Emanuele Cavalli e la Scuola romana: attraverso gli archivi

Emanuele Cavalli, Figura (rosso), 1943, olio su tavola, cm. 46x40. Collezione privata

 

Dal 10 Febbraio 2022 al 20 Marzo 2022

Roma

Luogo: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Indirizzo: Viale delle Belle Arti 131

Orari: dal martedì a domenica dalle 9 alle 19. Ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura

Curatori: Manuel Carrera

Enti promotori:

  • MiC - Ministero della Cultura

Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 5 / € 2. Gratuito under 18, docenti e studenti UE delle facoltà di architettura, di conservazione dei beni culturali, di scienze della formazione e dei corsi di laurea di lettere e materie letterarie con indirizzo archeologico o storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia, portatori di handicap e un accompagnatore, giornalisti

Telefono per informazioni: + 39 06 32298 221

E-Mail info: gan-amc@beniculturali.it

Sito ufficiale: http://lagallerianazionale.com


La mostra Emanuele Cavalli e la Scuola romana: attraverso gli archivi, a cura di Manuel Carrera, che inaugura giovedì 10 febbraio alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, documenta un periodo cruciale della storia dell’arte del Novecento, quello dell’Italia tra le due guerre, attraverso lo sguardo di uno dei suoi protagonisti: Emanuele Cavalli (Lucera 1904 – Firenze 1981). 

Autore insieme a Giuseppe Capogrossi e Roberto Melli del “Manifesto del Primordialismo plastico”, il pittore e fotografo con la sua pittura tonale si fece interprete di un nuovo modo di intendere la figurazione che segnò un’epoca. 

La recente donazione del suo archivio alla Galleria Nazionale da parte della figlia Maria Letizia offre uno sguardo inedito sul suo universo artistico e umano, costellato dagli intrecci con alcune delle più influenti personalità del suo tempo. Diari, lettere e documenti raccontano il sodalizio con – tra gli altri – Felice Carena, Fausto Pirandello, Giuseppe Capogrossi, Corrado Cagli, Roberto Melli: i protagonisti, cioè, della cosiddetta “Scuola romana”, definizione coniata dal critico Waldemar-George nella presentazione di una mostra tenuta a Parigi nel 1933 da Cavalli, Cagli, Capogrossi e Ezio Sclavi. 

In mostra, oltre ad una selezione dei documenti più significativi dell’archivio di Emanuele Cavalli, sono esposti alcuni dei dipinti, di cui i diari e gli appunti raccontano la lunga gestazione creativa. L’evoluzione della pittura di Cavalli è poi scandita in esposizione mediante il confronto con capolavori dei colleghi a lui più vicini, provenienti da raccolte private e dalle collezioni della Galleria Nazionale. Una particolare attenzione viene inoltre dedicata all’attività di fotografo di Emanuele Cavalli, tra fotografie artistiche connesse al suo immaginario pittorico e istantanee di vita quotidiana con protagonisti i suoi sodali. 
Il percorso della mostra Il percorso, diviso in tre sezioni, è arricchito da documenti provenienti dagli archivi di altre personalità conservati dalla Galleria Nazionale, come quelli di Giuseppe Capogrossi e Rolando Monti, che si collegano direttamente a quello di Emanuele Cavalli permettendo così di ricostruire le rispettive corrispondenze. 

La sezione introduttiva affronta l’esordio di Emanuele Cavalli nel mondo dell’arte sotto l’ala di Felice Carena, presso il quale studiò pittura a partire dal 1921 dividendosi tra Roma e Anticoli Corrado. I documenti d’archivio in questa sezione – diverse le lettere di Carena sia nel fondo Cavalli, sia negli altri fondi nell’archivio storico della Galleria Nazionale d’Arte Moderna – testimoniano l’influenza del pittore piemontese sui giovani romani. Si metterà quindi a confronto l’evoluzione della pittura di Emanuele Cavalli con quella dei colleghi della “Scuola romana” a lui più vicini. Le opere sono accostate tra loro per evidenti analogie compositive e iconografiche, ma anche per metterne in luce le differenze. Oltre a dipinti, disegni e fotografie, in questa sezione della mostra verranno presentati i diari dell’artista, alcuni dei suoi scritti più significativi (tra lettere e appunti) e i cataloghi delle mostre a cui partecipò assieme ai suoi colleghi negli anni ’30 – al culmine, cioè, della ricerca “tonalista”. 

