La grafica di Cafiero Tuti (1907-1958): da Strapaese al dopoguerra
Dal 19 Ottobre 2024 al 08 Novembre 2024
Ravenna
Luogo: Biblioteca Classense
Indirizzo: Via Alfredo Baccarini 3
Orari: da martedì a venerdì 15.30-18.30, sabato 10-13 / 15-18.30, lunedì e festivi chiuso
Curatori: Flaminio Gualdoni e Francesco Mele
Costo del biglietto: Ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0544 482112
E-Mail info: informazioni@classense.ra.it
Dal 22 ottobre al 8 novembre 2024 la Biblioteca Classense di Ravenna (via Alfredo Baccarini 3) nella Sala Manica Lunga ospita La grafica di Cafiero Tuti (1907-1958): da Strapaese al dopoguerra, a cura di Flaminio Gualdoni e Francesco Mele.
La mostra, che si avvale del patrocinio dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna, della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e realizzata in collaborazione con l'Istituzione Biblioteca Classense, rappresenta un’occasione preziosa per riscoprire l’opera del maestro empolese a partire dalla sua produzione grafica, considerata il fil rouge che collega, all’interno della sua storia artistica, esperienze assai diversificate, frutto di una pratica costante e orgogliosamente legata ad un linguaggio diretto ed essenziale.
Nato nel clima artistico legato a Strapaese, dedicatosi a forme più apertamente celebrative nell’ambito della produzione musiva, con la mostra personale di incisioni alla Galleria Sandri di Venezia nel 1949 Tuti riannoda i fili di un discorso intrapreso nell’immediato dopoguerra intorno a una figurazione pacata, sostanziata di accenti lirici, che lo accompagnerà fino agli ultimi anni di vita.
La mostra raccoglie circa 40 opere grafiche realizzate tra il 1930 e il 1955: incisioni, disegni, acquerelli, che hanno per soggetto la figura e il paesaggio, e che registrano l’evolversi del linguaggio segnico dell’artista e della sua maturazione.
Il percorso dell’autore attraversa i principali movimenti artistici del Novecento, non abbandonando mai, tuttavia, il proprio legame fecondo con la provincia. Non è un caso che la mostra si svolga proprio a Ravenna, dove Tuti si trasferì a partire dagli anni ’30 e dove si affermò come apprezzato docente di decorazione e direttore della Scuola di Mosaico all’Accademia per oltre un ventennio (1932-1958).
La realizzazione di questa rassegna costituisce una nuova tappa nel percorso di riscoperta e di rivalutazione dell’artista, fortemente voluto dal nipote, Luca Baruzzi, e intrapreso da qualche anno grazie all’egida di Francesco Mele, che a lungo si è occupato dello studio della ricca produzione dell’autore svolgendo un accurato lavoro di conservazione e ricostruzione bio-bibliografica. La mostra è inoltre accompagnata dal volume Cafiero Tuti (1907-1958). Catalogo di opere, edito da Danilo Montanari Editore, con un saggio di Flaminio Gualdoni e testi critici dello stesso Mele. Il catalogo è un utile compendio per comprendere e inquadrare appieno la parabola di Tuti nel Novecento, un secolo denso di fondamentali accadimenti, sia storici che artistici, e raccoglierà una selezione rappresentativa di opere (alcune di quelle in mostra e altre che comprendono dipinti a olio, disegni, acquerelli e incisioni).
Cafiero Tuti nasce a Empoli il 17 marzo del 1907. È figlio di Dante Tuti, rinomato maestro vetraio, e di Raimonda Masoni. Nel 1923 si iscrive all’Istituto d’arte di Firenze frequentando per tre anni la sezione di pittura decorativa murale diretta da Giuseppe Lunardi. Dopo il corso biennale di Magistero, nel 1928 ottiene nello stesso istituto l’abilitazione all’insegnamento.
Durante il periodo di formazione il giovane viene a contatto con l’ambiente artistico fiorentino, ricco di stimoli e di nuove visioni. Stringe amicizia, tra i tanti, con artisti come Ardengo Soffici, Ottone Rosai e Mino Maccari.
E proprio grazie a Maccari inizia a collaborare con la rivista Il Selvaggio pubblicando nel 1928 quattro xilografie che introducono al grande pubblico. Dello stesso anno è anche la partecipazione a una mostra di rilievo, la “Prima Mostra Circondariale d’Arte di Empoli”, che lo porta ad esporre alcuni dipinti e opere grafiche che attirano l’attenzione della critica.
