Oceani, ultima frontiera
Dal 21 Maggio 2022 al 04 Settembre 2022
Pisa
Luogo: Palazzo Blu
Indirizzo: Lungarno Gambacorti 9
Orari: Lunedì-venerdì: 10:00-19:00. Sabato, domenica e festivi: 10:00-20:00
Telefono per informazioni: +39 050 916 950
E-Mail info: info@palazzoblu.it
Sito ufficiale: http://www.palazzoblu.it
Gli oceani ricoprono oltre il 70 per cento della superficie terrestre. Tanto che una delle più famose fotografie della Terra dallo spazio, scattata nel 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17, l’ultima missione del programma lunare della NASA, è stata soprannominata The Blue Marble, «la biglia blu». È così che appare il nostro pianeta. Se non bastasse, a ulteriore testimonianza dell’importanza di queste immense distese d’acqua, secondo una delle teorie più accreditate la vita è nata negli oceani.
Eppure, degli oceani conosciamo ancora poco. Li abbiamo solcati in lungo e in largo, nell’epoca della navigazione, ma le loro profondità ci nascondono ancora molti segreti. Praticamente, grazie allo sviluppo di tecnologie sofisticate per le immersioni subacquee e alla fotografia, abbiamo cominciato a studiarli e a scoprirli soltanto a metà del XX secolo.
Oceani, ultima frontiera è una mostra fotografica dedicata all’esplorazione dei mari, dai pionieri come Jacques-Yves Cousteau e Sylvia Earle, storica explorer di National Geographic e tra le prime donne a dedicarsi all’oceanografia, fino alle imprese più moderne, come il ritrovamento del Titanic.
Incontreremo le specie più affascinanti degli abissi, dai giganteschi mammiferi marini ai predatori più feroci, ma anche tappeti di alghe dove i pesci vanno a riprodursi e a nutrirsi, e le distese colorate delle barriere coralline. Con una sezione speciale dedicata agli abitanti del nostro mare, il Mediterraneo.
Da qualche decennio a questa parte, tuttavia, anche gli oceani stanno soffrendo per l’impatto delle attività umane. Alcune sale sono dedicate a tre dei principali problemi degli oceani. Il cambiamento climatico: il riscaldamento delle acque e il cambiamento dell’acidità stanno creando problemi alla fauna marina. Spostamenti di specie tropicali verso quelle che prima erano latitudini temperate, anche in Mediterraneo, proliferazioni algali di proporzioni enormi, come accade alla regione dei sargassi, sbiancamento di grandi superfici della barriera corallina, dalle Maldive all’Australia.
Overfishing: negli ultimi decenni la pesca ha messo in pericolo alcune delle specie più importanti degli ecosistemi marini, come per esempio il tonno rosso. E ha fatto registrare una diminuzione anche del 75 per cento delle popolazioni ittiche.
Infine la plastica, l’ultima minaccia: gettiamo uno sguardo ai grandi garbage patch, le chiazze di plastica che si trovano a quasi tutte le latitudini, ma anche i pericoli per la fauna, dalle tartarughe agli uccelli marini.
Non mancano però i messaggi positivi, che vengono anche dalle immagini satellitari, che oggi ci permettono di tenere sotto controllo la salute degli oceani come non abbiamo mai fatto prima.
E infine c’è il progetto Pristine Seas di National Geographic, che sta dando un contributo decisivo al monitoraggio delle aree più incontaminate del pianeta, stimolando i governi a proteggerle e contribuendo concretamente con le sue missioni alla campagna 30X30, che mira a proteggere il 30 per cento della superficie degli oceani entro il 2030.
A integrare la mostra Oceani, ultima frontiera, i visitatori troveranno sparsi qua e là nelle sale alcuni oggetti di uso quotidiano ormai consunti. Sono i reperti della mostra Archeoplastica, prodotti acquistati e usati a partire dagli anni sessanta del secolo scorso e raccolti sulle spiagge italiane dopo cinquant’anni o più. Archeoplastica è un’iniziativa che mira a sensibilizzare le persone a un uso consapevole della plastica.
Oceani, ultima frontiera è una mostra fotografica dedicata all’esplorazione dei mari, dai pionieri come Jacques-Yves Cousteau e Sylvia Earle, storica explorer di National Geographic e tra le prime donne a dedicarsi all’oceanografia, fino alle imprese più moderne, come il ritrovamento del Titanic.
Incontreremo le specie più affascinanti degli abissi, dai giganteschi mammiferi marini ai predatori più feroci, ma anche tappeti di alghe dove i pesci vanno a riprodursi e a nutrirsi, e le distese colorate delle barriere coralline. Con una sezione speciale dedicata agli abitanti del nostro mare, il Mediterraneo.
Da qualche decennio a questa parte, tuttavia, anche gli oceani stanno soffrendo per l’impatto delle attività umane. Alcune sale sono dedicate a tre dei principali problemi degli oceani. Il cambiamento climatico: il riscaldamento delle acque e il cambiamento dell’acidità stanno creando problemi alla fauna marina. Spostamenti di specie tropicali verso quelle che prima erano latitudini temperate, anche in Mediterraneo, proliferazioni algali di proporzioni enormi, come accade alla regione dei sargassi, sbiancamento di grandi superfici della barriera corallina, dalle Maldive all’Australia.
Overfishing: negli ultimi decenni la pesca ha messo in pericolo alcune delle specie più importanti degli ecosistemi marini, come per esempio il tonno rosso. E ha fatto registrare una diminuzione anche del 75 per cento delle popolazioni ittiche.
Infine la plastica, l’ultima minaccia: gettiamo uno sguardo ai grandi garbage patch, le chiazze di plastica che si trovano a quasi tutte le latitudini, ma anche i pericoli per la fauna, dalle tartarughe agli uccelli marini.
Non mancano però i messaggi positivi, che vengono anche dalle immagini satellitari, che oggi ci permettono di tenere sotto controllo la salute degli oceani come non abbiamo mai fatto prima.
E infine c’è il progetto Pristine Seas di National Geographic, che sta dando un contributo decisivo al monitoraggio delle aree più incontaminate del pianeta, stimolando i governi a proteggerle e contribuendo concretamente con le sue missioni alla campagna 30X30, che mira a proteggere il 30 per cento della superficie degli oceani entro il 2030.
A integrare la mostra Oceani, ultima frontiera, i visitatori troveranno sparsi qua e là nelle sale alcuni oggetti di uso quotidiano ormai consunti. Sono i reperti della mostra Archeoplastica, prodotti acquistati e usati a partire dagli anni sessanta del secolo scorso e raccolti sulle spiagge italiane dopo cinquant’anni o più. Archeoplastica è un’iniziativa che mira a sensibilizzare le persone a un uso consapevole della plastica.
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