Sullo studio delle infinite declinazioni dei colori, o meglio, dei toni, Cavalli concentrerà gran parte delle sue energie a partire dai primi anni Trenta, coadiuvato da Capogrossi, Cagli e Roberto Melli (e più ampiamente da altri pittori, Fausto Pirandello in primis, sebbene quest’ultimo rifiuterà sempre la purezza classicheggiante perseguita dai suoi colleghi). Nella seconda sezione della mostra, con l’ausilio di documenti e raffronti, verranno indagati la pittura tonale di Cavalli, le sue origini e i suoi esiti. 

Tale era la portata teorica delle loro ricerche in pittura da infondergli l’esigenza di stilare un manifesto, a cui lavorarono a lungo, non senza incorrere in dissidi: nacque così il Manifesto del Primordialismo Plastico, datato 31 ottobre 1933 e firmato da Cavalli, Capogrossi e Melli, quest’ultimo nelle vesti di critico d’arte. Alla lettura del testo si comprende quanto al colore fosse affidato un ruolo centrale e quanto esso fosse strettamente connesso alla costruzione delle forme, dei volumi e, più in generale, all’equilibrio della composizione. 

Tipica di Cavalli sarà la ricerca di corrispondenze tra forme e colori, oggetti e soggetti, e proprio in quest’ottica va letta la volontà dell’artista di individuare connessioni tra i toni della pittura e quelli della musica. L’apice di tali ricerche è costituito dalla serie di nove dipinti – che in questa sede verrà parzialmente ricostruita – presentata alla Quadriennale romana del 1943: la sfida che Cavalli rivolgeva a se stesso era quella di riuscire ad armonizzare i valori tonali, in chiave dichiaratamente musicale, con la rappresentazione concreta della figura umana. Il limite del ritratto gli imponeva quindi di accordare le variazioni cromatiche ai toni dell’incarnato, cioè l’unico colore che accomuna tutte le opere della serie. Sarebbe tuttavia inesatto considerare le opere della serie delle armonie di colori meri esercizi di ricerca estetica. Non è infatti secondaria, nei dipinti, la componente psicologica: con ogni variazione di tono Cavalli suggerisce efficacemente una sensazione o uno stato d’animo, dando prova così di una fine capacità introspettiva. 

La sezione conclusiva della mostra intende offrire uno sguardo sull’attività di fotografo di Emanuele Cavalli, indagando le connessioni con le ricerche da lui condotte in pittura. Ritratti, paesaggi e nature morte tratteggiano il profilo di un fotografo con una piena padronanza dello strumento e uno sguardo sorprendentemente moderno, tale da suscitare in tempi recenti un rinnovato interesse da parte della critica. 

La mostra che la Galleria Nazionale dedica a Emanuele Cavalli si inserisce in un contesto di valorizzazione e  celebrazione dell’opera dell’artista, a quarant’anni dalla morte, che vede la presenza di due ulteriori mostre in diverse istituzioni museali, realizzate con il patrocinio della Galleria Nazionale e del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Universitá Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Associazione Emanuele Cavalli: la mostra Noi e l’immagine. Emanuele e Giuseppe Cavalli fotografi, a cura di Arianna Laurenti, Ilaria Schiaffini e Alessia Venditti, presso il MLAC (9 febbraio - 9 marzo 2022) e la mostra Emanuele Cavalli fotografo: gli anni di Anticoli Corrado (1935-45), a cura di Ilaria Schiaffini, in programma presso il Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado (12 marzo - 26 giugno 2021).