Dopo avere insegnato disegno ornato e professionale alla Scuola d’arte del legno di Cascina (Pisa), nel 1932 ottiene un nuovo incarico per l’insegnamento di disegno ornato alla Scuola Professionale per l’Alabastro di Volterra. Nello stesso anno ottiene la cattedra di decorazione vincendo il concorso indetto dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dove gli viene affidata la direzione artistica della Scuola del Mosaico. Sotto la guida di Cafiero Tuti si formano alcuni tra i più importanti artisti musivi ravennati della prima generazione, tra i quali Renato Signorini, Ines Morigi Berti e Walter Focaccia.
Con la vittoria nel 1932 del premio bianco e nero alla “Mostra Interprovinciale d’Arte di Rimini” Tuti si conferma apprezzato dal contesto romagnolo e anche in questo caso la critica gli attesta un importante riconoscimento. Alcune di queste incisioni vanno ad arricchire le pagine delle riviste Il Rubicone e L’Universale e tre vengono presentate alla “Prima Mostra dell’incisione italiana moderna” di Firenze, raccogliendo il plauso della critica.
Nel 1934, su invito del critico Giovanni Scheiwiller, prende parte all’esposizione di “bianco e nero” tenutasi al Kunstverein di San Gallo. Alla mostra, poi riallestita a Berna, partecipano artisti come Carrà, Manzù, Morandi, Rosai e Soffici.
Dopo aver esposto in mostre realizzate tra Ravenna ed Empoli, la Quadriennale di Roma del 1935 e soprattutto la Triennale di Milano del 1936 si presentano come nuove occasioni di affermazione. In quest’ultima, il Ministero della Guerra acquista il grande mosaico L’Italia armata realizzato dai mosaicisti ravennati su cartone del maestro. Partecipa anche alla XX edizione della Biennale di Venezia con l’affresco Le opere assistenziali capolavoro della sua produzione nell’ambito della pittura.
Nello stesso anno, in seguito alla partecipazione alla “V Mostra Interprovinciale d’Arte di Bologna”, il Sindacato fascista dell’Emilia-Romagna acquista una sua natura morta realizzata in mosaico, mentre nel 1937 realizza un ritratto di Vittorio Emanuele III su commissione del Ministro degli Esteri.
Nel 1938 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia esponendo l’affresco Le ricerche, giudicato positivamente. Continuano in questi anni esposizioni in diverse rassegne provinciali, che si aggiungono ad alcune occasioni di rilievo dove partecipa con la Scuola di decorazione ravennate realizzando i cartoni per alcuni pannelli musivi. Nel 1939 vince un premio per le opere grafiche presentate alla “VII Mostra Interprovinciale d’Arte di Faenza” mentre nel 1941 pubblica dei disegni sulla rivista romana Lettere D’Oggi che accoglie gli scritti, tra gli altri, di Cesare Pavese.
In seguito al periodo trascorso come tenente in Libia, l’attività artistica di Tuti si sposta in direzione di Bologna, dove stringe amicizie con alcuni dei protagonisti della cultura cittadina: Pompilio Mandelli, Luciano Minguzzi e Ilario Rossi. Sempre nel 1941 prende parte alla mostra presentata da Francesco Arcangeli.
Dopo aver assolto gli obblighi militari Tuti partecipa, nel 1947, alla mostra newyorkese “Handcraft as a fine art in Italy” organizzata da Carlo Ludovico Ragghianti, che raduna numerosi protagonisti della scena artistica del tempo, da Campigli a De Pisis, da Fontana a Guttuso e Morandi. L’anno successivo tiene la sua prima personale alla Galleria Sandri di Venezia dove espone 45 opere del repertorio grafico di quel periodo. Due puntesecche vengono selezionate e vengono esposte alla XXIV Biennale di Venezia, edizione ricordata per la presenza della collezione di Peggy Guggenheim.
L’ultimo decennio di attività vede Tuti coinvolto in numerosi appuntamenti espositivi di rilievo: dalla Biennale di Venezia del 1950, dove partecipa con tre incisioni, alla mostra fiorentina “Mezzo secolo d’arte toscana” del 1952. Si segnalano anche le due mostre personali tenute al Circolo della cultura di Bologna (1952/1956), i premi ottenuti a Cervia, Cesenatico e Perugia nel 1954 e Ravenna nel 1955 (Diploma d’onore e Premio della Presidenza del Consiglio).
Nel 1956 espone tre nature morte alla XVIII Biennale di Venezia e nel 1957 la puntasecca Le Grazie viene pubblicata sul Dizionario Illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei.
Una nutrita serie di mostre chiude l’attività di Cafiero Tuti che si spegne a Ravenna nell’estate del 1958 a causa di un male incurabile.
La città natale, Empoli, dedica a Tuti due mostre retrospettive nel 1967 e nel 1987.
Anche Ravenna omaggia l’artista esponendo alcune sue opere alla mostra “I vecchi maestri ravennati” nel 1973 e alla rassegna “La Pittura in Romagna dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi” del 1974.
