Giuseppe Piccione. Behind the mask
Dal 26 Giugno 2021 al 25 Luglio 2021
Noto | Siracusa
Luogo: Palazzo Nicolaci di Villadorata
Indirizzo: Via Corrado Nicolaci 20
Orari: da lunedì a venerdì 17-22; sabato e domenica 18-23
Curatori: Vincenzo Medica
Enti promotori:
- Patrocinio del Comune di Noto
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.comune.noto.sr.it
Le opere figurative di GIUSEPPE PICCIONE invocano un mantra, un ripetere il ritmo della vita nascosta dietro le maschere apparenti della realtà multiforme. Un forma a servizio del rito sacro dell’arte. Molte forme che invocano una sola forma. La ricerca di un archetipo, ma irraggiungibile.
La narrazione visiva, che spazia dall’urlo di dolore, allo stupore della morte e della vita ai margini delle donne di periferia, ai segni di una sessualità mercificata, si impone come una recita ad alta voce, un grido di richiesta di aiuto che molti di noi nel loro intimo elaborano ma fingono di non avere: dietro una maschera.
Maschere in serie. Ritmo pop. Un mantra, un rullo di tamburi tribali. È così che Piccione espone in immagine visiva un vissuto sonoro. Come un rapper suburbano: voci di periferia e di margine. Voci che anelano. Voci che emergono portandosi al centro dell’attenzione del fruitore della mostra.
Il mantra visivo delle opere, eseguite con una serialità ritmica che solo un artista maturo sa fare, si manifesta a volte ad alta voce, a volte appena sussurrato. Questa ripetizione della stessa maschera, ma sempre con attributi plastici differenti, ricerca di colori irreali, forme che sembrano sublimare una libido incompiuta, è una ripetizione-preghiera. Una visione spirituale dell’arte sociale.
Piccione è un artista che si fa contaminare dal dolore degli altri, degli emarginati, dal caos interno della disabilità, dalla ricerca di purezza della prostituta, dalla pietà di un padre in braccio a un figlio. Dietro queste maschere si cela un’aurea, quella della serialità; e ci fa comprendere come l’arte contemporanea possa erodere spazi alla religiosità tradizionale facendo rivivere una spiritualità che si ispiri a sentimenti autentici. Siamo in presenza di un tentativo di costruire una vera e propria religiosità estetica.
Se è vero che Andy Warhol fece diventare simbolo della Pop Arte delle scatole di detersivo, Piccione sembra voglia far diventare le maschere-tribe un simbolo di una spiritualità perduta dalla cultura di massa; andando a ricercare – dalla cosa all’invisibile – l’angelo custode che dorme dentro ciascuno di noi e che necessita di essere risvegliato. Per far compiere un atto religioso: quell’atto a cui anela l’arte del post-moderno.
La serialità dell’opera di Piccione si pone – pertanto - proprio in antitesi alla riproducibilità da cui è afflitta la cultura visiva della società contemporanea. È così che il giudizio estetico che il fruitore della mostra è orientato ad elaborare, non può non considerare la critica sociale al meccanismo della riproducibilità della merce-uomo.
ANTONIO CASCIARO
Siracusano del 1967, Giuseppe Piccione trascorre tutta la sua infanzia in Sud Africa. Cresciuto tra la creatività di costruttore edile del padre e la creatività sartoriale e culinaria della madre In Italia segue poi gli studi artistici e s’iscrive in Architettura a Firenze. Nel 1986 crea le sue prime opere d’arte informale. Dal 1990 al 2021 ha esposto con successo in gallerie italiane e straniere in ventisette mostre personali e quarantasette mostre collettive. Sue opere sono custodite in collezioni pubbliche e private. Artista visivo versatile e completo comunica con installazioni, pittura, video arte, fotografia e tecniche digitali. Non disgiunto dalla sua attività, anzi a essa strettamente connesso, il ruolo di terapeuta per soggetti psichiatrici, autistici e disabili. Negli ultimi dieci anni la sua produzione annovera alcuni progetti artistici in continuo sviluppo formale: “Love Street” e “The Tribe”, ambedue concepiti per una declinazione artistica più ampia possibile fino a sconfinare nel campo della moda e del design, con la definizione di una linea di opere d’arte indossabili denominata “Tràncity”.
Le sue sono “creature” di un mondo dagli sviluppi accelerati, una dinamica sovrapposizione di segni, visibili vettori d’intimi e risoluti scenari.
