Nativitas a Bonocore. Arte presepiale in Sicilia e mostra multimediale sul Patrimonio culturale immateriale
Dal 14 Dicembre 2015 al 31 Gennaio 2016
Palermo
Luogo: Palazzo Bonocore
Indirizzo: piazza Pretoria
Orari: da lunedi a venerdi 10-13,30 / 14,30-17,30
Costo del biglietto: 4 € intero, 3 € ridotto. 5 € con visita guidata su prenotazione
Sito ufficiale: http://www.palazzobonocore.it
Un viaggio nel tempo attraverso alcuni tra i più originali esempi di arte presepiale di Sicilia: dalle natività in corallo di scuola trapanese ai presepi in materiali poveri, corde, cime e nodi marinari, ma anche tessuti, cera, ceramica e terracotta. Arte antica spesso tramandata da generazioni di famiglie di artigiani che per la prima volta si ritrovano riuniti in un unico spazio: Palazzo Bonocore, nuovo museo della cultura immateriale siciliana appena aperto a Palermo, realizzato nell’ambito del progetto omonimo, ideato e diretto da Lucio Tambuzzo, per I WORLD, finanziato dal PO FESR Linea di Intervento 312 A.
Si inaugura sabato 12 dicembre alle 19 Nativitas a Bonocore. Arte presepiale in Sicilia e mostra multimediale sul Patrimonio culturale immateriale, esposizione unica nel suo genere che avvicina esempi dell’arte artigiana siciliana sui presepi, a Le Oasi dell’Identità, installazioni multimediali normalmente presenti nel museo, ovvero 1000 foto di Melo Minnella che si sfogliano in chiave di video arte su enormi video wall.
Da lunedì 14 dicembre e per tutto il mese di gennaio, sarà poi visitabile da lunedi a venerdi dalle 10 alle 13,30 e dalle 14,30 alle 17,30, salvo speciali aperture che saranno comunicate sulla pagina facebook “Palazzo Bonocore – Le Oasi delle Identità” e sul sito internet “www.palazzobonocore.it”.
Un vero e proprio viaggio, a cura di Doresita Marino e Maria Stella Di Trapani, con la supervisione di Lucio Tambuzzo, che prende le mosse dai preziosissimi presepi in corallo di Platimiro Fiorenza, l’ultimo dei corallari di Trapani, “tesoro umano vivente” iscritto al Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia (REIS); e prosegue con i paesaggi e figure semoventi in legno, tufo, tela e colla di Giacomo Randazzo(iscritto nel Libro delle Espressioni del REIS), i personaggi in argilla e stoffa minuziosamente curati da Angela Tripi, i bambinelli in ceroplastica di Italo Giannola, la collezione ottocentesca di presepi di Antonino Indovina, raccolta da Michele Lo Presti, i presepi in corde marinare e gomene di Agostino Prestigiacomo, fino ad arrivare alle reinterpretazioni contemporanee dell’arte del presepe di Adriano Ferrante con i suoi angeli in stucco finemente raffigurati in un’ottica contemporanea. Accanto ai presepi sono esposti abiti d’epoca della preziosa collezione di Raffaello Piraino, tra cui un abito da mattino del 1840, appartenuto proprio ai Bonocore. “Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l'asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”. Così Tommaso da Celano nella Legenda secunda descrive la Natività rappresentata a Greccio da San Francesco nel 1223. Da allora i presepi hanno sempre attraversato prepotentemente l’arte di ogni tempo e, a partire dal ‘600 proprio in Sicilia, si assiste alla fioritura di un’abbondante produzione presepiale che irrompe nell’universo delle arti decorative. Su questa scia si muove Nativitas a Bonocore che vuole fornire un continuum tra passato e presente, valorizzando le varietà tipologiche proprie delle diverse scuole presepi ali, tutte considerate a livello artistico e non soltanto come espressione artigianale. Saperi e tecniche originali vengono qui applicate al corallo, alle sculture miste al legno tela e colla, agli argenti sbalzati, alla corda, alla ceroplastica e allo stucco, e ancora alla cartapesta e tessuti, tutti materiali sapientemente lavorati da artisti contemporanei. Sette artisti, custodi di tecniche e pratiche dell’artigianato o, come ricorda il Vasari, delle “arti congeneri” più comunemente definite arti decorative: tutti contribuiscono a conservare la memoria di un esemplare patrimonio presepiale come quello siciliano. Palazzo Bonocore diventa cosi una sorta di “nuova Greccio” dove tradizione e contemporaneità, materiale e immateriale, spazio e tempo si intrecciano.