Nel 1980 il fratello Tuto Tuti dona alle Gallerie degli Uffizi di Firenze 20 opere grafiche dell’artista. Tra queste, un ritratto è inserito nel volume Gabinetti disegni e stampe degli Uffizi. Dieci anni di acquisizioni 1974-1984.
Inaugurazione: 19 ottobre, ore 16.30
La mostra, che si avvale del patrocinio dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna, della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e realizzata in collaborazione con l'Istituzione Biblioteca Classense, rappresenta un’occasione preziosa per riscoprire l’opera del maestro empolese a partire dalla sua produzione grafica, considerata il fil rouge che collega, all’interno della sua storia artistica, esperienze assai diversificate, frutto di una pratica costante e orgogliosamente legata ad un linguaggio diretto ed essenziale.
Nato nel clima artistico legato a Strapaese, dedicatosi a forme più apertamente celebrative nell’ambito della produzione musiva, con la mostra personale di incisioni alla Galleria Sandri di Venezia nel 1949 Tuti riannoda i fili di un discorso intrapreso nell’immediato dopoguerra intorno a una figurazione pacata, sostanziata di accenti lirici, che lo accompagnerà fino agli ultimi anni di vita.
La mostra raccoglie circa 40 opere grafiche realizzate tra il 1930 e il 1955: incisioni, disegni, acquerelli, che hanno per soggetto la figura e il paesaggio, e che registrano l’evolversi del linguaggio segnico dell’artista e della sua maturazione.
Il percorso dell’autore attraversa i principali movimenti artistici del Novecento, non abbandonando mai, tuttavia, il proprio legame fecondo con la provincia. Non è un caso che la mostra si svolga proprio a Ravenna, dove Tuti si trasferì a partire dagli anni ’30 e dove si affermò come apprezzato docente di decorazione e direttore della Scuola di Mosaico all’Accademia per oltre un ventennio (1932-1958).
La realizzazione di questa rassegna costituisce una nuova tappa nel percorso di riscoperta e di rivalutazione dell’artista, fortemente voluto dal nipote, Luca Baruzzi, e intrapreso da qualche anno grazie all’egida di Francesco Mele, che a lungo si è occupato dello studio della ricca produzione dell’autore svolgendo un accurato lavoro di conservazione e ricostruzione bio-bibliografica. La mostra è inoltre accompagnata dal volume Cafiero Tuti (1907-1958). Catalogo di opere, edito da Danilo Montanari Editore, con un saggio di Flaminio Gualdoni e testi critici dello stesso Mele. Il catalogo è un utile compendio per comprendere e inquadrare appieno la parabola di Tuti nel Novecento, un secolo denso di fondamentali accadimenti, sia storici che artistici, e raccoglierà una selezione rappresentativa di opere (alcune di quelle in mostra e altre che comprendono dipinti a olio, disegni, acquerelli e incisioni).
Cafiero Tuti nasce a Empoli il 17 marzo del 1907. È figlio di Dante Tuti, rinomato maestro vetraio, e di Raimonda Masoni. Nel 1923 si iscrive all’Istituto d’arte di Firenze frequentando per tre anni la sezione di pittura decorativa murale diretta da Giuseppe Lunardi. Dopo il corso biennale di Magistero, nel 1928 ottiene nello stesso istituto l’abilitazione all’insegnamento.
Durante il periodo di formazione il giovane viene a contatto con l’ambiente artistico fiorentino, ricco di stimoli e di nuove visioni. Stringe amicizia, tra i tanti, con artisti come Ardengo Soffici, Ottone Rosai e Mino Maccari.
E proprio grazie a Maccari inizia a collaborare con la rivista Il Selvaggio pubblicando nel 1928 quattro xilografie che introducono al grande pubblico. Dello stesso anno è anche la partecipazione a una mostra di rilievo, la “Prima Mostra Circondariale d’Arte di Empoli”, che lo porta ad esporre alcuni dipinti e opere grafiche che attirano l’attenzione della critica.
Dopo avere insegnato disegno ornato e professionale alla Scuola d’arte del legno di Cascina (Pisa), nel 1932 ottiene un nuovo incarico per l’insegnamento di disegno ornato alla Scuola Professionale per l’Alabastro di Volterra. Nello stesso anno ottiene la cattedra di decorazione vincendo il concorso indetto dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dove gli viene affidata la direzione artistica della Scuola del Mosaico. Sotto la guida di Cafiero Tuti si formano alcuni tra i più importanti artisti musivi ravennati della prima generazione, tra i quali Renato Signorini, Ines Morigi Berti e Walter Focaccia.
