Aquiloni e trottole dal Giappone
Dal 12 Novembre 2021 al 14 Gennaio 2022
Roma
Luogo: Istituto Giapponese di Cultura
Indirizzo: Via Antonio Gramsci 74
Telefono per informazioni: +39 06 3224794
E-Mail info: info@jfroma.org
Sito ufficiale: http://jfroma.it
Aquiloni e trottole roteano e volano in Giappone da più di 1200 anni; ancora oggi se ne costruiscono migliaia di esemplari artigianali, utilizzando design e colori della tradizione o caratteristici delle diverse regioni di produzione.
I cinquanta pezzi in mostra, provenienti dall’intero territorio nazionale, forniscono preziose informazioni etnografiche sul Giappone, con le varianti locali e i richiami alle ricorrenze stagionali. Tecniche ancestrali, materiali non artefatti come legno e carta e colori vivi incontrano levità e gioco in un’espressione che in Giappone, nonostante il trend decisamente hypertech di giocattoli e dintorni, è ancora sorprendentemente attuale e perpetuata.
I primi aquiloni risalgono a duemila anni fa. La loro comparsa in Giappone è datata in epoca Heian (79
4-1185 d.c.), quando essi erano denominati “falchi di carta”, traduzione letterale del loro nome cinese e riprova della provenienza continentale. Dalla sua creazione, attraverso mille anni di storia, l’aquilone ha conosciuto uno sviluppo straordinario, la cui ragione va rintracciata nella reperibilità delle materie prime ottimali ai fini della costruzione dell’oggetto, come carta giapponese, bambù e canapa, le quali, utilizzate secondo l’abilità degli artigiani giapponesi, hanno dato vita a esemplari diversi per gusto e forma. Il Giappone è l’unico paese al mondo a presentare una tale varietà di aquiloni.
Si narra che durante il periodo Heian gli aquiloni fossero utilizzati quali veicolo di messaggi, e che costituissero un mezzo privilegiato per la consegna di comunicazioni attraverso i fossati o gli antri dei castelli. La vera età dell’oro, tuttavia, può dirsi il periodo Edo (1603-1868), durante il quale la riduzione del costo della carta rese possibile la diffusione tra i ceti meno abbienti dell’aquilone, fino ad allora esclusivo appannaggio delle classi nobili. Quando poi la tecnica xilografica progredì e diede origine all’espressione ukiyoe, gli aquiloni si arricchirono di elementi pittorici e cromatici, con risultati del tutto sorprendenti.
Essi divennero talmente popolari da venire utilizzati come forma di ribellione contro lo strapotere dei militari sui civili, i quali, facendo volare i propri aquiloni sulle proprietà dei primi, avevano l’ardire di osservarli dall’alto: tale fenomeno si diffuse a tal punto che il governo finì per bandire il lancio degli aquiloni.
Tra gli esemplari visibili nei cieli oggi, la maggior parte reca messaggi augurali o di buon auspicio. Si crede infatti che una maggiore altezza sia foriera di maggior fortuna, o che alla nascita di un figlio maschio, in occasione della Festa dei Bambini (5 Maggio), debba lanciarsi un aquilone recante il suo nome, assieme alla raffigurazione del guerriero leggendario Kintaro, o del valoroso eroe Ushiwakamaru, al fine di assicurare al neonato forza e salute. Molto diffuse sono anche le decorazioni con tartarughe e gru, simboli di longevità.
Spesso gli aquiloni volano anche allo scopo di scacciare il male. Decorati con volti mostruosi o demoniaci, hanno il compito di proteggere la casa, o di assicurare ai suoi abitanti salute e serenità. Visi che mostrano la lingua hanno anch’essi una funzione apotropaica, come i giochi basati sulla lunghezza del filo dell’aquilone.
Oggi, a causa dell’urbanizzazione dilagante, gli spazi per il volo degli aquiloni sono sempre più limitati; a eccezione delle rive dei fiumi, i luoghi preposti scarseggiano, e i bambini sono sempre più interessati a videogame e modellismo, involontari protagonisti della scomparsa di una forma di divertimento tradizionale.