Inaugurazione: sabato 12 dicembre alle 19 su invito.
Dalle 20,30 alle 22 ingresso gratuito.
Platimiro Fiorenza
Presepi in corallo Trapanese, classe ’44, il piccolo Platimiro si forma nella bottega del padre Pasquale Fiorenza, artigiano orafo e corallaio, da cui apprende la lavorazione di pietre e materiali preziosi, oro, argento e corallo. E proprio per quest’ultimo scatterà un vero innamoramento che lo porterà ad affinarne la lavorazione, sperimentando anche altri campi, pittura, scultura e poesia, anche sotto la guida a Milano di Giò Pomodoro. Ma è Trapani l’ humus ideale in cui Fiorenza trova la sua migliore espressione artistica legata ai grandi maestri corallai trapanesi del XVI-XVII secolo. Riconosciuto, stimato e apprezzato per l’eccellenza della sua tradizione, il mastro corallaro è stato celebrato più volte, più recentemente nelle mostre “I grandi capolavori del corallo” alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania e al Museo Pepoli di Trapani (2013). Impegnato su diversi fronti, Fiorenza collabora con famosi antiquari di Palermo, Roma, Firenze, Londra e New York e contribuisce a importanti restauri per le principali chiese trapanesi, per il più importante gruppo scultoreo dei Misteri. Una sua acquasantiera in oro, corallo e pietre preziose e una Madonna state eseguite per Sua Santità Giovanni Paolo II e sono esposte ai Musei Vaticani, a Roma.
Straordinario è il suo presepe in corallo e argento protagonista, nel 1994 e nel 2001, nella mostra dei “Cento Presepi” di Roma: qui il corallo si fa materia plasmabile nelle dettagliate architetture di sfondo di stampo classico (ma anche nei mulini a vento delle Saline), nella minuzia espressiva di Maria, Giuseppe e il Bambin Gesù, di pastori e zampognari.
“Tesoro umano vivente”, è iscritto al Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia (REIS).
Adriano Ferrante
Angeli in stucco
Adriano Ferrante, palermitano, classe ’86, recupera l’arte antica degli stuccatori di scuola serpottiana. I suoi angeli sono molto naturalistici, si distinguono dalla scuola storica solo per il loro utilizzo: se gli angeli serpottiani erano spettatori muti degli oratori, quelli di Ferrante sono protagonisti giocosi, ingenui, paffuti che sdrammatizzano ciò che può esservi stato di doloroso nel viaggio che ha condotto attraverso il sacrificio di Cristo alla salvezza dell’uomo. Spensierati puttini, trovano un proprio ruolo centrale nella poetica dell’artista. Sono attori, soggetti nella scena. Teneri, paffuti, ingenuamente consapevoli, sembrano giocare interpretando a loro modo gli episodi evangelici dei Misteri. È un mondo che si rinnova, che esce dalle tenebre e gioisce del magnifico Creato.
