VIAGGI A ORIENTE. Fotografia, disegno, racconto
Dal 15 Ottobre 2023 al 10 Marzo 2024
Parma
Luogo: APE Parma Museo
Indirizzo: Str. Luigi Carlo Farini 32/a
Orari: dal martedì alla domenica 10.30 - 17.30
Curatori: Arturo Carlo Quintavalle
Prolungata: fino al 10 marzo 2024
Telefono per informazioni: +39 0521 203413
E-Mail info: info@apeparmamuseo.it
Sito ufficiale: http://www.apeparmamuseo.it
Oltre trecento opere in mostra, cominciando da Vivant Denon e dalla Description de l’Egypte, la grande impresa di documentazione voluta da Napoleone sulla terra dei faraoni e pubblicata fra il 1809 e il 1829 (edizione Panckoucke) in Francia. A seguire, le splendide litografie di David Roberts, i primi dagherrotipi di Girault de Prangey realizzati attorno al 1841 e, ancora, le fotografie di Maxime Du Camp, compagno di Gustave Flaubert nel viaggio in Oriente (1849-1851). Vengono quindi le immagini di decine di atelier di grandissimi fotografi, ampiamente documentati, da James Robertson a Francis Frith, da Antonio Beato ai Bonfils, a Indiveri, a Pascal Sébah, ad Hippolyte Arnoux, a Luigi Fiorillo, agli Zangaki per chiudere alla fine del secolo con le foto dell’American Colony.
Dell’Occidente conosciamo un viaggio a Oriente, quello del Grand Tour, che riscopre l’antichità greca e romana considerate all’origine della nostra civiltà. Questa mostra racconta di un altro viaggio, quello nell’Oriente Medio, di fatto il territorio dell’Impero Ottomano che andava dalla Grecia alla Turchia e dalla Grande Siria all’Egitto. Il viaggio che si propone non è un tour di formazione alle radici della civiltà occidentale ma un percorso diverso, un affondo nel mito, nel racconto che si è delineato soprattutto in Francia quando, fra il 1704 e il 1717, Edmond Galland pubblica a Parigi la traduzione de Les mille & une nuit, contes arabes, favorendo così la costruzione di un mondo di sultani e odalische, di moschee e di suk.
L’Oriente di cui si racconta è anche metafora di una terra perduta dal tempo delle crociate ed è soprattutto il luogo dove si sovrappongono tre pellegrinaggi: quello al muro del pianto degli ebrei, quello alla tomba di Gesù dei cristiani, quello alla cupola sulla roccia dei maomettani. Ma l’Oriente Medio è anche il luogo dello scontro fra due imperi: uno progettato e non compiuto, quello francese, che vede nel 1801 la sconfitta di Napoleone che aveva invaso l’Egitto nel 1798, l’altro quello inglese che, dopo la vittoria sui francesi, si impadronirà dell’Egitto e di altri territori realizzando un’altra espansione ad oriente, verso l’India, dopo l’apertura del canale di Suez della quale si espongono diverse significative immagini. Per consolidare questa importante strada verso oriente, l’Inghilterra nel 1882, come documenta l’importante album esposto, conquisterà l’Egitto. È in questo contesto politico che vanno lette le oltre trecento immagini della mostra, molte delle quali narrano anche le vicende di decine di atelier fotografici da Atene a Costantinopoli, da Gerusalemme a Damasco, da Alessandria d’Egitto a Suez. Si tratta di un racconto per immagini poco conosciute in Italia, molto di più in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, qui documentato attraverso le importanti collezioni dello CSAC dell’Università degli Studi di Parma e, ancora, attraverso quelle della Biblioteca Palatina di Parma che possiede ben due copie della Description voluta da Napoleone.
Specialmente in Francia, il racconto letterario rivela la cornice narrativa entro la quale interpretare le scelte dei disegnatori e dei fotografi. E mentre le Lettres Persanes di Montesquieu (1721) e il Candide di Voltaire (1759) illustrano la violenza, anche sessuale, di un oriente mitizzato, René de Chateaubriand col suo Itinéraire de Paris à Jérusalem et de Jérusalem à Paris (1811) confronta le tre religioni monoteiste per dimostrare la superiorità di quella cristiana. Victor Hugo nel 1829 pubblica le poesie Les orientales ed esalta l’indipendenza della Grecia dall’impero ottomano mentre nel romanzo Notre Dame de Paris (1831) è protagonista identitaria della nazione francese proprio l’enorme, misteriosa cattedrale gotica. Attorno alla metà del secolo, Théophile Gautier e Gérard de Nerval spostano l’attenzione sui misteri del mondo egizio. Da ultimo Pierre Loti, nel 1879, pubblica Aziyadé un romanzo ancora nel segno de Le mille e una notte, la storia dell’amore di un occidentale, lo stesso Loti, per una donna araba segregata in un harem.
