigie di una Venere Nera –, un moviton, il dispositivo ottico e acustico che combina la possibilità di proiettare delle immagini in movimento con un giradischi a 78 giri, una scultura in ceramica, liberamente ispirata alla mano di Topolino e dunque anch’essa, come il moviton un elemento di raccordo tra immaginario infantile comunicazione di massa, un intreccio quasi tessile di vegetazione desertica, - l’anabasis articulata appunto. Un libretto di scena, lasciato in consultazione al pubblico, è infine uno strumento di lettura dell’intera installazione. Il volume è il risultato di un’operazione di citazione e montaggio non lineare di brani tratti dal romanzo L’Oblio che nel libretto restituiscono i gesti e i pensieri della scena.
L’effetto che ne deriva è una messa in scena di uno spazio privato e domestico: – ci muoviamo furtivi e insieme sospesi in un tempo decantato, alla ricerca dei segni e tracce che ci permettono di leggere la vita che qui va in scena. In questo progetto gli indizi come il romanzo di Spina dunque si fondono con i documenti provenienti da archivi privati e pubblici, con le letture e le scoperte, i personaggi e le atmosfere stranianti.
Gli artisti danno forma a questa compagine di narrazioni lavorando in uno spazio espositivo di frontiera, stretto tra l’interno dell’istituzione e il giardino che la circonda.
Il risultato è una stanza sospesa nel tempo e nello spazio, è un ambiente poetico dove le forme architettoniche esercitano un’impressione sui nostri stati d’animo. La metafora dell’architettura come corpo e come personificazione è anche al centro della rielaborazione del dato archivistico in esperienza ambientale. Un crogiolo di racconti, di suoni e presenze s’intrecciano d’altra parte in un unico ambiente, sospeso tra installazione e set, tra archivio storico e passato reinventato, tra natura e architettura.
Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983; Simone Trabucchi, 1982) nasce nel 2003. L’immagine in movimento e il suono sono i mezzi di ricerca privilegiati del duo; scultura, editoria e pratiche dal vivo sono altre delle sue varianti. Tra le mostre personali: "Simone" (Padiglione d’Arte Contemporanea, Ferrara, 2011), "I-Ration" (ar/ge kunst, Bolzano, 2014), Marsèlleria (Milano, 2014) e ArtSpeak (Vancouver, 2015). Tra le partecipazioni in mostre collettive e festival: Netmage 09 (Bologna, 2009), Terre Vulnerabili (Hangar Bicocca, Milano, 2011); Milano Film Festival (2013); Così Accade (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2014); Black Star Film Festival (Philadelphia, 2014) e "Glitch. Interferenze tra arte e cinema in Italia" (PAC Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano, 2014). Nel 2013 sono stati finalisti del Premio Furla (Bologna) e hanno vinto il premio MERU ART*SCIENCE. Nel 2014 partecipano a Berlinale Talents (Berlino) e presentano "Negus — Far Eye" per la media facade di Museion (Bolzano). Invernomuto vive e lavora tra Vernasca (PC) e Milano.
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