Alcune strutture scolastiche o comunali tendono oggi al ripristino della manualità nelle scuole elementari, dove l’istituzione di ore di insegnamento di metodi e oggettistica popolare ha contribuito alla riscoperta dell’aquilone. Oltre alla riproduzione delle varianti regionali vengono realizzati esemplari nuovi, allo scopo di trasmettere ai posteri un’arte folclorica tramandatasi di generazione in generazione.
La trottola, attraverso il continente asiatico, giunge nel Giappone pre-Heian circa milleduecento anni fa. Considerata inizialmente un divertimento per nobili, conosce in seguito un’ampia diffusione. Nell’era Genroku del periodo Edo (fine XVII/inizio XVIII secolo) la trottola è protagonista di una forma di intrattenimento professionistica, che diviene presto molto popolare. Contemporaneamente riscuote un notevole interesse anche il kenkakoma, lett. trottole combattenti, che anima un vivace gioco d’azzardo, spesso causa di fortune o sventure capitali per gli scommettitori.
Attualmente esistono in Giappone oltre mille tipi di trottole, dalle semplici rotanti alle più elaborate per veri esperti, di misure che vanno dagli 0.5 mm della più piccola ai 90 cm delle più grandi. Le trottole possono, a seconda della modalità di utilizzo, suddividersi in quattro gruppi principali: a rotazione, a sfregamento, a corda, da lancio.
Inoltre si annoverano tra le più insolite, anche trottole sonore, o altre, dette “dispettose”, dall’apparenza astrusa, quasi impossibili da utilizzare.
La trottola perfetta è quella bella da vedere e precisa nel movimento. Nella creazione di un esemplare di buona fattura, è importante il baricentro. I materiali classici sono il legno d’acero o di corniolo ben asciutti, che tuttavia presentano un divario di peso tra la parte esposta a nord e l’altra opposta, elemento non trascurabile nella collocazione esatta del centro di gravità di un oggetto in rotazione.
E’ estremamente difficile comprendere le leggi fisiche che regolano la rotazione delle trottole; tuttavia possiamo immaginare che il pianeta Terra sia una sorta di enorme trottola, che ruota perennemente intorno al proprio asse. Oggi il numero degli artigiani va via via riducendosi, favorendo la scomparsa di un’arte tanto antica e tradizionale, la cui promozione sarebbe senza dubbio auspicabile.
I cinquanta pezzi in mostra, provenienti dall’intero territorio nazionale, forniscono preziose informazioni etnografiche sul Giappone, con le varianti locali e i richiami alle ricorrenze stagionali. Tecniche ancestrali, materiali non artefatti come legno e carta e colori vivi incontrano levità e gioco in un’espressione che in Giappone, nonostante il trend decisamente hypertech di giocattoli e dintorni, è ancora sorprendentemente attuale e perpetuata.
I primi aquiloni risalgono a duemila anni fa. La loro comparsa in Giappone è datata in epoca Heian (79
4-1185 d.c.), quando essi erano denominati “falchi di carta”, traduzione letterale del loro nome cinese e riprova della provenienza continentale. Dalla sua creazione, attraverso mille anni di storia, l’aquilone ha conosciuto uno sviluppo straordinario, la cui ragione va rintracciata nella reperibilità delle materie prime ottimali ai fini della costruzione dell’oggetto, come carta giapponese, bambù e canapa, le quali, utilizzate secondo l’abilità degli artigiani giapponesi, hanno dato vita a esemplari diversi per gusto e forma. Il Giappone è l’unico paese al mondo a presentare una tale varietà di aquiloni.
Si narra che durante il periodo Heian gli aquiloni fossero utilizzati quali veicolo di messaggi, e che costituissero un mezzo privilegiato per la consegna di comunicazioni attraverso i fossati o gli antri dei castelli. La vera età dell’oro, tuttavia, può dirsi il periodo Edo (1603-1868), durante il quale la riduzione del costo della carta rese possibile la diffusione tra i ceti meno abbienti dell’aquilone, fino ad allora esclusivo appannaggio delle classi nobili. Quando poi la tecnica xilografica progredì e diede origine all’espressione ukiyoe, gli aquiloni si arricchirono di elementi pittorici e cromatici, con risultati del tutto sorprendenti.
