Boris Mikhailov: Ukraine
Dal 01 Ottobre 2015 al 10 Gennaio 2016
Torino
Luogo: Camera - Centro Italiano per la Fotografia
Indirizzo: via delle Rosine 18
Orari: da lunedì a domenica 11-19; giovedì 11-21; chiuso il martedì
Enti promotori:
- Città di Torino
- Regione Piemonte
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 5 fino a 26 anni, over 65 e possessori Abbonamento Musei Torino Piemonte. Gratuito per bambini fino a 12 anni
E-Mail info: camera@camera.to
Sito ufficiale: http://www.camera.to
Boris Mikhailov: Ukraine è una mostra retrospettiva che esplora l’intera carriera dell’artista di Kharkiv, dai difficili esordi alla fine degli anni Sessanta fino alla produzione più recente.
Con oltre 300 opere e una selezione di pubblicazioni e altri elementi, non si tratta soltanto di una delle più ampie mostre mai realizzate su Mikhailov, ma anche della prima declinata attorno a un tema fondamentale della sua ricerca artistica: l’Ucraina, terra d’origine dell’autore.
Il percorso della mostra si sviluppa secondo tre assi principali: gli ultimi cinquant’anni di storia dell’Ucraina dalla nascita dell’Unione Sovietica alle più recenti rivoluzioni, al centro dell’attualità e terreno cruciale per gli equilibri politici ed economici mondiali; la carriera artistica di Mikhailov, caratterizzata da continue sperimentazioni sul linguaggio fotografico; infine il modo in cui il tema dell’Ucraina è stato progressivamente integrato nell’opera di Mikhailov, passando dalla documentazione alla ricostruzione, dalla teatralizzazione alla diaristica, dalla narrazione all’antinarrazione.
Ukraine presenta nove serie, ciascuna rappresentativa di un passaggio chiave nell’articolazione dei temi della mostra: Superimpositions (1968–75), Black Archive (1968–79), Red Series (1968–75), Luriki (1976–81), Crimean Snobbism (1981), At Dusk (1993), Case History (1997–98), Tea Coffee Cappuccino (2000–10) e The Theater of War (2013).
Le immagini di Mikhailov consentono di ripercorrere la vita e l’opera di una delle figure più interessanti della storia dell’arte contemporanea, ma anche di immergersi in una visione alternativa e personale di un’intera storiografia nazionale.
Le serie
• Superimpositions (1968–75) Già nella prima serie con cui si affaccia al mondo dell’arte, Mikhailov compie una radicale revisione del linguaggio che utilizza. Diapositive a colori vengono sovrapposte a due a due per dare vita a immagini oniriche e suggestive. Dalla combinazione tra il caso e la soggettività dell’autore emergono universi impossibili, privati di ogni legge, spesso disturbanti.
• Black Archive (1968–79) La serie, composta da stampe vintage di piccolo formato, ritrae la città di Kharkiv – uno dei fulcri del Costruttivismo Sovietico – e i suoi abitanti nel pieno del regime comunista. Rigore compositivo e lirismo si mescolano al sarcasmo con cui viene articolata una sottile critica politica.
• Red Series (1968–75) Il colore rosso, simbolo del regime comunista ed elemento visivo di immediato richiamo, è il protagonista di questo lavoro. Per molti anni Mikhailov lo riprende ossessivamente, steso sui soggetti più disparati. Le celebrazioni ufficiali del Partito si combinano così con immagini di strada e intimi momenti di vita quotidiana, azzerando ogni differenza di genere in un clima di sospensione tra passato e futuro.
• Luriki (1976–81) Mikhailov rivolge l’attenzione agli stereotipi dell’ideologia sovietica per comporne un ritratto bizzarro e grottesco, enfatizzato dall’applicazione manuale di colore su vecchie immagini fotografiche in bianco e nero.
• Crimean Snobbism (1981) Fotografie virate in una tinta brunastra ritraggono Mikhailov e altre persone a lui vicine sulle spiagge della Crimea mentre posano in costume da bagno, prendendo il sole e compiendo altre attività ricreative. Frutto di una esuberante messinscena, si tratta di una dissacrante parodia della nuova borghesia, i cui divertimenti, ispirati al modello occidentale, appaiono molto lontani dal contesto circostante.
• At Dusk (1993) Realizzata nel periodo immediatamente successivo al collasso dell’Unione Sovietica, la serie volge uno sguardo nostalgico al passato in vista di un futuro che sembra promettere nient’altro che difficoltà, povertà e violenza. Il blu sottomarino in cui ogni immagine è immersa enfatizza il senso di oppressione e le difficoltà nell’individuare una via d’uscita.
