Andrea Abati. I luoghi del mutamento
Dal 10 Novembre 2014 al 08 Dicembre 2014
Pistoia
Luogo: Palazzo di Giano
Indirizzo: piazza Duomo
Orari: dal 10 al 16 novembre 10-13 / 15-18; dal 17 novembre al 7 dicembre ven, sab e dom 10-13 / 15-18; 8 dicembre 10-13 / 15-18
Curatori: Vittoria Ciolini
Enti promotori:
- Fondazione architetti e ingegneri inarcassa
- Comune di Pistoia
- Università degli Studi di Firenze-Dipartimento di Architettura
- Regione Toscana
- CNAPPC
- INU
- Federazione Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Toscani
- Provincia di Pistoia
- CICOP NET
- AIAP
- Consiglio Nazionale Ingegneri
Telefono per informazioni: +39 0574 603186
E-Mail info: info@dryphoto.it
Sito ufficiale: http://https://www.comune.pistoia.it
I Luoghi del Mutamento è il titolo di uno dei lavori di Andrea Abati e al contempo è anche il titolo di questa mostra, che è l'evento espositivo che accompagna Comunicare la trasformazione, tre giornate organizzate dall'Ordine degli Architetti della Provincia di Pistoia che prevedono incontri seminariali e workshop sperimentali in multisessione e affrontano le questioni della trasformazione urbana e territoriale ponendo l'accento sull'importanza di registrare la processualità trasformativa, nonché sul ruolo determinante degli strumenti e dei metodi comunicativi della stessa.
I Luoghi del Mutamento è il progetto di maggiore complessità di Andrea Abati e anche il più noto. Iniziato nel 1988, e tutt'ora in corso, ben riassume l'evoluzione del suo percorso artistico. Per questo è stato scelto anche come titolo della mostra che racchiude opere appunto dal 1988 ad oggi e ripercorre tutto l'iter del lavoro di Abati.
Il nucleo iniziale della serie I Luoghi del Mutamento è formato da immagini di grande formato dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale. In questo lavoro Abati ha scelto come luogo di indagine Prato, la sua città natale, nella quale l’intrusione dell’industria nel contesto cittadino è forte e evidente.
Abati ha fotografato la demolizione e ricostruzione di edifici industriali di Prato, dandone una visione lucida, serena e apocalittica, quasi rovine di guerra, creando immagini dai colori stridenti, che fanno emergere i contrasti dei volumi. “Abati applica… il disagio del colore, dalle acidità virate in toni ansimanti e perplessi.”, afferma il critico d’arte Flaminio Gualdoni, sono infatti proprio i colori a caratterizzare I Luoghi del Mutamento.
La rapidità che la società contemporanea impone alla produzione e al ritmo del lavoro fa sì che la realtà industriale sia uno specchio fedele dei cambiamenti in atto. Gli stabilimenti, colti nella dimensione di cantieri aperti o di architetture allo stato di abbandono, acquistano in tal senso una valenza particolare, sono espressione di uno stato nel quale passato, presente e futuro si intrecciano e velocemente si danno il passo.
L’avvicendarsi delle genti, il tessuto sociale di una realtà sempre più globalizzata e multiculturale, sono un altro dei punti nodali della ricerca artistica di Abati che si esprime sia con lavori su commissione, Orizzonti (1995) Gruppo Giovani Industriali di Prato e Verso la città che cambia, (1998) Assessorato alla cultura del Comune di Prato, sia con lavori di ricerca.
A I Luoghi del Mutamento appartiene anche una serie di immagini, volta a individuare i cambiamenti in atto nel tessuto sociale. In Viaggi di Emigranti (1995) viene chiesto ad un numero di migranti, appartenenti alle comunità straniere più numerose di Prato, di portare una fotografia che li rappresenti. Ogni fotografia è composta unitamente ad una frase, estrapolata dalla conversazione intrattenuta con ciascuno di essi, tutte insieme formano una sorta di ritratto collettivo dei nuovi migranti.