Così anche per queste suggestioni letterarie la città araba è quasi sempre soltanto uno sfondo dove i fotografi scoprono le figure tipiche, cammellieri, contadini, pescatori, falegnami, ma anche supposti personaggi-guida, sultani, vizir, odalische. Inoltre, le fotografie, la cui complessità tecnica di ripresa impone la presenza di un’attrezzatura imponente e di difficile trasporto, sono anche uno strumento per documentare il progresso della ricerca archeologica e magari le scoperte e i restauri, come a Baalbek, alle piramidi di Giza e alla Sfinge, ad Abu Simbel, al Santo Sepolcro. E sempre le fotografie raccontano un’altra storia, quella del collezionismo delle varie nazioni, dalla Francia all’Inghilterra, dalla Germania all’Italia che si impadroniscono dei pezzi più preziosi, portando in Occidente sculture, faraoni e obelischi, colossi dei templi ma anche centinaia di sarcofagi dipinti con dentro le mummie e il loro arredo funebre.
La mostra intende quindi descrivere il formarsi di un sistema narrativo che può essere interpretato nel segno del Roland Barthes de “I miti d’oggi”. Come si formano le strutture narrative di questo Oriente inventato dall’Occidente, quali sono i suoi simboli, i suoi luoghi canonici, il suo pubblico.
Alla fine del racconto per immagini, attraverso le foto dell’American Colony, si assiste a una nuova trasformazione. Le grandi macchine da ripresa su lastra degli atelier fotografici, che venivano trasportate faticosamente nel deserto per riprese dei monumenti che duravano anche ore per ogni scatto, diventano obsolete e sono sostituite progressivamente dalle foto standard dell’American Colony, mentre nuove macchine fotografiche di piccolo formato permettono ai turisti di scattarsi una foto davanti a ogni monumento.
Allo scadere del secolo XIX, saranno i Viaggi Cook a segnare la fine, del grandioso racconto che l’Occidente ha imposto all’Oriente, un racconto al quale si uniformeranno non solo i fotografi francesi e inglesi ma anche quelli arabi. Sulla civiltà islamica, ridotta ad uno sfondo, l’Occidente racconta la propria storia. Alla mostra si accompagna il volume di Arturo Carlo Quintavalle “Viaggi a Oriente”, catalogo delle opere di Claudia Cavatorta e Paolo Barbaro, Milano, Skira.
Collaborazione grafica di Alberto Nodolini e Michelangelo Nodolini.
La mostra è realizzata da Fondazione Monteparma con il patrocinio del Comune di Parma.
Si ringraziano per gli importanti prestiti concessi CSAC - Università degli Studi di Parma e Biblioteca Palatina - Complesso Monumentale della Pilotta di Parma.
Dell’Occidente conosciamo un viaggio a Oriente, quello del Grand Tour, che riscopre l’antichità greca e romana considerate all’origine della nostra civiltà. Questa mostra racconta di un altro viaggio, quello nell’Oriente Medio, di fatto il territorio dell’Impero Ottomano che andava dalla Grecia alla Turchia e dalla Grande Siria all’Egitto. Il viaggio che si propone non è un tour di formazione alle radici della civiltà occidentale ma un percorso diverso, un affondo nel mito, nel racconto che si è delineato soprattutto in Francia quando, fra il 1704 e il 1717, Edmond Galland pubblica a Parigi la traduzione de Les mille & une nuit, contes arabes, favorendo così la costruzione di un mondo di sultani e odalische, di moschee e di suk.
L’Oriente di cui si racconta è anche metafora di una terra perduta dal tempo delle crociate ed è soprattutto il luogo dove si sovrappongono tre pellegrinaggi: quello al muro del pianto degli ebrei, quello alla tomba di Gesù dei cristiani, quello alla cupola sulla roccia dei maomettani. Ma l’Oriente Medio è anche il luogo dello scontro fra due imperi: uno progettato e non compiuto, quello francese, che vede nel 1801 la sconfitta di Napoleone che aveva invaso l’Egitto nel 1798, l’altro quello inglese che, dopo la vittoria sui francesi, si impadronirà dell’Egitto e di altri territori realizzando un’altra espansione ad oriente, verso l’India, dopo l’apertura del canale di Suez della quale si espongono diverse significative immagini. Per consolidare questa importante strada verso oriente, l’Inghilterra nel 1882, come documenta l’importante album esposto, conquisterà l’Egitto. È in questo contesto politico che vanno lette le oltre trecento immagini della mostra, molte delle quali narrano anche le vicende di decine di atelier fotografici da Atene a Costantinopoli, da Gerusalemme a Damasco, da Alessandria d’Egitto a Suez. Si tratta di un racconto per immagini poco conosciute in Italia, molto di più in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, qui documentato attraverso le importanti collezioni dello CSAC dell’Università degli Studi di Parma e, ancora, attraverso quelle della Biblioteca Palatina di Parma che possiede ben due copie della Description voluta da Napoleone.
