Il simbolismo nell'Arte Neorupestre
Dal 13 Agosto 2012 al 16 Settembre 2012
Siracusa
Luogo: Montevergini – Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Siracusa
Indirizzo: via Santa Lucia alla Badia 11
Orari: 10-13/ 16-20
Curatori: Dario Scarfì, Gregorio Rossi, Sabrina Collina
Enti promotori:
- Regione Siciliana
- Provincia di Siracusa
- Comune di Siracusa
- Friends of the Johns Hopkins University
- Istituto Europeo Pegaso
- M.A.C.I.A. Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America
- Italian Art Promotion
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per prevendita: +39 3389290128
Telefono per informazioni: +39 3389290128
E-Mail info: info@andreabenetti.com
Sito ufficiale: http://www.andreabenetti-foundation.org
Andrea Benetti, dopo aver presentato alla 53. Biennale di Venezia il "Manifesto dell'Arte Neorupestre", sta riportando la sua pittura Neorupestre alle origini, ovvero all'interno di grotte e similari (a Castellana Grotte la mostra che ha realizzato dentro alla caverna "la Grave" è entrata a far parte del programma di ricerca sull'arte contemporanea dell'Università del Salento e prossimamente dovrà affrescare il tunnel delle Grotte di Frasassi). In alternativa al "ritorno alle origini", realizza mostra di grande rilievo, in luoghi istituzionali, quali musei, sale Comunali, università, palazzi di importanza storica, ecc. La mostra a Montevergini, la galleria d'Arte Contemporanea di Siracusa, rientra in questa seconda parte dell'attività espositiva di Andrea Benetti. A Siracusa saranno esposte 42 opere, in maggioranza di grande formato e sarà focalizzata l'attenzione su quello che è, a tutti gli effetti, un neo-simbolismo, creato dal pennello di Andrea Benetti, in cui dagli ominidi stilizzati, alle forme embrionali e/o palesate, attraverso una geometria propria dell'artista sono gli attori dell'opera, ma al tempo stesso elementi a sè stanti, quasi isolati nella loro forma interiore. Andrea Benetti è molto apprezzato da musei ed istituzioni per quella che va oltre la pittura e diventa ricerca, cultura, creazione; ed è per questo che a marzo è stata acquisita una sua opera nella Collezione del Quirinale e subito dopo dal Museion di Bolzano ed a settembre donerà di persona, una sua opera dedicata a Wojtyla, al Papa, per le Collezioni del Vaticano. Senza contare le acquisizioni antecedenti di musei ed istituzioni che già precedentemente annoveravano un'opera di Benetti, tra cui, una per tutti, la Segreteria Generale dell'ONU, nel palazzo di Vetro a New York. “Il simbolismo nella pittura Neorupestre” L’arte “neorupestre” di Andrea Benetti non è fatta su pietra né su parete rocciosa: è fatta su tela. Non ci si aspetti, dunque, un artista con le mani callose e frante, munito di martello e scalpello, sudato e sporco di schegge e di polveri. Al più lo insudiciano qualche macchia di olio, o di henné o di colore. L’arte “neorupestre” è, dunque, una – finzione; una finzione nella quale – per parafrasare Gorgia – è più saggio chi si lascia ingannare. La pittura di Benetti ci invita a compiere un viaggio a ritroso: una sorta di regressus ad uterum per farci ritrovare il nostro rapporto e l’equilibrio armonico con la Natura, che i falsi idoli della modernità e del progresso fini a se stessi hanno alterato e ci hanno fatto disperdere. La “rupe”, cui Benetti affida i propri segni e i propri colori, è una rupe finta nella realtà, e che – tuttavia – richiama l’anelito alla stabilità e alla fermezza, alla forza imperitura del messaggio ad essa affidato; l’idea che di fronte al transeunte vi è l’immutabile e che di fronte al sacro vi è il profano. L’arte rupestre era un atto magico che si svolgeva all’interno di una caverna; al rito partecipavano l’artista-sacerdote e, forse, anche i capi della tribù: i profani ne rimanevano fuori, “davanti” appunto. Il segno – inciso graffito dipinto – era il rito, chiamato di volta in volta ad ogni visione, a ricreare l’universo simbolico e spirituale. Questo deve fare chi si accosta alla pittura di Benetti: rientrare nella propria caverna, penetrare il simbolismo delle immagini per accedere all’archetipo del quale il glifo è la mera espressione formale. Benetti, nel ricostruire questo fitto ordito di rimandi richiami e allusioni (ché l’artista, nessun artista, può svelare del tutto: il mistero è, per propria natura, segreto intimo inspiegabile), intende restituire alle immagini la forza della preghiera. Non agli déi, s’intende; una preghiera laica che punta ai più puri sentimenti del cuore per la stessa forza evocativa delle immagini. Così, anche le forme “moderne” (le macchine, i giocatori di golf, gli aquiloni o le barche a vela), trattate alla stessa maniera di quelle “naturali” (i fiori, i pesci, l’universo o i cavalli), diventano tormentate visioni che si animano e vivono all’interno delle campiture “naturali” delle diaclasi delle “rocce”. Dario Scarfì Comune di Siracusa – Assessorato alle Politiche Culturali e UNESCO Coordinatore del Padiglione “Sicilia” alla 54.
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