Alessandra Zorzi. Il matto, la morte e il diavolo

Alessandra Zorzi. Il matto, la morte e il diavolo

 

Dal 15 Marzo 2013 al 14 Aprile 2013

Roma

Luogo: Complesso del Vittoriano

Indirizzo: via San Pietro in Carcere

Orari: tutti i giorni 9.30-19.30

Curatori: Claudio Strinati

Enti promotori:

  • Regione Lazio
  • Assessorato Cultura sport politiche giovanili turismo
  • Comune di Roma
  • Assessorato alla Cultura

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 06 6780664

E-Mail info: info@patriziacavalletticomunicazione.it


Giovedì 14 marzo 2013, alle ore 18.30, a Roma, presso la Sala del Giubileo del Complesso del Vittoriano, si inaugurerà la mostra dell’artista Alessandra Zorzi dal titolo IL MATTO, LA MORTE E IL DIAVOLO”, a cura del Prof. Claudio Strinati.
La Sala del Giubileo ospiterà 30 opere circa tra olii, disegni, acquerelli, arazzi digitali e videoproiezioni della Zorzi, nota interprete della pittura e del video d’animazione, di formazione architetto, nata a Treviso ma residente da molti anni a Milano.
Tema progettuale della mostra di Roma sono gli 'Arcani Maggiori' dei tarocchi,  con cui si sono confrontati nei secoli innumerevoli pittori, a cominciare, così vuole la leggenda, da Mantegna. In tempi recenti vi si sono cimentati, tra gli altri, Luzzati, Dalì, Guttuso, Brauner, Niki de Saint Phalle.
Per questo motivo, data una certa inflazione interpretativa, l’artista non ha voluto misurarsi né con la narrazione né con l'interpretazione, ma piuttosto con le suggestioni che i diversi simboli le evocano, quasi un pretesto per accedere all'inconscio.
Il titolo della mostra parafrasa quello dell’incisione di Dürer ‘Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo’, e contemporaneamente quello del saggio di Mario Praz ‘La carne, la morte e il diavolo’
A proposito dell’artista e del suo lavoro, Claudio Strinati afferma: “Alessandra Zorzi presenta la serie degli Arcani Maggiori che già di per sé costituiscono un ciclo organico secondo la sua tipica impostazione, visionaria e incantata, immersa in una costellazione di immagini archetipiche, oscure e insieme perfettamente comprensibili a chiunque. Attraverso tali visioni e risalendo fino alle avventure grafiche degli anni sessanta del Novecento tra Mitteleuropa e Inghilterra, la Zorzi ha scavalcato felicemente e agevolmente i traumi del postmodernismo, in un cammino caratteristico del nostro tempo. Disgregato nelle apparenze immediate ma fiduciosamente ancorato alle  pulsioni dell’Inconscio, è un percorso sempre più somigliante nella immaginazione di un’artista come la Zorzi ai “buchi neri” del Cosmo che, mentre li si esplora, dilatano i confini delle nostre presunte certezze sprofondandoci nell’Ignoto e spostando così costantemente in avanti i limiti del possibile. La Zorzi attrae l’osservatore in uno spazio strano, semplificato e sbilenco, fatto di un andirivieni di sogni e percezioni infantili, di precisione descrittiva e remota vaghezza. Gli Arcani contengono tutta la vita e tutte le illusioni di cui un essere umano si possa nutrire. Sono ingannevoli e insieme rivelatori di verità forse altrimenti inconoscibili. L’artista li legge proprio in questa chiave”.
 
Catalogo Canova Editori in mostra, con testi di Claudio Strinati e Philippe Daverio e la riproduzione delle opere esposte.
 
Il lavoro di Alessandra Zorzi si è sempre manifestato in modo tematico: la prima mostra, a Treviso, nel 1998, risentiva di una visione 'circolare', in cui sopra e sotto, destra e sinistra, ma anche dimensioni incongruenti, si confondevano come avviene vedendo il mondo da un aereo che modifica le percezioni spaziali sia orizzontalmente che verticalmente, cambiando orizzonte e quota: era il periodo del volo, quando l’artista stava prendendo il brevetto di pilota.
Nel 2000 il lavoro si concretizza in una ricerca tematica che parte dall'arte rinascimentale: una figurazione che prende corpo dalla 'cristologia', rivista in termini surreali e visionari.
Con le mostre su 'Babelopoli' 2003-2005, si rafforzano gli aspetti surreali e anche grotteschi e parallelamente l'interesse per il mezzo tecnologico, soprattutto l'animazione digitale.
Nel 2007 a Mantova prevale nei quadri cosiddetti 'organici' una visione pessimistica, in disgregazione, dell'esistenza, determinata dai fattori politici e ambientali del momento storico.
Infine, nelle tre mostre 2010-2011 dedicate alle 'Gabbie per signora' si accentua una partecipazione, anche in precedenza latente, ad una lettura del mondo in senso femministico, ma anche femminile nel rispetto della cultura della differenza: un excursus focalizzato sulla donna e sulle innumerevoli limitazioni, o vere e proprie “torture” che ogni società maschile ha cercato o saputo imporle per impedirle libertà di movimento e di parola.
 
Dell’artista hanno scritto, tra gli altri: Andrea Zanzotto, Barbara Rose, Martina Corgnati, Angelo Villa, Carlo Montanaro, Gianni Contessi, Enrico Mascelloni, Marco Goldin e Carlo Micheli.
 
Fra le sue mostre pubbliche si segnalano: “Totem e tabù” (1998) presso la Casa dei Carraresi a Treviso, curata da Marco Goldin - “Abramennone a Babelopoli” (2003) a Palazzo Racani-Arroni di Spoleto e “Viaggio a Babelopoli” (2005) al Maschio Angioino di Napoli, curate da Martina Corgnati -“Interni di Babelopoli” (2007) a Palazzo Ducale di Mantova, a cura di Martina Corgnati e Carlo Micheli - “Gabbie per Signora” (2010) a Palazzo Bertalazone di San Fermo a Torino a cura di Martina Corgnati; nel 2011, ai Magazzini del Sale a Venezia, richiesta dal Direttore dell’Accademia di Belle Arti Carlo Montanaro, curatore dell’esposizione; nello stesso anno alla Rocca di Umbertide – Centro per l’Arte Contemporanea.
 
Alessandra Brustolon Zorzi nasce a Treviso in una famiglia di editori. Frequenta la Facoltà diArchitettura di Venezia e si laurea con una tesi su Piazza Fontana di Milano.
Alla fine degli anni ’80, comincia a dipingere con continuità, elaborando un linguaggio immaginifico fluido e autonomo, fuori da schemi e scuole, che ama definire pop-espressionista. Fedele a un linguaggio legato all’immaginario, dal 2000 in avanti ha approfondito specialmente le possibilità che gli strumenti tecnologici offrono (in particolare il video d’animazione), dedicandosi a una ricerca composita, linguistica, pittorica e contemporaneamente narrativa, che prende corpo dagli archetipi figurativi della pittura classica, trasferendoli e utilizzandoli nelle animazioni digitali, in un gioco di ambiguità, ricco di riferimenti alla pittura tradizionale.
Negli ultimi anni, in particolare, elabora una propria personale tecnica di video animazione realizzando diversi corti, fra cui “Il sogno della ragione” (2004), “Il pelo nell’uovo” (2004-05), “Da Andrea Mantegna” (2006), “Homo sanza littere” (2007), “Il viaggio di Prometea” (2008), “Giocando con Depero” (2009), “Giorno di pulizie” (2009), Kandikandi (2010).

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