Specialmente in Francia, il racconto letterario rivela la cornice narrativa entro la quale interpretare le scelte dei disegnatori e dei fotografi. E mentre le Lettres Persanes di Montesquieu (1721) e il Candide di Voltaire (1759) illustrano la violenza, anche sessuale, di un oriente mitizzato, René de Chateaubriand col suo Itinéraire de Paris à Jérusalem et de Jérusalem à Paris (1811) confronta le tre religioni monoteiste per dimostrare la superiorità di quella cristiana. Victor Hugo nel 1829 pubblica le poesie Les orientales ed esalta l’indipendenza della Grecia dall’impero ottomano mentre nel romanzo Notre Dame de Paris (1831) è protagonista identitaria della nazione francese proprio l’enorme, misteriosa cattedrale gotica. Attorno alla metà del secolo, Théophile Gautier e Gérard de Nerval spostano l’attenzione sui misteri del mondo egizio. Da ultimo Pierre Loti, nel 1879, pubblica Aziyadé un romanzo ancora nel segno de Le mille e una notte, la storia dell’amore di un occidentale, lo stesso Loti, per una donna araba segregata in un harem.
Così anche per queste suggestioni letterarie la città araba è quasi sempre soltanto uno sfondo dove i fotografi scoprono le figure tipiche, cammellieri, contadini, pescatori, falegnami, ma anche supposti personaggi-guida, sultani, vizir, odalische. Inoltre, le fotografie, la cui complessità tecnica di ripresa impone la presenza di un’attrezzatura imponente e di difficile trasporto, sono anche uno strumento per documentare il progresso della ricerca archeologica e magari le scoperte e i restauri, come a Baalbek, alle piramidi di Giza e alla Sfinge, ad Abu Simbel, al Santo Sepolcro. E sempre le fotografie raccontano un’altra storia, quella del collezionismo delle varie nazioni, dalla Francia all’Inghilterra, dalla Germania all’Italia che si impadroniscono dei pezzi più preziosi, portando in Occidente sculture, faraoni e obelischi, colossi dei templi ma anche centinaia di sarcofagi dipinti con dentro le mummie e il loro arredo funebre.
La mostra intende quindi descrivere il formarsi di un sistema narrativo che può essere interpretato nel segno del Roland Barthes de “I miti d’oggi”. Come si formano le strutture narrative di questo Oriente inventato dall’Occidente, quali sono i suoi simboli, i suoi luoghi canonici, il suo pubblico.
Alla fine del racconto per immagini, attraverso le foto dell’American Colony, si assiste a una nuova trasformazione. Le grandi macchine da ripresa su lastra degli atelier fotografici, che venivano trasportate faticosamente nel deserto per riprese dei monumenti che duravano anche ore per ogni scatto, diventano obsolete e sono sostituite progressivamente dalle foto standard dell’American Colony, mentre nuove macchine fotografiche di piccolo formato permettono ai turisti di scattarsi una foto davanti a ogni monumento.
Allo scadere del secolo XIX, saranno i Viaggi Cook a segnare la fine, del grandioso racconto che l’Occidente ha imposto all’Oriente, un racconto al quale si uniformeranno non solo i fotografi francesi e inglesi ma anche quelli arabi. Sulla civiltà islamica, ridotta ad uno sfondo, l’Occidente racconta la propria storia. Alla mostra si accompagna il volume di Arturo Carlo Quintavalle “Viaggi a Oriente”, catalogo delle opere di Claudia Cavatorta e Paolo Barbaro, Milano, Skira.
Collaborazione grafica di Alberto Nodolini e Michelangelo Nodolini.
La mostra è realizzata da Fondazione Monteparma con il patrocinio del Comune di Parma.
Si ringraziano per gli importanti prestiti concessi CSAC - Università degli Studi di Parma e Biblioteca Palatina - Complesso Monumentale della Pilotta di Parma.
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