Veronese e Padova. L'artista, la committenza e la sua fortuna
Dal 07 Settembre 2014 al 11 Gennaio 2015
Padova
Luogo: Musei Civici agli Eremitani
Indirizzo: piazza Eremitani 8
Orari: da martedì a domenica 9-19
Costo del biglietto: intero € 10; ridotto € 8 / € 6, scuole € 5; gratuito per bambini fino a cinque anni, possessori biglietto intero Cappella degli Scrovegni, Padovacard, Cartafamiglia, Musei Tutto l’anno
Telefono per informazioni: +39 049 8204508
E-Mail info: musei@comune.padova.it
Sito ufficiale: http://padovacultura.padovanet.it
Dal 7 settembre 2014 all'11 gennaio 2015 negli spazi per esposizioni temporanee della sede dei Musei Civici di Piazza Eremitani si terrà la mostra "Veronese e Padova", un interessante percorso che sottolineerà l'apporto dell'arte del grande pittore e il suo seguito a Padova. Paolo Veronese dovette avere rapporti con Padova dalla fine degli anni quaranta e, se si accetta la precoce datazione del Martirio di Santa Giustina dalla Galleria abbaziale di Santa Giustina, il rapporto del pittore con la città si strinse vieppiù negli anni cinquanta. Nel 1562 eseguì per Praglia la Gloria d’angeli e, poco dopo, il Martirio dei Santi Primo e Feliciano. Per i benedettini di Santa Giustina dipinse una Crocifissione, unica sua opera nota su pietra nera, per i cappuccini l’Ultima Cena destinata al refettorio. Verso il 1575 a San Francesco era stata collocata l’Ascensione, la cui parte inferiore venne pochi decenni dopo rubata e reintegrata con il gruppo degli apostoli dipinto nel 1625 da Pietro Damini. Per la prima volta dopo 400 anni in mostra si potrà vedere al suo fianco il gruppo degli Undici Apostoli ora alla Galleria di Praga. Nel 1575 a Santa Giustina veniva collocata la pala raffigurante il martirio della Santa. E’ l’opera più impegnativa di Paolo per la nostra città. La sua tela più tarda in mostra è una Maddalena, rimasta allo stato di abbozzo, databile verso il 1582, interessante per comprendere il suo metodo di lavoro. Lo stile del maestro aveva avuto successo, come dimostrano le opere in città dei figli Carletto e Gabriele, operosi a Santa Giustina con il fratello Bendetto che spesso con loro collaborò. Dagli anni cinquanta si data la presenza di un altro maestro veronese, Giovan Battista Zelotti, la cui preferenza per i colori chiari e i personaggi rappresentati in vesti sontuose in scene complesse, lo impose alla medesima committenza che si era già rivolta al Caliari. Non fu attivo solo per gli ordini religiosi, i benedettini e la chiesa della Misericordia, ma lasciò affreschi a villa Roberti a Brugine, al Castello del Catajo e, a Padova, a Palazzo Nani Mocenigo. Dario Varotari, a Padova dagli anni sessanta, tradusse le opere del Caliari in una dimensione più domestica e provinciale sia nella ritrattistica che nei dipinti civili e religiosi, a Praglia, dove lavorò anche con il fiammingo Pozzoserrato, alla Scuola della Carità e alla Villa Capodilista a Montecchia. Lavorò fino alla morte nel 1596; al veronesismo iniziale sovrappose elementi desunti da Tiziano, Tintoretto e dai Bassano. La continuità della tradizione locale con Veronese è rappresentata da Giovan Battista Bissoni, alunno del Varotari, ma la personalità che più caratterizzò i primi decenni del secolo a Padova fu Pietro Damini, che scelse Veronese per creare un nuovo stile adeguato alla Controriforma. Le copie da Paolo cominciarono già all’interno della bottega, quale forma di diffusione delle sue idee. Opere dei collaboratori, rifinite dal maestro, potevano talora essere collocate come originali presso gli acquirenti. I copisti si concentrano su alcuni dei capolavori più celebrati, dal ciclo di San Sebastiano a quello di Maser; il loro lavoro permette talora di conoscere il primitivo aspetto degli originali che, a volte, avevano subito rilevanti mutamenti in seguito. Il Caliari fu la personalità guida per quanti nel Veneto, dal settimo decennio del Seicento, impostarono un nuovo linguaggio basato sulle sue strutture coloristiche e formali.. Girolamo Pellegrini è il punto d’incontro della tradizione romana con l’arte veneta e, lavorando a Maser ebbe modo di confrontarsi direttamente con Paolo, del quale propose briose riletture. Fra i tanti operosi in questo senso si registra il veronese Francesco Perezzoli e, a Padova, l’attività del fiammingo Valentin Lèfevre. Quest’ultimo riprese nelle sue pitture religiose le celebri cene veronesiane, diffondendole poi in scala ridotta nelle collezioni. Realizzò numerose stampe da dipinti di Paolo, inserendosi in una tradizione di documentazione e divulgazione attraverso la grafica che non poco contribuì alla fortuna del maestro. Il revival di Veronese tradotto in teatralità barocca, avviato da Giovanni Antonio Fumiani sul finire del secolo, fu ripreso da Sebastiano Ricci in tal modo da farne il comune denominatore del rococò europeo. La mostra, oltre a presentare un nutrito numero di stampe tratte dalle collezioni dei Musei Civici, si lega a itinerari in città e nel territorio, al fine di documentare le principali presenze di Paolo Veronese, dei suoi seguaci e continuatori: Santa Giustina, Praglia, Villa Roberti di Brugine, il castello del Catajo saranno tra i luoghi interessati. - See more at: http://padovacultura.padovanet.it/it/musei/veronese-e-padova#sthash.vYmMuXRj.dpuf
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