Italo Giannola
Bambinelli e presepi in ceroplastica
laureato e professore di Chimica farmaceutica, Italo Giannola si è sempre mosso tra scienza e arte, da oltre 30 anni si occupa di ceroplastica. Il suo bagaglio scientifico, lo studio analitico-strumentale, la ricerca e la passione per il recupero di antichi manufatti in cera gli hanno consentito di risalire alle antiche tecniche di manipolazione e lavorazione della cera d’api. Materiale duttile per le sue proprietà organiche, la cera si offre perfettamente per la sua ricca riproduzione di “Bambinelli” nei presepi. Giannola, col suo intenso desiderio di non cancellare il passato, fa rivivere da artigiano, l’antica rappresentazione popolare di un’arte poco conosciuta ma che affonda le sue radici nel mondo greco e romano fino alle natività francesi del XVI secolo e siciliane del XVII. Mirabile maestria anatomica, raffinatezza e squisita fattura caratterizzano i delicati lineamenti, dei “Bambinelli” ora in adorazione ora dolcemente addormentati, rivestiti da monili in corallo, simbolo della venuta di Gesù Cristo.
Suo anche il gruppo di presepi in cera, inseriti sotto campane di vetro per consentire una visione completa. Queste natività nascono su una scenografia rupestre secondo la tradizionale composizione ericina, che fa da sfondo ai diversi personaggi, alla Sacra Famiglia dall’espressione dolcissima, con gli occhi neri e la carnagione delicata e rosea dei protagonisti, esaltati dalla cera plasmata in quel soffice candore che si addice ad una Natività. Si discosta dai modelli iconografici tradizionali, e dal resto del gruppo dei presepi colorati, il presepe in cera bianca, tra palme, una capanna e soffici nuvole.
Antonino Indovina
Presepi ottocenteschi – collezione di Michele Lo Presti
Nato a Termini Imerese nel 1836, Antonino Indovina soleva definirsi “capo maestro costruttore” ma anche “dilettante in plastica, pittura e musica”. Pur essendo perito urbano e imprenditore, fin dai 12 anni si dedicò alla creazione di figure presepiali, per natività allestite ogni anno nelle chiese di termini Imerese e, durante alcuni soggiorni di inizio ‘900, negli Stati Uniti. Ciascuna statuina era realizzata modellando, con impasto di gesso e colla, un manichino in fil di ferro che veniva poi rivestito da abiti in stoffa di cotone bianca (madapolam) bagnata nella colla per rendere stabile il drappeggio. Legno, tela, verga, sughero e corda erano utilizzati per definire i particolari, gli accessori e gli utensili, fino alla meticolosa colorazione delle parti scoperte del corpo, delle vesti e dei finimenti. Nella produzione di Indovina rientrano anche statue a grandezza naturale che componevano i gruppi scultorei della Deposizione, la Rappresentazione delle Anime del Purgatorio, la Disputa con i dottori nel Tempio, i carri trionfali della Resurrezione e dell’Immacolata. Le statuine esposte provengono dalla collezione di Michele Lo Presti, che ha sposato la pronipote dell’artista. Mirabile e minuzioso nei particolari, nell’espressione e nel senso del movimento, è il gruppo della Vergine che pone il Bambino nelle mani di uno dei Re Magi, che sembra stia per inchinarsi in segno di rispetto e commozione; da notare, lo scarto tra la semplicità delle vesti di Maria, prive di decoro ma leggere, e quelle del Re, finemente riprodotte in ogni ornamento, dalla gorgiera – ampio colletto a forma di corolla fittamente increspato, tipico dell’abbigliamento nobiliare dal XVI al XVIII secolo – alle bordure in oro delle vesti e del lungo manto, sorretto da un paggio che reca anche un prezioso calice con i doni. Ogni personaggio è reso con estremo realismo: il vaccaro afferra con foga il bovino per le corna, una donna traina la carretta del paralitico, il pescatore sta per gettare in acqua la canna da pesca, il contadino, lasciati da parte bastone, sacca e cesta ricolma dei frutti già raccolti, è intento a gustare un fichidindia. E ancora, la figura della donna è colta in diverse sfaccettature: dalla vivace espressione della madre impegnata a rammendare la veste del figlioletto steso sulle sue gambe, alla donna con un canestro di frutta che stringe per mano il figlio dall’espressione contrariata, sino alla mamma straziata dal dolore che, caduta per terra, cerca di non farsi portar via il proprio bimbo, nella scena della Strage degli Innocenti. Infine le figure del pellegrino inginocchiato, dell’orante e del viandante, il tipico personaggio del dormiente e l’angelo del “Gloria” dalle ali spiegate.