• Case History (1997–98) Opera tra le più celebri e controverse di Boris Mikhailov, Case History costituisce un vasto affresco sulla civiltà contemporanea dopo la disgregazione del blocco comunista. Fondata sull’osservazione dei cosiddetti bomzhes, senzatetto a cui l’avvento del capitalismo in Ucraina sembra avere strappato ogni cosa, dagli abiti alla dignità, questa serie colpisce non soltanto per ciò che rappresenta, ma anche per il modo in cu lo fa. Contraddicendo prassi ed etica della fotografia sociale, Mikhailov mette in scena alcune situazioni rappresentate, facendo della realtà uno sterminato teatro.
• Tea Coffee Cappuccino (2000–10) In continuità con Case History, questa serie si concentra sulla dimensione plastica e fittizia della Kharkiv post-sovietica, con un linguaggio, ormai consolidato, carico di macabro umorismo.
• The Theater of War (2013) L’ultimo e più recente lavoro di Mikhailov è dedicato alle manifestazioni di Euromaidan, che hanno posto l’Ucraina al centro degli equilibri internazionali, scatenando un vasto interesse mediatico. Composta da stampe di grandi dimensioni, in alcuni casi combinate tra loro e dipinte, la serie costringe il visitatore a immergersi nel caos della contemporaneità.
Il Libro
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione co-edita da Camera e Walther KSnig, ma non si tratterà di un catalogo: il libro sarà infatti dedicato a una selezione di oltre 500 fotografie raccolte da Mikhailov nel corso degli anni, costitutive di una sorta di diario personale.
Un saggio del curatore Francesco Zanot sul tema centrale della mostra – le continue riflessioni dell’autore ucraino sulla propria patria – sarà associato a immagini diverse da quelle esposte a parete, come se il libro non fosse altro che la stanza finale di questo percorso, che il visitatore può esplorare privatamente una volta conclusa la visita.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione, ma non si tratterà di un catalogo: il libro sarà infatti dedicato a una selezione di oltre 500 fotografie raccolte da Mikhailov nel corso degli anni, costitutive di una sorta di diario personale. Un saggio sul tema centrale della mostra – le continue riflessioni dell’autore ucraino sulla propria patria – sarà associato a immagini differenti, come se il libro non fosse altro che la stanza finale di questo percorso, che il visitatore può esplorare privatamente una volta conclusa la visita.
Boris Mikhailov è un fotografo ucraino. Durante il regime Sovietico, mentre lavora come ingegnere in una fabbrica di Kharkiv, si dedica alla passione per la fotografia, con le prime esposizioni risalenti agli anni Sessanta. Dopo che gli agenti del KGB scoprono alcuni scatti di nudo della moglie, viene accusato di distribuire pornografia e viene costretto ad allontanarsi dal posto di lavoro. Forzato a sopravvivere con occupazioni saltuarie, riserva il tempo che gli rimane per portare avanti la sua ricerca. Nelle sue serie fotografiche, Mikhailov approfondisce diversi temi sociali, facendo uso di esempi concreti per mostrare lo stato in cui verte la società e i cambiamenti provocati dalla perestroika. Negli anni Novanta Mikhailov comincia a esporre in Occidente e riceve presto l’attenzione della comunità artistica internazionale. Le maggiori istituzioni degli Stati Uniti e dell’Europa hanno ospitato le sue mostre personali, e le sue opere sono conservate nelle collezioni del Metropolitan Museum e del MoMA (New York), del SFMoMA (San Francisco), del Victoria & Albert Museum (Londra).
Con oltre 300 opere e una selezione di pubblicazioni e altri elementi, non si tratta soltanto di una delle più ampie mostre mai realizzate su Mikhailov, ma anche della prima declinata attorno a un tema fondamentale della sua ricerca artistica: l’Ucraina, terra d’origine dell’autore.
Il percorso della mostra si sviluppa secondo tre assi principali: gli ultimi cinquant’anni di storia dell’Ucraina dalla nascita dell’Unione Sovietica alle più recenti rivoluzioni, al centro dell’attualità e terreno cruciale per gli equilibri politici ed economici mondiali; la carriera artistica di Mikhailov, caratterizzata da continue sperimentazioni sul linguaggio fotografico; infine il modo in cui il tema dell’Ucraina è stato progressivamente integrato nell’opera di Mikhailov, passando dalla documentazione alla ricostruzione, dalla teatralizzazione alla diaristica, dalla narrazione all’antinarrazione.
Ukraine presenta nove serie, ciascuna rappresentativa di un passaggio chiave nell’articolazione dei temi della mostra: Superimpositions (1968–75), Black Archive (1968–79), Red Series (1968–75), Luriki (1976–81), Crimean Snobbism (1981), At Dusk (1993), Case History (1997–98), Tea Coffee Cappuccino (2000–10) e The Theater of War (2013).
Le immagini di Mikhailov consentono di ripercorrere la vita e l’opera di una delle figure più interessanti della storia dell’arte contemporanea, ma anche di immergersi in una visione alternativa e personale di un’intera storiografia nazionale.
