Artista alla GNAM - Emilio Isgrò: Protagonista 2024

Emilio Isgrò, Isgrò cancella Isgrò, 2024, elemento 7 di 73, acrilico e oro zecchino su libro montato su legno, 17 x 24,7 x 3,5 cm. Courtesy Archivio Emilio Isgrò I Ph. Andrea Valentini

 

Dal 08 Maggio 2024 al 31 Dicembre 2024

Roma

Luogo: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Indirizzo: Viale delle Belle Arti 131

Orari: al martedì a domenica dalle 9 alle 19 Ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura

Costo del biglietto: intero: € 10, ridotto: € 2. Gratuito under 18, – portatori di handicap e un accompagnatore che dimostri l'appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria – giornalisti con tesserino in corso di validità – guide turistiche – soci ICOM – dipendenti MiC

Telefono per informazioni: +39 06 322 98 221

E-Mail info: gan-amc@cultura.gov.it

Sito ufficiale: http://lagallerianazionale.com


Martedì 7 maggio 2024 (ore 11.30), a Roma, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, si presenta l’iniziativa “Artista alla GNAM” che propone, a partire da “Emilio Isgrò: Protagonista 2024”, un programma di “artisti in visita”, ovvero di visiting artist, concepito con la formula “un anno, un artista, una sala”.

Come accade in alcune istituzioni internazionali, il museo “ospiterà” un artista italiano per un anno, organizzando una serie di incontri ed esponendo in una sala una selezione significativa delle sue opere.
L’iniziativa, promossa e organizzata dal direttore della GNAM Cristina Mazzantini, in collaborazione con l’Ar- chivio Emilio Isgrò, grazie al contributo di Intesa Sanpaolo e Techbau, main sponsor, con il sostegno di Borghese Contemporary Hotel, sponsor tecnico, offre l’opportunità al pubblico del museo di interagire con i protagonisti dell’arte contemporanea italiana, e agli studiosi, nonché agli studenti delle Accademie e delle facoltà di Valle Giulia, di toccare con mano e approfondire il lavoro dell’artista.
La figura di Emilio Isgrò, una delle più autorevoli della cultura italiana, già celebrata alla GNAM con un’importante antologica nel 2013 e presente nelle collezioni del museo, è stata selezionata per il 2024 in occasione dei sessant’anni della “Cancellatura”: un gesto artistico radicale che ha rivoluzionato il linguaggio dell’arte a livello internazionale. È il gesto artistico che contraddistingue l’opera di Isgrò: parte dalla parola e sostiene la memoria, ma non ha nulla a che vedere con la “Cancel Culture”, che, al contrario, contrasta apertamente.

Per “Artista alla GNAM”, Isgrò ha creato l’opera “Isgrò cancella Isgrò”, con la cancellazione di “Autocurriculum”, il suo romanzo autobiografico, che sarà donata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

A partire dal 14 maggio, inoltre, Isgrò, impartirà con cadenza stagionale un ciclo di “Lezioni di Cancellatura” aperte al pubblico, concepite come workshop destinati agli studiosi e agli studenti, dove insegnerà ad avvalersi del “pennello” come filtro selettivo con cui isolare l’essenziale.

Le “Lezioni di Cancellatura” saranno accompagnate da serate su invito dedicate alle “Riflessioni sulla Cancellatura”, una serie di incontri che coinvolgeranno letterati, poeti, giornalisti e scrittori, chiamati a raccontare il proprio rapporto autobiografico con il gesto della cancellatura. Questi incontri offriranno al pubblico un filo conduttore nella complessa produzione di un artista che è anche poeta, romanziere e drammaturgo.
La sala dedicata a Emilio Isgrò presenta gli esiti più recenti dell’evoluzione della Cancellatura attraverso la presen- tazione delle opere: Planetarium, 2023 e Isgrò cancella Isgrò, 2024. Completano l’allestimento due tra le sue opere conservate nella collezione della Galleria: Storico, 1972, e Le Tavole della Legge ovvero la Bibbia di Vetro, 1994.