Agostino Prestigiacomo
Presepi in corde marinare
Agostino Prestigiacomo nato a Palermo nel 1930, oggi vive nella borgata palermitana di Vergine Maria, di fronte al mare, ed è un abile artista delle opere in corda. Ex operaio dei Cantieri navali, è stato imbarcato a lungo e ha “armato” la nave goletta Palinuro della Marina Militare. Durante la sua lunga carriera, Prestigiacomo sperimenta in diversi settori come la pittura e la poesia ma è soprattutto nell’abile maestria di creare opere d’arte attraverso la corda che trova consensi nel mondo dell’artigianato. Riesce a creare barche in miniatura e presepi lavorati con la piombatura, tecnica possibile grazie ad un lungo e paziente lavoro di intreccio eseguito con la corda di Manila, abitualmente utilizzata per cime, gomene e funi per le navi, o per la fabbricazione di reti da pesca. Vincitore di diversi premi di pittura, ha partecipato a diverse mostre di presepi, tra le quali la "Via Crucis - Opere in corda piombata", e “I Presepi dei cinque continenti” all’ Orto Botanico di Palermo.
Giacomo Randazzo
Presepi semoventi in legno, tufo, tela e colla
Giacomo Randazzo è sempre rimasto legato alla sua Cinisi. La sua passione per il presepe nasce nel 1955 quando il padre realizzò, lavorando diversi mesi, il primo presepe semovente e miniaturizzato di Cinisi. Il giovane Giacomo si mette alla prova, e dà vita al suo primo personaggio in movimento, un fabbro che batte col martello il ferro sull'incudine, mentre il garzone aziona il mantice per ravvivare il fuoco nella forgia. Seguirà un mulino dove la macina gira su un ripiano e scorre un fiotto di farina. Il mulino è azionato da una ruota a pale mossa dall'acqua corrente del fiume che scorre adiacente all'edificio. Ma il movimento più bello e sofisticato a cui l’artista riesce a dar vita, è un forno dove una coppia di panettieri è intenta a infornare il pane. Lei pone una forma di pane sulla pala e lui la depone nel forno. La pala esce vuota dal forno e lei torna a riporvi un altro pane. Sotto il pavimento un meccanismo tipo orologio regola questo perfetto sincronismo.
Sin dal suo primo presepe, Randazzo ha tentato di ricostruire in miniatura un paesino che va scomparendo, riproducendo tutto in scala, ogni cosa in scala dieci volte più piccola, utilizzando però materiali reali, persino le casette sono in muratura, fatte con pietre, tufo e calce. Il primo presepe vede la luce nel Natale 1988. Ogni personaggio è realizzato in un solo braccio di sette centimetri con cinque snodi dal polso alla spalla, più altri per far piegare la schiena e le gambe. Nascono il ciabattino, la filatrice, il ricottaro, i pigiatori d'uva e il vasaio, i carrettieri in transito in cui la ruota, per le asperità del manto stradale, ogni tanto rallentava e sobbalzava insieme a tutto il carro perchè non aveva le sospensioni, come una volta.