Ancora frutto dell’attenzione di Abati verso i temi sociali sono Identificazioni multiple: cartoline da Prato (2004), una serie di cartoline che, invece dei soliti luoghi monumentali, ritraggono una parte della città dove l'arrivo consistente di nuovi cittadini di origine cinese ha prodotto cambiamenti evidenti e Prato China Guide (2005) del gruppo Renshi.org, del quale ha fatto parte, che oltre ad indirizzi e descrizioni di negozi, ristoranti e servizi gestiti dalla comunità cinese, accoglie microstorie di giovani nuovi cittadini e contributi di gruppi di artisti a livello internazionale.
Nel suo percorso artistico, Abati ha talvolta scelto di privilegiare l’innesco di riflessioni e l’attivazione di processi creativi nella sfera pubblica piuttosto che la produzione materiale dell’opera come nel 2006 quando attiva nella zona di Prato denominata Macrolottozero un laboratorio permanente sul rapporto fra pratiche artistiche e contesto urbano, un punto di partenza per disegnare una mappa della città dei molti: SenzaDimoraFissa si costituisce come gruppo di artisti e interviene con pratiche di ascolto, relazionali, conviviali, compie operazioni di osservazione e interpretazione interagendo con l’ambiente investigato e con i suoi abitanti.
Nel 2008 riprende una riflessione iniziata nel 1982, ma mentre allora analizzava gli aspetti culturali ed economici del fotoromanzo, ora si interessa principalmente alle capacità espressive del mezzo sfruttandone tutte le sue caratteristiche tradizionali sia nei contenuti che nell'immagine. La Prole del Drago (2012) è una sceneggiatura apparentemente semplice che parla di una storia d'amore a lieto fine, dove inserisce temi attuali come la crisi economica, l’incertezza del lavoro e del futuro, la paura del razzismo, la diffidenza verso l'altro.
Negli anni, rivolgendosi a pubblici diversi e non necessariamente al mondo dell’arte, ha utilizzato la fotografia come strumento di analisi e riflessione sulla città e le sue contraddizioni, con un’attenzione particolare alle dinamiche sociali e agli ultimi.
Andrea Abati nasce a Prato nel 1952, dove vive e lavora. Inizia a fotografare alla fine degli anni Settanta inserendosi in quel movimento, definito anche “scuola italiana di paesaggio”, che ha caratterizzato la fotografia in Italia negli anni Ottanta e Novanta. Punto di partenza del suo lavoro sono l’analisi del paesaggio contemporaneo e delle sue trasformazioni e le riflessioni sulla meccanicità del mezzo fotografico, strumento privilegiato di indagine e svelamento dei rapporti fra il sé e il mondo.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia, Francia, Austria, Belgio, Germania, USA, Canada.
I Luoghi del Mutamento è il progetto di maggiore complessità di Andrea Abati e anche il più noto. Iniziato nel 1988, e tutt'ora in corso, ben riassume l'evoluzione del suo percorso artistico. Per questo è stato scelto anche come titolo della mostra che racchiude opere appunto dal 1988 ad oggi e ripercorre tutto l'iter del lavoro di Abati.
Il nucleo iniziale della serie I Luoghi del Mutamento è formato da immagini di grande formato dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale. In questo lavoro Abati ha scelto come luogo di indagine Prato, la sua città natale, nella quale l’intrusione dell’industria nel contesto cittadino è forte e evidente.
Abati ha fotografato la demolizione e ricostruzione di edifici industriali di Prato, dandone una visione lucida, serena e apocalittica, quasi rovine di guerra, creando immagini dai colori stridenti, che fanno emergere i contrasti dei volumi. “Abati applica… il disagio del colore, dalle acidità virate in toni ansimanti e perplessi.”, afferma il critico d’arte Flaminio Gualdoni, sono infatti proprio i colori a caratterizzare I Luoghi del Mutamento.
