Raffaele Curi. Nel Foro volano le api d’oro – Teocrito
Dal 21 Maggio 2021 al 21 Giugno 2021
Roma
Luogo: Fondazione Alda Fendi – Esperimenti
Indirizzo: Via della Curia 4
Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 16.00 alle ore 20.00
Costo del biglietto: Ingresso gratuito. È necessaria la prenotazione
Telefono per informazioni: +39 333.2291988
E-Mail info: info@fondazionealdafendi-esperimenti.it
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire il 20 maggio di ogni anno la Giornata Mondiale delle Api, con lo scopo di salvaguardare l’esistenza di questo insetto così importante per la vita sulla terra. In occasione di questa giornata, la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti presenta il suo nuovo esperimento artistico nella sede all’interno della Torre dei Santi Luca e Martina, al Foro Romano: l’installazione Nel Foro volano le api d’oro – Teocrito dell’artista Raffaele Curi, visitabile dal 20 maggio al 21 giugno. L’installazione viene presentata, su invito, giovedì 20 maggio all’interno dell’antica torre e dal giorno successivo è aperto su prenotazione. L’ingresso è gratuito ed è consentito per due visitatori alla volta.
Le api sono al centro della visione di Raffaele Curi, che illumina di riflessi dorati uno dei luoghi più belli del mondo, nel cuore della Caput Mundi, tra le antiche vestigia che testimoniano il potere della Roma antica, in un dialogo con il barocco di Pietro da Cortona, l’architetto che ha progettato la Chiesa dei Santi Luca e Martina, di fronte al Carcere Mamertino dove fu imprigionato San Pietro. Un senso sacrale pervade l’intera installazione che collaziona immagini fotografiche e visioni mutuate dalla storia dell’arte, con uno sguardo sincronico tanto audace da accomunare culture ed epoche diverse e da annullare ogni distanza temporale. I visitatori si trovano a camminare su un tappeto di parole spostate dal vento, mentre l’aria è satura del canto delle api, dei loro dialoghi serrati e a noi incomprensibili, eppure pervasi da una musicalità ipnotica e profonda.
La suggestione da cui tutto parte è il verso di un idillio di Teocrito, un frammento poetico che emerge dal tempo e risuona come il vagheggiamento di uno splendore perduto, che l’installazione di Raffaele Curi cerca di afferrare e di far brillare ancora una volta in tutto il suo fulgore. “Api d’oro dal Foro – scrive Curi – con la poetica degli Idilli di Teocrito. Immobile l’ansia di una reminiscenza in un assetto da guerra epocale. Tu tornerai a lenire le ferite con latte e miele d’acacia”. In uno scenario, come quello attuale, di precarietà e incertezze, di turbamenti e conflitti mai sanati, la necessità della poesia si pone come fondamento di umanità, nel desiderio di preservare il mondo in cui abitiamo affinché torni a essere il Paradiso che crediamo di avere perduto, facendo tesoro dell’operosità delle api che diventano un simbolo di forza, di speranza e di vitalità. “Se potessi scegliere, rinascerei ape – dichiara Alda Fendi – ma non ape regina, ape operaia. Laboriosa, intenta a salvare la terra. Nel Foro le api ci fanno visita iniettandoci il polline della vita, prezioso, antesignano di qualsiasi vaccino”.
Raffaele Curi compone al centro dei Fori una vera e propria poesia visiva, tutta da scoprire, un viaggio per immagini e parole, capace di fare della citazione e dell’evocazione la materia prima per un esperimento artistico e poetico di forte suggestione. Un omaggio a Roma, attraverso le sue più importanti testimonianze storiche e artistiche, cioè l’antico impero e il Barocco. Ma anche un’occasione per veicolare, attraverso l’arte, un importante messaggio ecologista, sospeso tra lo stupore poetico e la realtà storica.