Emanuele Cavalli nasce a Lucera, in provincia di Foggia, il 29 novembre del 1904. La sua è una famiglia facoltosa, da sempre appassionata d’arte e di storia. Per questo incoraggia la sua vocazione artistica, che comincia a manifestarsi già durante il periodo della formazione scolastica presso il prestigioso collegio dei gesuiti di Mondragone.
Giunto a Roma nel 1921, frequenta in un primo momento i corsi del Museo Artistico Industriale, ma ben presto li abbandona per seguire l’insegnamento – più libero e stimolante – del pittore piemontese Felice Carena, allora uno dei pittori più acclamati. Nel 1922 il maestro apre agli Orti Sallustiani una scuola d’arte, insieme ad Attilio Selva e Orazio Amato, che nei mesi estivi si sposta ad Anticoli Corrado. Cavalli è tra i primi iscritti, insieme, tra gli altri, agli amici Fausto Pirandello e Giuseppe Capogrossi, suo sodale per molti anni.
Nel 1928 Cavalli è a Parigi: lì scopre la grande arte contemporanea e ha modo di studiare da vicino i capolavori di Cézanne, che lo influenzano profondamente. Tuttavia, all’inizio degli anni Trenta il suo linguaggio pittorico risulta già maturo e personale e la lezione dei maestri cede il posto all’assimilazione dello studio
della pittura antica, dagli affreschi pompeiani ai “Primitivi” e Piero della Francesca. Quando nel 1933 espone
a Parigi in una collettiva insieme a Capogrossi, Corrado Cagli ed Ezio Sclavi, il critico Waldemar-George parla per la prima volta di “Scuola di Roma”, coniando così un’espressione che rimarrà per sempre legata alla fama di Cavalli. Nello stesso anno firma, insieme a Capogrossi e Roberto Melli, il “Manifesto del Primordialismo Plastico”, importante testo in cui si teorizza un nuovo modo di concepire la pittura.
Tra gli anni Trenta e Quaranta, l’artista è al culmine del successo e dell’ispirazione: realizza grandi composizioni a più figure, nudi, ritratti, paesaggi e nature morte, accomunati da un modo di intendere la pittura squisitamente musicale e da un’atmosfera sospesa di “realismo magico”, fortemente connessa all’interesse che coltivava da molti anni per la cultura esoterica. Nel 1935 si trasferisce da Roma ad Anticoli Corrado insieme alla moglie Vera Haberfeld. Qui Cavalli, pur in una sorta di isolamento dovuto alla sua ostilità alla politica fascista, vive e lavora attorniato da amici, colleghi e influenti personalità dell’arte e
della letteratura, da Celestino Celestini a Luigi Pirandello.
Finita la guerra, Cavalli si trasferisce a Firenze, dove insegna pittura all’Accademia di Belle Arti.
Qui mette a frutto anche le sue competenze nel campo della fotografia, ottenendo un incarico dagli Uffizi. Nonostante l’arte a lui contemporanea stesse prendendo altre strade, abbandonando la pittura figurativa a favore dell’informale, Cavalli rimase fino alla fine fedele a sé stesso, proseguendo nella sua lunga ricerca sulle varietà dei toni in rapporto ai valori musicali della pittura e alla scansione ritmica delle forme geometriche. Muore a Firenze il 15 marzo del 1981.
Negli anni Settanta e Ottanta, oltre a proseguire le collaborazioni con Nuova Consonanza – per la quale cura diversi materiali a stampa, la struttura a cupola per il Festival del 1977, e la parte visiva di ecLIPSe
di Walter Branchi e Renato Pedio per il Festival del 1978 – porta avanti il suo impegno in ambito teatrale in spettacoli diretti da Marco Parodi, Virginio Gazzolo, Gennaro Magliulo, Ida Bassignano, Gigi Proietti,
e collabora al film di Calenda Il giorno del furore (1973). Negli stessi anni si dedica, inoltre, all’insegnamento in diverse istituzioni: Scenotecnica e Scenografia all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila (1970-78), Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Carrara (1978-79) e Scenografia all’Accademia di Belle Arti
di Firenze (1979-89); inoltre lavora come scenografo anche in alcune produzioni televisive.  

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