Essi divennero talmente popolari da venire utilizzati come forma di ribellione contro lo strapotere dei militari sui civili, i quali, facendo volare i propri aquiloni sulle proprietà dei primi, avevano l’ardire di osservarli dall’alto: tale fenomeno si diffuse a tal punto che il governo finì per bandire il lancio degli aquiloni.
Tra gli esemplari visibili nei cieli oggi, la maggior parte reca messaggi augurali o di buon auspicio. Si crede infatti che una maggiore altezza sia foriera di maggior fortuna, o che alla nascita di un figlio maschio, in occasione della Festa dei Bambini (5 Maggio), debba lanciarsi un aquilone recante il suo nome, assieme alla raffigurazione del guerriero leggendario Kintaro, o del valoroso eroe Ushiwakamaru, al fine di assicurare al neonato forza e salute. Molto diffuse sono anche le decorazioni con tartarughe e gru, simboli di longevità.
Spesso gli aquiloni volano anche allo scopo di scacciare il male. Decorati con volti mostruosi o demoniaci, hanno il compito di proteggere la casa, o di assicurare ai suoi abitanti salute e serenità. Visi che mostrano la lingua hanno anch’essi una funzione apotropaica, come i giochi basati sulla lunghezza del filo dell’aquilone.
Oggi, a causa dell’urbanizzazione dilagante, gli spazi per il volo degli aquiloni sono sempre più limitati; a eccezione delle rive dei fiumi, i luoghi preposti scarseggiano, e i bambini sono sempre più interessati a videogame e modellismo, involontari protagonisti della scomparsa di una forma di divertimento tradizionale.
Alcune strutture scolastiche o comunali tendono oggi al ripristino della manualità nelle scuole elementari, dove l’istituzione di ore di insegnamento di metodi e oggettistica popolare ha contribuito alla riscoperta dell’aquilone. Oltre alla riproduzione delle varianti regionali vengono realizzati esemplari nuovi, allo scopo di trasmettere ai posteri un’arte folclorica tramandatasi di generazione in generazione.
La trottola, attraverso il continente asiatico, giunge nel Giappone pre-Heian circa milleduecento anni fa. Considerata inizialmente un divertimento per nobili, conosce in seguito un’ampia diffusione. Nell’era Genroku del periodo Edo (fine XVII/inizio XVIII secolo) la trottola è protagonista di una forma di intrattenimento professionistica, che diviene presto molto popolare. Contemporaneamente riscuote un notevole interesse anche il kenkakoma, lett. trottole combattenti, che anima un vivace gioco d’azzardo, spesso causa di fortune o sventure capitali per gli scommettitori.
Attualmente esistono in Giappone oltre mille tipi di trottole, dalle semplici rotanti alle più elaborate per veri esperti, di misure che vanno dagli 0.5 mm della più piccola ai 90 cm delle più grandi. Le trottole possono, a seconda della modalità di utilizzo, suddividersi in quattro gruppi principali: a rotazione, a sfregamento, a corda, da lancio.
Inoltre si annoverano tra le più insolite, anche trottole sonore, o altre, dette “dispettose”, dall’apparenza astrusa, quasi impossibili da utilizzare.
La trottola perfetta è quella bella da vedere e precisa nel movimento. Nella creazione di un esemplare di buona fattura, è importante il baricentro. I materiali classici sono il legno d’acero o di corniolo ben asciutti, che tuttavia presentano un divario di peso tra la parte esposta a nord e l’altra opposta, elemento non trascurabile nella collocazione esatta del centro di gravità di un oggetto in rotazione.
E’ estremamente difficile comprendere le leggi fisiche che regolano la rotazione delle trottole; tuttavia possiamo immaginare che il pianeta Terra sia una sorta di enorme trottola, che ruota perennemente intorno al proprio asse. Oggi il numero degli artigiani va via via riducendosi, favorendo la scomparsa di un’arte tanto antica e tradizionale, la cui promozione sarebbe senza dubbio auspicabile.
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