La rapidità che la società contemporanea impone alla produzione e al ritmo del lavoro fa sì che la realtà industriale sia uno specchio fedele dei cambiamenti in atto. Gli stabilimenti, colti nella dimensione di cantieri aperti o di architetture allo stato di abbandono, acquistano in tal senso una valenza particolare, sono espressione di uno stato nel quale passato, presente e futuro si intrecciano e velocemente si danno il passo.
L’avvicendarsi delle genti, il tessuto sociale di una realtà sempre più globalizzata e multiculturale, sono un altro dei punti nodali della ricerca artistica di Abati che si esprime sia con lavori su commissione, Orizzonti (1995) Gruppo Giovani Industriali di Prato e Verso la città che cambia, (1998) Assessorato alla cultura del Comune di Prato, sia con lavori di ricerca.
A I Luoghi del Mutamento appartiene anche una serie di immagini, volta a individuare i cambiamenti in atto nel tessuto sociale. In Viaggi di Emigranti (1995) viene chiesto ad un numero di migranti, appartenenti alle comunità straniere più numerose di Prato, di portare una fotografia che li rappresenti. Ogni fotografia è composta unitamente ad una frase, estrapolata dalla conversazione intrattenuta con ciascuno di essi, tutte insieme formano una sorta di ritratto collettivo dei nuovi migranti.
Ancora frutto dell’attenzione di Abati verso i temi sociali sono Identificazioni multiple: cartoline da Prato (2004), una serie di cartoline che, invece dei soliti luoghi monumentali, ritraggono una parte della città dove l'arrivo consistente di nuovi cittadini di origine cinese ha prodotto cambiamenti evidenti e Prato China Guide (2005) del gruppo Renshi.org, del quale ha fatto parte, che oltre ad indirizzi e descrizioni di negozi, ristoranti e servizi gestiti dalla comunità cinese, accoglie microstorie di giovani nuovi cittadini e contributi di gruppi di artisti a livello internazionale.
Nel suo percorso artistico, Abati ha talvolta scelto di privilegiare l’innesco di riflessioni e l’attivazione di processi creativi nella sfera pubblica piuttosto che la produzione materiale dell’opera come nel 2006 quando attiva nella zona di Prato denominata Macrolottozero un laboratorio permanente sul rapporto fra pratiche artistiche e contesto urbano, un punto di partenza per disegnare una mappa della città dei molti: SenzaDimoraFissa si costituisce come gruppo di artisti e interviene con pratiche di ascolto, relazionali, conviviali, compie operazioni di osservazione e interpretazione interagendo con l’ambiente investigato e con i suoi abitanti.
Nel 2008 riprende una riflessione iniziata nel 1982, ma mentre allora analizzava gli aspetti culturali ed economici del fotoromanzo, ora si interessa principalmente alle capacità espressive del mezzo sfruttandone tutte le sue caratteristiche tradizionali sia nei contenuti che nell'immagine. La Prole del Drago (2012) è una sceneggiatura apparentemente semplice che parla di una storia d'amore a lieto fine, dove inserisce temi attuali come la crisi economica, l’incertezza del lavoro e del futuro, la paura del razzismo, la diffidenza verso l'altro.
Negli anni, rivolgendosi a pubblici diversi e non necessariamente al mondo dell’arte, ha utilizzato la fotografia come strumento di analisi e riflessione sulla città e le sue contraddizioni, con un’attenzione particolare alle dinamiche sociali e agli ultimi.
Andrea Abati nasce a Prato nel 1952, dove vive e lavora. Inizia a fotografare alla fine degli anni Settanta inserendosi in quel movimento, definito anche “scuola italiana di paesaggio”, che ha caratterizzato la fotografia in Italia negli anni Ottanta e Novanta. Punto di partenza del suo lavoro sono l’analisi del paesaggio contemporaneo e delle sue trasformazioni e le riflessioni sulla meccanicità del mezzo fotografico, strumento privilegiato di indagine e svelamento dei rapporti fra il sé e il mondo.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia, Francia, Austria, Belgio, Germania, USA, Canada.
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