Giulio Turcato. Colori mai visti
Dal 15 Aprile 2021 al 17 Giugno 2021
Roma
Luogo: Galleria d’Arte Marchetti
Indirizzo: Via Margutta 8
Orari: 10.30-13.00 / 16.30-19.30. Lunedì mattina chiuso
Enti promotori:
- S. Pegoraro
- Con la collaborazione dell’Archivio Giulio Turcato - Roma
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 . 06 3204863
E-Mail info: info@artemarchetti.it
Sito ufficiale: http://www.artemarchetti.it
A partire da giovedì 15 aprile 2021 (compatibilmente con eventuali restrizioni anti-Covid19) la Galleria Marchetti di Roma (Via Margutta 8) ospiterà la mostra Giulio Turcato. Colori mai visti, realizzata in collaborazione con L’Archivio Giulio Turcato. In esposizione 25 dipinti, a delineare un percorso attraverso tutta la parabola creativa dell’artista - nato nel 1912 a Mantova e scomparso a Roma nel 1995 - fra i più significativi interpreti dell'astrazione europea: dalla figurazione stilizzante dei Comizi, delle Rovine di Varsavia, delle “Venezie”, all’astrazione “informale” dei Reticoli e dei Desertici, alla geniale creazione delle Superfici lunari, alla giocosa “cartografia” di Itinerari e Arcipelaghi, al sontuoso e sensuale luminismo dei Cangianti. Aprirà il percorso l’opera cronologicamente più precoce presente nell’Archivio Turcato: l’inedito dipinto bifronte del 1928-30, su un lato del quale un giovanissimo Giulio Turcato dipinge un Interno, e sull’altro un Porto. A concludere il percorso, l’ultima opera pittorica di grandi dimensioni di Turcato: Dune, del 1992, la cui straordinaria qualità e raffinatezza testimonia della forza creativa conservata dall’artista fino ai suoi ultimi anni . Prima di questa, la galleria Marchetti aveva dedicato a Turcato personali nel 2008 e nel 2011, e un omaggio in occasione del centenario della nascita nel 2012, all’interno della mostra A partire da Forma 1 – Percorsi nell’astrattismo . Catalogo in galleria (Grafiche Turato Edizioni, Padova).
Giulio Turcato ha arricchito il ‘900 artistico del proprio inimitabile linguaggio, facendo del colore la ragione di una ricerca inesausta, di una sperimentazione durata sino ai suoi ultimissimi anni di vita. Chiunque si accosti al corpus delle sue opere può rendersi conto che si tratta di un esploratore straordinario, che ha fatto dell’arte il codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all'entomologia, dalla fisica all'astronomia: tutto per lui diventa occasione per nuove invenzioni di forme e colori che ridefiniscono l'immaginario umano, individuale e collettivo, nel momento stesso in cui interpretano i vari modelli di conoscenza. Tutto ciò risulta evidente nella mostra in programma presso la Galleria Marchetti di Roma a partire dal 15 aprile prossimo: si tratta di 25 dipinti che coprono tutto l’arco della ricerca artistica di Turcato, a partire da un interessante quadro inedito, dipinto tra i sedici e i diciotto anni di età, sui due lati: un Interno borghese e un Porto con barche, che risentono di influssi post-impressionisti e matissiani e testimoniano già, nei luminosi à plat, della fascinazione del giovane artista per il colore; e ancora, a inizio percorso, un prezioso Comizio del 1948, dove il tema socio-politico si svincola dalle regole della riproduzione del reale per spiccare il volo verso un’astrazione libera e policromatica; un Rio veneziano (1948-49) che è piuttosto una sinfonia musicale di linee rette e curve, con delicati tocchi materici, una sorta di controcanto lirico al maestoso Cantiere navale del ’47 (l’anno del manifesto di Forma1), con i suoi echi di neoplasticismo. Negli anni ’50, il maturarsi della ricerca astratta di Turcato ci colpisce in un bellissimo esemplare della celebre serie Rovine di Varsavia del (1950), e ancor di più nell’armoniosa e magica policromia di uno strepitoso Giardino di Mičurin del ‘53. Segno, colore, materia si alternano, si combinano o si fondono , in questo decennio, nella personalissima ricerca informale di Turcato, dando origine ai Reticoli, ai Desertici, ai Segnici, sino ad aprire il nuovo decennio con l’affascinante Nebuloso (1960). Gli anni ’60 vedono il colore-materia di Turcato aprirsi alla nuova dimensione del collage, con opere che dialogano con il Nouveau Réalisme e con il New Dada, come quelle delle celebri serie dei Tranquillanti o de La pelle (di cui sono qui presenti due importanti esemplari del 1962) o lavori come Arcipelago con moneta (1964). Di questi anni è anche la geniale invenzione delle Superfici lunari (quella in esposizione è del 1968), dove la materia primigenia dell’Informale si trasforma nel materiale industriale delle “gommepiume”, per trasfigurarsi però in inedita e lirica cosmologia . Negli anni ’70 si sviluppa il raffinato studio sul cangiantismo dei materiali in rapporto alla luce e al punto di vista dello spettatore, insieme a una sempre più intensa e complessa interazione tra materia, forma e colore , sino ad arrivare agli inediti prodigi cromatici degli anni ’80-’90, che culminano nel finissimo arabesco materico-cromatico di un dipinto come Dune (1992), dove la sapienza tecnica è tutt’uno con lo slancio poetico. Giulio Turcato Viene considerato uno dei più significativi interpreti italiani dell'astrattismo, ma il suo lavoro è assai articolato e complesso: quello che contraddistingue la sua poetica è un “nomadismo interiore” che gli ha permesso di affrontare l'astrazione con radicalità e anticonformismo, con determinazione e lirismo, senza mai rinunciare alla sperimentazione. E’ viva in lui l’aspirazione a un totalizzante universo pittorico, che gli permette di trasformare in pittura ogni cosa toccata dalla sua immaginazione, al di là di ogni discriminante tecnica ed esecutiva. Il demone eterno e sempre mutevole di Turcato è il colore, che ora fa corpo con la materia profonda e densa dell’opera, ora brilla di un timbro dissonante, svelato dalle diverse incidenze della luce. Come scrive lo stesso artista, nel 1977: “ i colori sono la nostra libertà/ investono la materia e la trasformano/ la nostra fantasia è realtà nuova”.
Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912 . Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove frequenta Ginnasio e Scuola d’Arte, Liceo Artistico e Libera Scuola del Nudo; comincia ad esporre in mostre collettive (1933). Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove si guadagna da vivere realizzando prospettive architettoniche e disegni di mosaici per l'architetto Muzio.Qui allestisce la sua prima mostra personale (1939). Negli anni 1942-43 esordisce alla XXIII Biennale di Venezia con l'opera Maternità. Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale. Il periodo successivo all’8 settembre segna l'inizio di un nuovo capitolo della vita e dell'arte di Turcato, con la sua partecipazione alla Resistenza e, dopo la Liberazione, il suo radicamento nella capitale, dove vivrà e lavorerà per oltre cinquant’anni. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all'impegno sociale e politico, culminati nell'iscrizione al Partito Comunista Italiano. Nel 1945 aderisce alla "Libera Associazione Arti Figurative", ed è tra i fondatori dell'"Art Club”; inizia il periodo dell’aggiornamento europeo e dei viaggi a Parigi per conoscere le opere dei maestri del post-impressionismo e dell’astrattismo. Nel 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo il manifesto Forma 1, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista "Forma 1", ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. Nell'estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del "Fronte Nuovo delle Arti" alla Galleria della Spiga di Milano: l'esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento. Nel 1948, come aderente al Fronte Nuovo delle Arti, è invitato alla XXIV Biennale di Venezia Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale, dove vince il premio Primo Acquisto con Miniera. Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova, entra a far parte del "Gruppo degli Otto", promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla XXVI Biennale di Venezia, dove tornerà nel ‘54 partecipa alla XXVII Biennale di Venezia, presentato da Emilio Villa. Nel 1956 compie un viaggio in estremo oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove espone a Pechino e Shanghai: dalle esperienze visive di questo viaggio scaturiranno una serie di opere storiche, dai Deserti dei Tartari alle Mosche Cinesi. Nel '57 partecipa alla mostra Painting in Post War Italy, organizzata a New York da Lionello Venturi. La XXIX Biennale di Venezia gli dedica nel '58 la sua prima sala personale. E’ invitato nella selezione italiana alla mostra del “Guggenheim International Award” di New York. Nel 1959 è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel. Nel 1963 Emilio Villa presenta la personale alla Galleria La Tartaruga di Roma. Turcato stipula inoltre un contratto con la Galleria Marlborough di Roma, e compie un viaggio turistico a New York, da cui nasceranno i suoi Ricordi di New York. Nel 1964, dopo 15 anni di convivenza, sposa la cineasta romana Vana Caruso. L'anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma, vincendo il premio della Presidenza del Consiglio. Tra numerose partecipazioni a importanti eventi internazionali, s’avvia il processo di "storicizzazione" della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato di G. de Marchis del 1971 . Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica, in contemporanea con il Festival dei due Mondi, una prima mostra antologica, con opere dal 1954 al 1973, curata da G. Carandente. E’ del 1974 la seconda grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, con oltre 300 opere dal 1945 al 1974, curata da G. Dalla Chiesa e I. Mussa. Nel 1984 il Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano allestisce una sua antologica dal’53 all’83, curata da F. Gualdoni. Nello stesso anno Turcato realizza le scenografie per l’VIII Concerto di Goffredo Petrassi all’Opera di Roma. In giugno partecipa alla XLI Biennale di Venezia con le scenografie dello spettacolo Moduli in Viola – Omaggio a Kandinsky, con musiche di Luciano Berio e coreografie di Min Tanaka, per la regia di Vana Caruso. Nel 1985 si tiene presso la Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco di Baviera una grande antologica, seguita nell’’86 da quella alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel ‘90 si tengono altre due ricche antologiche, a L’Aquila e a Venezia. La sua ultima partecipazione a una mostra pubblica è quella alla Biennale di Venezia nel 1993, nella sezione intitolata “Opera Italiana”. Il 22 gennaio 1995 Giulio Turcato si spegne nella propria abitazione romana. Lo stesso anno, alcune sue opere sono esposte nella mostra La Metamorfosi Italiana 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York. Mostre antologiche postume si sono tenute a Modena e Mantova nel 1998, a Pescara nel 2007-2008, a Terni nel 2010. Nel 2012, in occasione del centenario della nascita, la città di Roma gli ha reso omaggio con una mostra presso il MaCRO, a cura di B. Carpi De Resmini e M. Caruso. Nel 2014 si è tenuta a New York, presso la Casa Italiana NYU, un’antologica di opere su carta curata da M. Caruso e da M. Del Frate Rayburn.
Giulio Turcato ha arricchito il ‘900 artistico del proprio inimitabile linguaggio, facendo del colore la ragione di una ricerca inesausta, di una sperimentazione durata sino ai suoi ultimissimi anni di vita. Chiunque si accosti al corpus delle sue opere può rendersi conto che si tratta di un esploratore straordinario, che ha fatto dell’arte il codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all'entomologia, dalla fisica all'astronomia: tutto per lui diventa occasione per nuove invenzioni di forme e colori che ridefiniscono l'immaginario umano, individuale e collettivo, nel momento stesso in cui interpretano i vari modelli di conoscenza. Tutto ciò risulta evidente nella mostra in programma presso la Galleria Marchetti di Roma a partire dal 15 aprile prossimo: si tratta di 25 dipinti che coprono tutto l’arco della ricerca artistica di Turcato, a partire da un interessante quadro inedito, dipinto tra i sedici e i diciotto anni di età, sui due lati: un Interno borghese e un Porto con barche, che risentono di influssi post-impressionisti e matissiani e testimoniano già, nei luminosi à plat, della fascinazione del giovane artista per il colore; e ancora, a inizio percorso, un prezioso Comizio del 1948, dove il tema socio-politico si svincola dalle regole della riproduzione del reale per spiccare il volo verso un’astrazione libera e policromatica; un Rio veneziano (1948-49) che è piuttosto una sinfonia musicale di linee rette e curve, con delicati tocchi materici, una sorta di controcanto lirico al maestoso Cantiere navale del ’47 (l’anno del manifesto di Forma1), con i suoi echi di neoplasticismo. Negli anni ’50, il maturarsi della ricerca astratta di Turcato ci colpisce in un bellissimo esemplare della celebre serie Rovine di Varsavia del (1950), e ancor di più nell’armoniosa e magica policromia di uno strepitoso Giardino di Mičurin del ‘53. Segno, colore, materia si alternano, si combinano o si fondono , in questo decennio, nella personalissima ricerca informale di Turcato, dando origine ai Reticoli, ai Desertici, ai Segnici, sino ad aprire il nuovo decennio con l’affascinante Nebuloso (1960). Gli anni ’60 vedono il colore-materia di Turcato aprirsi alla nuova dimensione del collage, con opere che dialogano con il Nouveau Réalisme e con il New Dada, come quelle delle celebri serie dei Tranquillanti o de La pelle (di cui sono qui presenti due importanti esemplari del 1962) o lavori come Arcipelago con moneta (1964). Di questi anni è anche la geniale invenzione delle Superfici lunari (quella in esposizione è del 1968), dove la materia primigenia dell’Informale si trasforma nel materiale industriale delle “gommepiume”, per trasfigurarsi però in inedita e lirica cosmologia . Negli anni ’70 si sviluppa il raffinato studio sul cangiantismo dei materiali in rapporto alla luce e al punto di vista dello spettatore, insieme a una sempre più intensa e complessa interazione tra materia, forma e colore , sino ad arrivare agli inediti prodigi cromatici degli anni ’80-’90, che culminano nel finissimo arabesco materico-cromatico di un dipinto come Dune (1992), dove la sapienza tecnica è tutt’uno con lo slancio poetico. Giulio Turcato Viene considerato uno dei più significativi interpreti italiani dell'astrattismo, ma il suo lavoro è assai articolato e complesso: quello che contraddistingue la sua poetica è un “nomadismo interiore” che gli ha permesso di affrontare l'astrazione con radicalità e anticonformismo, con determinazione e lirismo, senza mai rinunciare alla sperimentazione. E’ viva in lui l’aspirazione a un totalizzante universo pittorico, che gli permette di trasformare in pittura ogni cosa toccata dalla sua immaginazione, al di là di ogni discriminante tecnica ed esecutiva. Il demone eterno e sempre mutevole di Turcato è il colore, che ora fa corpo con la materia profonda e densa dell’opera, ora brilla di un timbro dissonante, svelato dalle diverse incidenze della luce. Come scrive lo stesso artista, nel 1977: “ i colori sono la nostra libertà/ investono la materia e la trasformano/ la nostra fantasia è realtà nuova”.
Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912 . Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove frequenta Ginnasio e Scuola d’Arte, Liceo Artistico e Libera Scuola del Nudo; comincia ad esporre in mostre collettive (1933). Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove si guadagna da vivere realizzando prospettive architettoniche e disegni di mosaici per l'architetto Muzio.Qui allestisce la sua prima mostra personale (1939). Negli anni 1942-43 esordisce alla XXIII Biennale di Venezia con l'opera Maternità. Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale. Il periodo successivo all’8 settembre segna l'inizio di un nuovo capitolo della vita e dell'arte di Turcato, con la sua partecipazione alla Resistenza e, dopo la Liberazione, il suo radicamento nella capitale, dove vivrà e lavorerà per oltre cinquant’anni. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all'impegno sociale e politico, culminati nell'iscrizione al Partito Comunista Italiano. Nel 1945 aderisce alla "Libera Associazione Arti Figurative", ed è tra i fondatori dell'"Art Club”; inizia il periodo dell’aggiornamento europeo e dei viaggi a Parigi per conoscere le opere dei maestri del post-impressionismo e dell’astrattismo. Nel 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo il manifesto Forma 1, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista "Forma 1", ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. Nell'estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del "Fronte Nuovo delle Arti" alla Galleria della Spiga di Milano: l'esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento. Nel 1948, come aderente al Fronte Nuovo delle Arti, è invitato alla XXIV Biennale di Venezia Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale, dove vince il premio Primo Acquisto con Miniera. Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova, entra a far parte del "Gruppo degli Otto", promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla XXVI Biennale di Venezia, dove tornerà nel ‘54 partecipa alla XXVII Biennale di Venezia, presentato da Emilio Villa. Nel 1956 compie un viaggio in estremo oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove espone a Pechino e Shanghai: dalle esperienze visive di questo viaggio scaturiranno una serie di opere storiche, dai Deserti dei Tartari alle Mosche Cinesi. Nel '57 partecipa alla mostra Painting in Post War Italy, organizzata a New York da Lionello Venturi. La XXIX Biennale di Venezia gli dedica nel '58 la sua prima sala personale. E’ invitato nella selezione italiana alla mostra del “Guggenheim International Award” di New York. Nel 1959 è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel. Nel 1963 Emilio Villa presenta la personale alla Galleria La Tartaruga di Roma. Turcato stipula inoltre un contratto con la Galleria Marlborough di Roma, e compie un viaggio turistico a New York, da cui nasceranno i suoi Ricordi di New York. Nel 1964, dopo 15 anni di convivenza, sposa la cineasta romana Vana Caruso. L'anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma, vincendo il premio della Presidenza del Consiglio. Tra numerose partecipazioni a importanti eventi internazionali, s’avvia il processo di "storicizzazione" della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato di G. de Marchis del 1971 . Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica, in contemporanea con il Festival dei due Mondi, una prima mostra antologica, con opere dal 1954 al 1973, curata da G. Carandente. E’ del 1974 la seconda grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, con oltre 300 opere dal 1945 al 1974, curata da G. Dalla Chiesa e I. Mussa. Nel 1984 il Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano allestisce una sua antologica dal’53 all’83, curata da F. Gualdoni. Nello stesso anno Turcato realizza le scenografie per l’VIII Concerto di Goffredo Petrassi all’Opera di Roma. In giugno partecipa alla XLI Biennale di Venezia con le scenografie dello spettacolo Moduli in Viola – Omaggio a Kandinsky, con musiche di Luciano Berio e coreografie di Min Tanaka, per la regia di Vana Caruso. Nel 1985 si tiene presso la Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco di Baviera una grande antologica, seguita nell’’86 da quella alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel ‘90 si tengono altre due ricche antologiche, a L’Aquila e a Venezia. La sua ultima partecipazione a una mostra pubblica è quella alla Biennale di Venezia nel 1993, nella sezione intitolata “Opera Italiana”. Il 22 gennaio 1995 Giulio Turcato si spegne nella propria abitazione romana. Lo stesso anno, alcune sue opere sono esposte nella mostra La Metamorfosi Italiana 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York. Mostre antologiche postume si sono tenute a Modena e Mantova nel 1998, a Pescara nel 2007-2008, a Terni nel 2010. Nel 2012, in occasione del centenario della nascita, la città di Roma gli ha reso omaggio con una mostra presso il MaCRO, a cura di B. Carpi De Resmini e M. Caruso. Nel 2014 si è tenuta a New York, presso la Casa Italiana NYU, un’antologica di opere su carta curata da M. Caruso e da M. Del Frate Rayburn.
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