Per testimoniare l’importanza delle api non solo in natura ma anche nella storia dell’arte, Raffaele Curi mette insieme i geroglifici egiziani della tomba di Sesostri I, un tetradracma in argento da Efeso in Grecia, il IV libro delle Georgiche di Virgilio, le visioni medievali dal Tacuinum sanitatis casanatensis, il Cupido ladro di miele di Albrecht Dürer, il basamento del Monumento equestre a Ferdinando I de' Medici realizzato da Giambologna a Firenze, la Fontana delle api di Gian Lorenzo Bernini, il Trionfo della Divina Provvidenza dipinto da Pietro da Cortona nel soffitto di Palazzo Barberini e Le coeur des abeilles. Alda Fendi par Pierre et Gilles fotografato da Carlo Bellincampi. Il connettore di questi passaggi lungo i sentieri della storia e dell’arte, liberamente evocati e messi in connessione da Raffaele Curi, è lo stemma di Urbano VIII Barberini, con le sue tre celebri api. E il ronzio delle api che risuona seducendo il visitatore è di Antonio Infantino.
Le api sono al centro della visione di Raffaele Curi, che illumina di riflessi dorati uno dei luoghi più belli del mondo, nel cuore della Caput Mundi, tra le antiche vestigia che testimoniano il potere della Roma antica, in un dialogo con il barocco di Pietro da Cortona, l’architetto che ha progettato la Chiesa dei Santi Luca e Martina, di fronte al Carcere Mamertino dove fu imprigionato San Pietro. Un senso sacrale pervade l’intera installazione che collaziona immagini fotografiche e visioni mutuate dalla storia dell’arte, con uno sguardo sincronico tanto audace da accomunare culture ed epoche diverse e da annullare ogni distanza temporale. I visitatori si trovano a camminare su un tappeto di parole spostate dal vento, mentre l’aria è satura del canto delle api, dei loro dialoghi serrati e a noi incomprensibili, eppure pervasi da una musicalità ipnotica e profonda.
La suggestione da cui tutto parte è il verso di un idillio di Teocrito, un frammento poetico che emerge dal tempo e risuona come il vagheggiamento di uno splendore perduto, che l’installazione di Raffaele Curi cerca di afferrare e di far brillare ancora una volta in tutto il suo fulgore. “Api d’oro dal Foro – scrive Curi – con la poetica degli Idilli di Teocrito. Immobile l’ansia di una reminiscenza in un assetto da guerra epocale. Tu tornerai a lenire le ferite con latte e miele d’acacia”. In uno scenario, come quello attuale, di precarietà e incertezze, di turbamenti e conflitti mai sanati, la necessità della poesia si pone come fondamento di umanità, nel desiderio di preservare il mondo in cui abitiamo affinché torni a essere il Paradiso che crediamo di avere perduto, facendo tesoro dell’operosità delle api che diventano un simbolo di forza, di speranza e di vitalità. “Se potessi scegliere, rinascerei ape – dichiara Alda Fendi – ma non ape regina, ape operaia. Laboriosa, intenta a salvare la terra. Nel Foro le api ci fanno visita iniettandoci il polline della vita, prezioso, antesignano di qualsiasi vaccino”.
Raffaele Curi compone al centro dei Fori una vera e propria poesia visiva, tutta da scoprire, un viaggio per immagini e parole, capace di fare della citazione e dell’evocazione la materia prima per un esperimento artistico e poetico di forte suggestione. Un omaggio a Roma, attraverso le sue più importanti testimonianze storiche e artistiche, cioè l’antico impero e il Barocco. Ma anche un’occasione per veicolare, attraverso l’arte, un importante messaggio ecologista, sospeso tra lo stupore poetico e la realtà storica.
Per testimoniare l’importanza delle api non solo in natura ma anche nella storia dell’arte, Raffaele Curi mette insieme i geroglifici egiziani della tomba di Sesostri I, un tetradracma in argento da Efeso in Grecia, il IV libro delle Georgiche di Virgilio, le visioni medievali dal Tacuinum sanitatis casanatensis, il Cupido ladro di miele di Albrecht Dürer, il basamento del Monumento equestre a Ferdinando I de' Medici realizzato da Giambologna a Firenze, la Fontana delle api di Gian Lorenzo Bernini, il Trionfo della Divina Provvidenza dipinto da Pietro da Cortona nel soffitto di Palazzo Barberini e Le coeur des abeilles. Alda Fendi par Pierre et Gilles fotografato da Carlo Bellincampi. Il connettore di questi passaggi lungo i sentieri della storia e dell’arte, liberamente evocati e messi in connessione da Raffaele Curi, è lo stemma di Urbano VIII Barberini, con le sue tre celebri api. E il ronzio delle api che risuona seducendo il visitatore è di Antonio Infantino.
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