E’ iscritto al Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia (REIS
Angela Tripi
Presepi in terracotta e stoffa
Palermitana, Angela Tripi nasce da una famiglia di artigiani rilegatori, e sviluppa la sua passione per la tradizione del presepe durante l’infanzia, anche se si dedica all’attività soltanto dopo aver scoperto casualmente una Sacra Famiglia di Giovanni Antonio Matera, del XVII secolo, custodita all’interno di una caratteristica campana di vetro. Al posto del legno di tiglio intagliato e della tela in lino bagnata, adoperati dallo scultore, la Tripi decide di utilizzare la terracotta e la stoffa per reinterpretare la tradizione in maniera originale. Così inaugura la prima bottega a metà anni ’70 nelle stalle di Palazzo Castrone di Santa Ninfa – ove è ancora il laboratorio – dedicandosi prima alla creazione dei personaggi caratteristici tradizionali della Sicilia, poi alle composizioni presepiali. Ciascuna statuina viene plasmata manualmente, essiccata, cotta a 940°, dipinta e rivestita con stoffe e guarnizioni. La sua produzione – caratterizzata da vivace realismo, spiccata espressività e costante attenzione ai dettagli – è conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo: negli anni l’artista ha esposto in Germania, Spagna, Francia, Stati Uniti e Giappone.
Per Nativitas a Bonocore, Angela Tripi ha scelto di esporre una Natività dentro una campana di vetro ed un presepe molto grande composto da pochi essenziali elementi.
La prima si richiama in modo diretto alla Sacra Famiglia del Matera: un gruppo formato da Maria, Giuseppe e Gesù, completato dalla presenza di un angelo. Mentre la Vergine assorta pone il suo sguardo sul Bambino, creando un’intesa spirituale accentuata dalla corrispondenza gestuale – entrambi i personaggi aprono le braccia, per Maria un segno di adorazione, per Gesù la prefigurazione della Croce –, Giuseppe e l’angelo si rivolgono allo spettatore: quest’ultimo sembra inviti ad avvicinarsi per rendere omaggio al Redentore, che quasi indica con il braccio teso; l’umile e mite falegname di Nazareth, invece, tende il braccio verso l’alto e sembra congiungersi idealmente con la creatura celeste a cui sembra rispondere. Nel grande presepe, la Sacra Famiglia, con il bue e l’asinello, è arricchita dalla presenza di un pastore, che offre le sue pecore al Bambino, e di uno dei Re Magi dall’aspetto esotico, con le scarpe a punta e una purpurea veste regale, riccamente decorata con inserti in oro, di cui sembra volersi spogliare per offrirla al Redentore in segno di sottomissione. Il corno eburneo con l’incenso, lo avvicina a Baldassarre, re degli indiani.
Raffaello Piraneo
Abiti ottocenteschi
Raffaello Piraino inizia a raccogliere abiti e accessori appartenuti all’aristocrazia e alla borghesia siciliana, quando riceve l’incarico di realizzare scene e costumi dell’opera buffa di Poulenc Les mameles de Tirésias nel 1977 al Teatro Massimo. Oggi la sua collezione si compone di oltre 3.000 oggetti – realizzati tra il 1700 ed il 1960 – fra abiti, corpini, douillettes, paletots, manteaux, robes volants, accessori, pizzi, tessuti, scarpe, bastoni da passeggio, cappelli, ventagli e biancheria intima; è arricchita da stampe e riviste ma anche da capi d’abbigliamento popolare, uniformi civili e militari, abiti etnici e paramenti sacri nonché interi corredi nuziali. La maggior parte dei reperti proviene da antiche famiglie siciliane; la fattura, invece, si deve spesso a rinomate sartorie italiane, la fiorentina “La Ville de Lyon”, la torinese Serafina Barberis, la napoletana “Angelici & Figli”, o a celebri couturier parigini, come Poiret, Fortuny, Worth junior e Doucet.
In occasione della mostra Nativitas a Bonocore, Piraneo ha selezionato alcuni pregiati capi riconducibili al Palazzo direttamente o in relazione ai suoi periodi di maggior splendore: protagonista assoluto è un abito da mattino in rasatello di seta pura stampata a fiori di crisantemo, del 1840, che appartenne alla famiglia Bonocore. Esposte anche marsine della fine del XVIII secolo e un elegante abito da cerimonia appartenuto alla famiglia catanese Mascatello, in raso di seta damascato rosa e merletto meccanico ecrù, 1880 ca.
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