Trovano vita e si autorigenerano nella moltiplicazione grafica e iconografica di un concetto moderno: la “ città che sale”. Come fenomenologia da strada, loro, invadono l’universo mediatico, si contaminano, rivelano celate attinenze. Giuseppe Piccione ruba per noi dalla realtà tali frammenti di vita, riconosciuti attraverso una poetica transizione esistenziale. APERITIVO CON L'ARTISTA
Sabato 26 giugno 2021 ore 19.00
La narrazione visiva, che spazia dall’urlo di dolore, allo stupore della morte e della vita ai margini delle donne di periferia, ai segni di una sessualità mercificata, si impone come una recita ad alta voce, un grido di richiesta di aiuto che molti di noi nel loro intimo elaborano ma fingono di non avere: dietro una maschera.
Maschere in serie. Ritmo pop. Un mantra, un rullo di tamburi tribali. È così che Piccione espone in immagine visiva un vissuto sonoro. Come un rapper suburbano: voci di periferia e di margine. Voci che anelano. Voci che emergono portandosi al centro dell’attenzione del fruitore della mostra.
Il mantra visivo delle opere, eseguite con una serialità ritmica che solo un artista maturo sa fare, si manifesta a volte ad alta voce, a volte appena sussurrato. Questa ripetizione della stessa maschera, ma sempre con attributi plastici differenti, ricerca di colori irreali, forme che sembrano sublimare una libido incompiuta, è una ripetizione-preghiera. Una visione spirituale dell’arte sociale.
Piccione è un artista che si fa contaminare dal dolore degli altri, degli emarginati, dal caos interno della disabilità, dalla ricerca di purezza della prostituta, dalla pietà di un padre in braccio a un figlio. Dietro queste maschere si cela un’aurea, quella della serialità; e ci fa comprendere come l’arte contemporanea possa erodere spazi alla religiosità tradizionale facendo rivivere una spiritualità che si ispiri a sentimenti autentici. Siamo in presenza di un tentativo di costruire una vera e propria religiosità estetica.
Se è vero che Andy Warhol fece diventare simbolo della Pop Arte delle scatole di detersivo, Piccione sembra voglia far diventare le maschere-tribe un simbolo di una spiritualità perduta dalla cultura di massa; andando a ricercare – dalla cosa all’invisibile – l’angelo custode che dorme dentro ciascuno di noi e che necessita di essere risvegliato. Per far compiere un atto religioso: quell’atto a cui anela l’arte del post-moderno.
La serialità dell’opera di Piccione si pone – pertanto - proprio in antitesi alla riproducibilità da cui è afflitta la cultura visiva della società contemporanea. È così che il giudizio estetico che il fruitore della mostra è orientato ad elaborare, non può non considerare la critica sociale al meccanismo della riproducibilità della merce-uomo.
ANTONIO CASCIARO
Siracusano del 1967, Giuseppe Piccione trascorre tutta la sua infanzia in Sud Africa. Cresciuto tra la creatività di costruttore edile del padre e la creatività sartoriale e culinaria della madre In Italia segue poi gli studi artistici e s’iscrive in Architettura a Firenze. Nel 1986 crea le sue prime opere d’arte informale. Dal 1990 al 2021 ha esposto con successo in gallerie italiane e straniere in ventisette mostre personali e quarantasette mostre collettive. Sue opere sono custodite in collezioni pubbliche e private. Artista visivo versatile e completo comunica con installazioni, pittura, video arte, fotografia e tecniche digitali. Non disgiunto dalla sua attività, anzi a essa strettamente connesso, il ruolo di terapeuta per soggetti psichiatrici, autistici e disabili. Negli ultimi dieci anni la sua produzione annovera alcuni progetti artistici in continuo sviluppo formale: “Love Street” e “The Tribe”, ambedue concepiti per una declinazione artistica più ampia possibile fino a sconfinare nel campo della moda e del design, con la definizione di una linea di opere d’arte indossabili denominata “Tràncity”.
Le sue sono “creature” di un mondo dagli sviluppi accelerati, una dinamica sovrapposizione di segni, visibili vettori d’intimi e risoluti scenari.
Trovano vita e si autorigenerano nella moltiplicazione grafica e iconografica di un concetto moderno: la “ città che sale”. Come fenomenologia da strada, loro, invadono l’universo mediatico, si contaminano, rivelano celate attinenze. Giuseppe Piccione ruba per noi dalla realtà tali frammenti di vita, riconosciuti attraverso una poetica transizione esistenziale. APERITIVO CON L'ARTISTA
Sabato 26 giugno 2021 ore 19.00
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