Con la vittoria nel 1932 del premio bianco e nero alla “Mostra Interprovinciale d’Arte di Rimini” Tuti si conferma apprezzato dal contesto romagnolo e anche in questo caso la critica gli attesta un importante riconoscimento. Alcune di queste incisioni vanno ad arricchire le pagine delle riviste Il Rubicone e L’Universale e tre vengono presentate alla “Prima Mostra dell’incisione italiana moderna” di Firenze, raccogliendo il plauso della critica.
Nel 1934, su invito del critico Giovanni Scheiwiller, prende parte all’esposizione di “bianco e nero” tenutasi al Kunstverein di San Gallo. Alla mostra, poi riallestita a Berna, partecipano artisti come Carrà, Manzù, Morandi, Rosai e Soffici.
Dopo aver esposto in mostre realizzate tra Ravenna ed Empoli, la Quadriennale di Roma del 1935 e soprattutto la Triennale di Milano del 1936 si presentano come nuove occasioni di affermazione. In quest’ultima, il Ministero della Guerra acquista il grande mosaico L’Italia armata realizzato dai mosaicisti ravennati su cartone del maestro. Partecipa anche alla XX edizione della Biennale di Venezia con l’affresco Le opere assistenziali capolavoro della sua produzione nell’ambito della pittura.
Nello stesso anno, in seguito alla partecipazione alla “V Mostra Interprovinciale d’Arte di Bologna”, il Sindacato fascista dell’Emilia-Romagna acquista una sua natura morta realizzata in mosaico, mentre nel 1937 realizza un ritratto di Vittorio Emanuele III su commissione del Ministro degli Esteri.
Nel 1938 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia esponendo l’affresco Le ricerche, giudicato positivamente. Continuano in questi anni esposizioni in diverse rassegne provinciali, che si aggiungono ad alcune occasioni di rilievo dove partecipa con la Scuola di decorazione ravennate realizzando i cartoni per alcuni pannelli musivi. Nel 1939 vince un premio per le opere grafiche presentate alla “VII Mostra Interprovinciale d’Arte di Faenza” mentre nel 1941 pubblica dei disegni sulla rivista romana Lettere D’Oggi che accoglie gli scritti, tra gli altri, di Cesare Pavese.
In seguito al periodo trascorso come tenente in Libia, l’attività artistica di Tuti si sposta in direzione di Bologna, dove stringe amicizie con alcuni dei protagonisti della cultura cittadina: Pompilio Mandelli, Luciano Minguzzi e Ilario Rossi. Sempre nel 1941 prende parte alla mostra presentata da Francesco Arcangeli.
Dopo aver assolto gli obblighi militari Tuti partecipa, nel 1947, alla mostra newyorkese “Handcraft as a fine art in Italy” organizzata da Carlo Ludovico Ragghianti, che raduna numerosi protagonisti della scena artistica del tempo, da Campigli a De Pisis, da Fontana a Guttuso e Morandi. L’anno successivo tiene la sua prima personale alla Galleria Sandri di Venezia dove espone 45 opere del repertorio grafico di quel periodo. Due puntesecche vengono selezionate e vengono esposte alla XXIV Biennale di Venezia, edizione ricordata per la presenza della collezione di Peggy Guggenheim.
L’ultimo decennio di attività vede Tuti coinvolto in numerosi appuntamenti espositivi di rilievo: dalla Biennale di Venezia del 1950, dove partecipa con tre incisioni, alla mostra fiorentina “Mezzo secolo d’arte toscana” del 1952. Si segnalano anche le due mostre personali tenute al Circolo della cultura di Bologna (1952/1956), i premi ottenuti a Cervia, Cesenatico e Perugia nel 1954 e Ravenna nel 1955 (Diploma d’onore e Premio della Presidenza del Consiglio).
Nel 1956 espone tre nature morte alla XVIII Biennale di Venezia e nel 1957 la puntasecca Le Grazie viene pubblicata sul Dizionario Illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei.
Una nutrita serie di mostre chiude l’attività di Cafiero Tuti che si spegne a Ravenna nell’estate del 1958 a causa di un male incurabile.
La città natale, Empoli, dedica a Tuti due mostre retrospettive nel 1967 e nel 1987.
Anche Ravenna omaggia l’artista esponendo alcune sue opere alla mostra “I vecchi maestri ravennati” nel 1973 e alla rassegna “La Pittura in Romagna dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi” del 1974.
Nel 1980 il fratello Tuto Tuti dona alle Gallerie degli Uffizi di Firenze 20 opere grafiche dell’artista. Tra queste, un ritratto è inserito nel volume Gabinetti disegni e stampe degli Uffizi. Dieci anni di acquisizioni 1974-1984.
Inaugurazione: 19 ottobre, ore 16.30
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