Nicola Samorì. La candela per far luce deve consumarsi
Dal 07 Luglio 2017 al 01 Ottobre 2017
Pesaro | Pesaro e Urbino
Luogo: Centro Arti Visive Pescheria
Indirizzo: corso XI Settembre 184
Orari: tutti i giorni h 16.30 - 19.30; lunedì chiuso
Enti promotori:
- Comune di Pesaro - Assessorato alla Bellezza
- Sistema Museo
- In collaborazione con Galleria Monitor Roma
Telefono per informazioni: +39 0721 387541
E-Mail info: pesaro@sistemamuseo.it
Sito ufficiale: http://www.pesaromusei.it
Ogni anno, l’estate pesarese vede protagonista il Centro Arti Visive Pescheria con un ‘grande’ evento nel segno dell’arte contemporanea, vocazione che questo luogo della cultura cittadina ha scelto nel 1996 fino a diventarne il polo più importante per la regione adriatica.
Il 2017 è la volta della mostra di Nicola Samorì - La candela per far luce deve consumarsi - a cura di Marcello Smarrelli, promossa dall’Assessorato alla Bellezza del Comune di Pesaro con Sistema Museo. Il titolo fa riferimento a un pensiero attribuito a San Carlo Borromeo che con la sua vita ha incarnato l’idea di una luminosa consunzione, concetto che riverbera con forza da ogni opera esposta. L'artista romagnolo si è lasciato guidare dalle suggestioni del luogo per dare vita a un progetto in cui l’antica Pescheria e l’attigua chiesa del Suffragio si riappropriano della loro natura originale attraverso un dialogo inedito: quello tra le opere dell’artista e le immagini ‘sacre’ delle ricchissime collezioni dei Musei Civici di Palazzo Mosca. E proprio dai Musei Civici arriva l’indizio di partenza che ha guidato il lavoro di Samorì nello sviluppo di questo nuovo corpo di lavori per Pesaro.
Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene distrutta l’ala destra di Palazzo Mosca e scompaiono una ventina di opere fra cui Cristo e un manigoldo del bolognese Giuseppe Maria Crespi. Il dipinto riappare durante i lavori di sgombero delle macerie: la superficie sfregiata ha restituito un occhio illeso circondato da ampie lacune; un ritorno involontario del metallo, otticamente simile a gran parte degli olii su rame di Samorì che nella sua poetica è solito ispezionare il rovescio della pittura attraverso una spoliazione accurata della pellicola dipinta.
Partendo da questa immagine compromessa, la mostra innesca una confusione continua fra l’azione del tempo sulle opere delle raccolte civiche, di cui l’artista ha scelto di esporre una personale selezione – in parte proveniente dai depositi e in attesa di restauro – e i segni che scuotono in modo programmatico i dipinti e le sculture di Samorì.
Al volume della Pescheria Samorì imprime due semplici traiettorie: una orizzontale e l’altra verticale, corrispondenti al mare e agli alberi. Cinque sculture lignee antropomorfe, alte oltre tre metri, corrono parallele al colonnato in pietra e
disegnano una teoria verticale contrapposta all’orizzonte simulato da una raccolta di antiche marine pesaresi allineate a parete.
È come se l’ascesa filiforme dei corpi fosse il risultato della lenta pulitura operata delle acque; un lavacro che ritorna nell’enorme spazio comunicante con la Pescheria: la chiesa del Suffragio, edificio a pianta dodecagonale destinato al culto, dove ci si raccoglieva per raccomandare a Dio le anime del Purgatorio, muto di preghiere dal 1888. Ripensata come una ‘vasca dei martiri’, in questa aula si agitano i santi, si aprono i sepolcri e si custodiscono i corpi, in un arrangiamento di pose che prevede i dipinti di Samorì - uno dei quali si appropria dell’imponente cornice seicentesca di manifattura napoletana proveniente dalle collezioni civiche - insieme al Crespi e a un Cristo deposto di Nicola Zafuri. Al centro una scultura di cinque metri che, come un cero immenso, polarizza i movimenti della pittura.