Associato indissolubilmente alla sua arte, il libro, appeso a parete come si è soliti fare con un più tradizionale quadro, è insieme alla Cancellatura una delle novità introdotte dall’artista fin dall’inizio della sua attività artistica. Nel corso degli anni, poi, l’oggetto libro continua a essere una costante presentandosi anche con materiali diversi dalla carta e fuori dalla più comune dimensione tipografica. Lo testimonia questa grande Bibbia realizzata in vetro, una vera e propria scultura, che amplifica anche nel materiale la fragilità della parola sulla quale Isgrò ha sempre posto molta attenzione. Infatti, uno dei motivi per cui l’artista stende il colore su ogni termine è da intendersi non come un gesto di annullamento ma come atto di protezione e conservazione.
Sospesi al soffitto e in lento movimento come accade per un planetario (da qui il titolo Planetarium, 2023), i sette diversi mappamondi si presentano con tutti i toponimi cancellati. Isgrò ha posto sotto quel suo tratto distintivo anche le rappresentazioni della superficie terrestre, la prima carta geografica cancellata risale al 1969. Questi globi cancellati evocano la globalizzazione contemporanea che comincia a mostrare i suoi rischi e i suoi limiti, un modo per suggerire dei percorsi e dei viaggi alternativi, indistinguibili verso inesplorate direzioni.

Realizzata appositamente per questa occasione l’opera Isgrò cancella Isgrò, 2024, può essere letta come l’ultima tappa di un più ampio nucleo di lavori in cui l’artista è il protagonista delle proprie opere, senza però cadere mai nell’autoritratto. Isgrò sfugge sempre dai generi, anche Autocurriculum, il suo romanzo edito da Sellerio, 2017, che fa da base alle cancellature in nero e oro, gli stessi colori dei codici miniati, non può essere considerato una vera e propria autobiografia. Da una posizione estremamente originale l’artista riflette sul problema dell’identità e la ri- spettiva negazione. Infatti, cancellare o affermare se stessi vuol dire aprirsi a nuove possibilità; è un modo per smar- carsi dai processi di omologazione e codificazione ormai fin troppo diffusi nella nostra società. Con quest’opera, con cui celebra anche i sessant’anni della sua idea di arte, Isgrò svela la fragilità e l’indeterminatezza che stanno dietro a ogni autorappresentazione.
Sessant’anni fa, quando eseguii la mia prima cancellatura, non a caso su un articolo di giornale, sapevo bene di aver segnalato un problema, ma non potevo immaginare quanto, come e quando un tale problema sarebbe stato recepito nella sua complessità. Del resto avevo poco più di vent’anni e mi era impossibile prevedere il futuro.
Come giornalista, avevo appena fatto un viaggio per tutti gli Stati Uniti al seguito di John Fitzgerald Kennedy, e alla fine ero stato ricevuto dal Presidente alla Casa Bianca con un gruppo ristretto di colleghi europei.
L’anno dopo irrompeva alla Biennale di Venezia la Pop Art, che mi sedusse e mi incantò per la sua forza e la sua volontà di distruggere gli ideologismi apparentemente ineliminabili delle avanguardie europee.
Tuttavia quella volontà, ben sorretta da una visione Pop della realtà che si sarebbe propagata su tutto il pianeta fino ai nostri giorni, per la verità mi fece anche paura. Perché capii immediatamente che una visione del mondo fondata esclusivamente sull’immagine sfolgorante e seduttiva dell’esistente – penso anche a un certo cinema hollywoodiano – avrebbe automaticamente cancellato quella parola umana sulla quale poggia la civiltà occidentale.
Il mio gesto cancellatorio fu dunque la reazione simmetrica a un gesto censorio. Chiaramente in nome di una parola che secondo le tre religioni monoteiste crea e ricrea ogni giorno il mondo senza bloccarlo. Insomma, “In principio erat verbum”, per essere ancora più chiari. Qualcosa che non riguarda soltanto la vecchia Europa, o la stessa Ame- rica, ma anche, per altre vie, il continente asiatico nella sua interezza. Qualcosa che i fanatici della Cancel Culture o non hanno capito o capiscono male. Qualcosa, infine, che il linguista Avram Noam Chomsky capirebbe benissimo, come lo capirebbero i grandi poeti e scrittori americani.
Era questa la mia strada; e proprio per questo, quando Germano Celant mi chiese ripetutamente di entrare nelle schiere dell’Arte Povera, uno dei movimenti più solidi del secolo scorso, io, pur apprezzando più d’uno dei suoi esponenti, fui costretto a dire di no. E fui felicemente sorpreso quando Germano, molti anni dopo, decise di curare una mia importante mostra alla Fondazione Cini.
Ora ritorno con gioia alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dove nel 2013 fu allestita una mia retrospettiva, e dove esistono già due mie opere. Conto di realizzarne un’altra appositamente per celebrare questo clima di festa che si sta creando nel segno dell’arte e della sua libertà.

Emilio Isgrò

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI