HOT SPOT: sguardi sull’Antropocene - Incontro
Dal 19 Febbraio 2023 al 19 Febbraio 2023
Roma
Luogo: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Indirizzo: Viale delle Belle Arti 131
Orari: ore 11
Telefono per informazioni: +39 06 322981
E-Mail info: gan-amc@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://lagallerianazionale.com
Domenica 19 febbraio, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea si terrà un nuovo incontro del ciclo Arte e Psicoanalisi realizzato in collaborazione con la Società Psicoanalitica Italiana, questa volta dedicato a HOT SPOT. Caring for a burning world, la mostra curata da Gerardo Mosquera che pone l’attenzione sul fallimento della società moderna di fronte allo scenario di una natura in grande sofferenza, mentre riunisce le molteplici reazioni a queste condizioni da parte di 27 artisti provenienti da tutto il mondo, attraverso la forza poetica dell'arte.
L’incontro condotto da Alfredo Lobardozzi insieme a Giovanna Coltelli è occasione per discutere del tema cruciale dei cambiamenti climatici collegati alla grave crisi ambientale a cui stiamo assistendo, attraverso il verificarsi di eventi sempre più estremi in diverse zone geografiche del pianeta. Dal punto di vista psicoanalitico, vediamo emergere alcune dinamiche, in termini psicosociali, orientate ad atteggiamenti che potremmo definire difensivi, in relazione ad angosce relative al danno che viene inflitto dall’azione dell’uomo alla natura nell’epoca geologica che viene definita Antropocene.
Siamo colti allo stesso tempo da un forte senso di colpa e di impotenza rispetto a processi, che avvengono al di fuori del nostro controllo, con la consapevolezza, però, che ognuno di noi, anche se in piccola parte, contribuisce a suo modo ad inquinare la terra. Sappiamo anche che c’è un significativo rischio per le generazioni future di andare incontro a problemi di sopravvivenza dovuti al forte squilibro che si è creato nel rapporto uomo-ambiente. Meccanismi di negazione e diniego vengono posti in atto per fronteggiare queste angosce sia a livello individuale, che sociale e di gruppo. Per non parlare delle politiche esplicitamente negazioniste da parte di alcuni governi, che compromettono gli accordi sul clima, raggiunti con difficoltà e già di per sé insufficienti a fronteggiare la gravità della situazione.
Di fronte ad un atteggiamento diffuso che lo scrittore anglo-indiano Amitav Gosh ha definito ‘La grande cecità’, è prezioso il contributo della mostra HOT SPOT e degli artisti che vi partecipano. Dall’insieme delle loro opere compare una forte denuncia che rompe non tanto il silenzio sul tema, quanto una sorta di assuefazione ad un discorso fatto di continui riferimenti alla necessità di favorire provvedimenti politici ed economici e stili di vita finalizzati a fronteggiare la crisi ambientale senza, però, metterci veramente in contatto con la gravità della situazione.
Nella mostra vediamo e percepiamo, a partire dall’immagine del globo incandescente di Mona Hatoum, non solo che “la casa brucia”, ma che la vita di molte popolazioni, di specie animali e vegetali già è fonte di sofferenza, spaesamento e fratture traumatiche nella relazione uomo-natura.
Come nel lavoro psicoanalitico il sogno consente di rappresentare la tensione dell’inconscio nei suoi aspetti individuali e collettivi in relazione alle condizioni critiche che stiamo vivendo, nel lavoro degli artisti, che espongono nella mostra, cogliamo un messaggio corale che raggiunge i sensi e ci propone un’estetica dello svelamento, che attira lo sguardo sulla drammaticità di quelle fratture senza, però, cedere ad un senso di rassegnazione privo di speranza.
L’incontro condotto da Alfredo Lobardozzi insieme a Giovanna Coltelli è occasione per discutere del tema cruciale dei cambiamenti climatici collegati alla grave crisi ambientale a cui stiamo assistendo, attraverso il verificarsi di eventi sempre più estremi in diverse zone geografiche del pianeta. Dal punto di vista psicoanalitico, vediamo emergere alcune dinamiche, in termini psicosociali, orientate ad atteggiamenti che potremmo definire difensivi, in relazione ad angosce relative al danno che viene inflitto dall’azione dell’uomo alla natura nell’epoca geologica che viene definita Antropocene.
Siamo colti allo stesso tempo da un forte senso di colpa e di impotenza rispetto a processi, che avvengono al di fuori del nostro controllo, con la consapevolezza, però, che ognuno di noi, anche se in piccola parte, contribuisce a suo modo ad inquinare la terra. Sappiamo anche che c’è un significativo rischio per le generazioni future di andare incontro a problemi di sopravvivenza dovuti al forte squilibro che si è creato nel rapporto uomo-ambiente. Meccanismi di negazione e diniego vengono posti in atto per fronteggiare queste angosce sia a livello individuale, che sociale e di gruppo. Per non parlare delle politiche esplicitamente negazioniste da parte di alcuni governi, che compromettono gli accordi sul clima, raggiunti con difficoltà e già di per sé insufficienti a fronteggiare la gravità della situazione.
Di fronte ad un atteggiamento diffuso che lo scrittore anglo-indiano Amitav Gosh ha definito ‘La grande cecità’, è prezioso il contributo della mostra HOT SPOT e degli artisti che vi partecipano. Dall’insieme delle loro opere compare una forte denuncia che rompe non tanto il silenzio sul tema, quanto una sorta di assuefazione ad un discorso fatto di continui riferimenti alla necessità di favorire provvedimenti politici ed economici e stili di vita finalizzati a fronteggiare la crisi ambientale senza, però, metterci veramente in contatto con la gravità della situazione.
Nella mostra vediamo e percepiamo, a partire dall’immagine del globo incandescente di Mona Hatoum, non solo che “la casa brucia”, ma che la vita di molte popolazioni, di specie animali e vegetali già è fonte di sofferenza, spaesamento e fratture traumatiche nella relazione uomo-natura.
Come nel lavoro psicoanalitico il sogno consente di rappresentare la tensione dell’inconscio nei suoi aspetti individuali e collettivi in relazione alle condizioni critiche che stiamo vivendo, nel lavoro degli artisti, che espongono nella mostra, cogliamo un messaggio corale che raggiunge i sensi e ci propone un’estetica dello svelamento, che attira lo sguardo sulla drammaticità di quelle fratture senza, però, cedere ad un senso di rassegnazione privo di speranza.
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