Nel suo complesso, l’intervento nei due spazi - ripensati per il contemporaneo - rivela come le immagini sacre possano ‘rinascere’ e acquisire senso in una destinazione museale, più di quanto non accada nei luoghi devozionali.
Nel dialogo con le raccolte civiche che accompagna il percorso espositivo Samorì affronta inoltre un tema trasversale a tutte le epoche artistiche, quello del rapporto tra natura e artificio: ne è un ulteriore rimando la scelta di allestire una scultura dell’artista in marmo bianco di Carrara nella sala Bellini di Palazzo Mosca, di fronte a un capolavoro assoluto del Rinascimento, l’Incoronazione della Vergine di Giovanni Bellini.
L’artista
Nato a Forlì nel 1977, Nicola Samorì vive a Bagnacavallo (Ra). Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna dove si è diplomato nel 2004. Fra le prime esposizioni si segnalano: Dei Miti Memorie alla Central TAFE Gallery di Perth (2003); Sine die al Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina (2007); Arte Italiana 1968-2007. Pittura a Palazzo Reale, Milano; Not so private. With my tongue in my cheek a Villa delle Rose di Bologna (2008). Nel 2010 affiorano le prime scorticature della superficie pittorica: il rovescio della forma si espone in tutta la sua freschezza e brutalità come pelle strappata; processo chiaramente leggibile nella mostra Imaginifragus alla Christian Ehrentraut Gallery di Berlino (2011). Il biennio di lavoro 2010/2012 è confluito nella prima mostra museale all’estero, dal titolo Fegefeuer, ospitata dalla Kunsthalle di Tubingen (settembre-dicembre 2012). Del gennaio 2013 è Die Verwinding, personale alla Galleria Emilio Mazzoli di Modena; in quest’occasione ‘l’artista ha finito per castigare ciò che aveva composto, giungendo così all’inevitabile e irrinunciabile assassinio della pittura.’ (Alberto Zanchetta). Nel 2014 si sono succedute mostre personali e collettive allo Schauwerk di Sindelfingen, al MAC di Lissone, alla Kunsthalle di Kiel e negli interrati palladiani di Palazzo Chiricati a Vicenza. Nel 2015 l’artista è stato selezionato per rappresentare l’Italia alla 56. edizione della Biennale di Venezia. Nello stesso anno ha partecipato a Gare du Nord presso il Teatro Anatomico di Amsterdam, a Gare du Sud nel Teatro Anatomico dell’Archiginnasio di Bologna; il TRAFO Centre for Contemporary Art di Szczecin gli invece ha dedicato una vasta personale. Nel 2016, dopo il primo progetto personale alla Galleria Monitor di Roma, la Galerie EIGEN+ART ha presentato un solo show nella sua sede di Lipsia cui ha fatto seguito la partecipazione alla 16a Quadriennale di Roma. Nell’aprile 2017 ha partecipato alla mostra Art in Art presso il MOCAK di Kraków.
La sede: il Centro Arti Visive Pescheria
Nato nel 1996 come istituzione comunale con la missione di promuovere mostre di arte contemporanea e design, in venti anni di attività il Centro Arti Visive Pescheria ha ospitato mostre di protagonisti della scena nazionale e internazionale come Enzo Cucchi, Giuseppe Penone, Tony Cragg, Mimmo Paladino, Eliseo Mattiacci, Jannis Kounellis. Particolare attenzione è sempre stata rivolta alla fotografia - con personali di Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Candida Hofer e Gabriele Basilico - oltre che alla promozione degli artisti italiani emergenti. Il Centro ‘occupa’ i locali dell’antico mercato del pesce (la costruzione dell’edificio risale al triennio 1821-'23 su progetto dell'ingegner Pompeo Mancini) e della secentesca chiesa del Suffragio, uno spettacolare e suggestivo ambiente a pianta dodecagonale adiacente alla Pescheria. Coinvolto da un restauro nel 2016, il Centro Arti Visive Pescheria è pronto ad accogliere esposizioni d’arte ma anche eventi come concerti, incontri e spettacoli di teatro e danza, confermandosi nel suo ruolo di ‘osservatorio’ puntato sulla produzione contemporanea, trasversale a discipline diverse.
Inaugurazione venerdì 7 luglio ore 19
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