Le serie
• Superimpositions (1968–75) Già nella prima serie con cui si affaccia al mondo dell’arte, Mikhailov compie una radicale revisione del linguaggio che utilizza. Diapositive a colori vengono sovrapposte a due a due per dare vita a immagini oniriche e suggestive. Dalla combinazione tra il caso e la soggettività dell’autore emergono universi impossibili, privati di ogni legge, spesso disturbanti.
• Black Archive (1968–79) La serie, composta da stampe vintage di piccolo formato, ritrae la città di Kharkiv – uno dei fulcri del Costruttivismo Sovietico – e i suoi abitanti nel pieno del regime comunista. Rigore compositivo e lirismo si mescolano al sarcasmo con cui viene articolata una sottile critica politica.
• Red Series (1968–75) Il colore rosso, simbolo del regime comunista ed elemento visivo di immediato richiamo, è il protagonista di questo lavoro. Per molti anni Mikhailov lo riprende ossessivamente, steso sui soggetti più disparati. Le celebrazioni ufficiali del Partito si combinano così con immagini di strada e intimi momenti di vita quotidiana, azzerando ogni differenza di genere in un clima di sospensione tra passato e futuro.
• Luriki (1976–81) Mikhailov rivolge l’attenzione agli stereotipi dell’ideologia sovietica per comporne un ritratto bizzarro e grottesco, enfatizzato dall’applicazione manuale di colore su vecchie immagini fotografiche in bianco e nero.
• Crimean Snobbism (1981) Fotografie virate in una tinta brunastra ritraggono Mikhailov e altre persone a lui vicine sulle spiagge della Crimea mentre posano in costume da bagno, prendendo il sole e compiendo altre attività ricreative. Frutto di una esuberante messinscena, si tratta di una dissacrante parodia della nuova borghesia, i cui divertimenti, ispirati al modello occidentale, appaiono molto lontani dal contesto circostante.
• At Dusk (1993) Realizzata nel periodo immediatamente successivo al collasso dell’Unione Sovietica, la serie volge uno sguardo nostalgico al passato in vista di un futuro che sembra promettere nient’altro che difficoltà, povertà e violenza. Il blu sottomarino in cui ogni immagine è immersa enfatizza il senso di oppressione e le difficoltà nell’individuare una via d’uscita.
• Case History (1997–98) Opera tra le più celebri e controverse di Boris Mikhailov, Case History costituisce un vasto affresco sulla civiltà contemporanea dopo la disgregazione del blocco comunista. Fondata sull’osservazione dei cosiddetti bomzhes, senzatetto a cui l’avvento del capitalismo in Ucraina sembra avere strappato ogni cosa, dagli abiti alla dignità, questa serie colpisce non soltanto per ciò che rappresenta, ma anche per il modo in cu lo fa. Contraddicendo prassi ed etica della fotografia sociale, Mikhailov mette in scena alcune situazioni rappresentate, facendo della realtà uno sterminato teatro.
• Tea Coffee Cappuccino (2000–10) In continuità con Case History, questa serie si concentra sulla dimensione plastica e fittizia della Kharkiv post-sovietica, con un linguaggio, ormai consolidato, carico di macabro umorismo.
• The Theater of War (2013) L’ultimo e più recente lavoro di Mikhailov è dedicato alle manifestazioni di Euromaidan, che hanno posto l’Ucraina al centro degli equilibri internazionali, scatenando un vasto interesse mediatico. Composta da stampe di grandi dimensioni, in alcuni casi combinate tra loro e dipinte, la serie costringe il visitatore a immergersi nel caos della contemporaneità.
Il Libro
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione co-edita da Camera e Walther KSnig, ma non si tratterà di un catalogo: il libro sarà infatti dedicato a una selezione di oltre 500 fotografie raccolte da Mikhailov nel corso degli anni, costitutive di una sorta di diario personale.
Un saggio del curatore Francesco Zanot sul tema centrale della mostra – le continue riflessioni dell’autore ucraino sulla propria patria – sarà associato a immagini diverse da quelle esposte a parete, come se il libro non fosse altro che la stanza finale di questo percorso, che il visitatore può esplorare privatamente una volta conclusa la visita.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione, ma non si tratterà di un catalogo: il libro sarà infatti dedicato a una selezione di oltre 500 fotografie raccolte da Mikhailov nel corso degli anni, costitutive di una sorta di diario personale. Un saggio sul tema centrale della mostra – le continue riflessioni dell’autore ucraino sulla propria patria – sarà associato a immagini differenti, come se il libro non fosse altro che la stanza finale di questo percorso, che il visitatore può esplorare privatamente una volta conclusa la visita.
Boris Mikhailov è un fotografo ucraino. Durante il regime Sovietico, mentre lavora come ingegnere in una fabbrica di Kharkiv, si dedica alla passione per la fotografia, con le prime esposizioni risalenti agli anni Sessanta. Dopo che gli agenti del KGB scoprono alcuni scatti di nudo della moglie, viene accusato di distribuire pornografia e viene costretto ad allontanarsi dal posto di lavoro. Forzato a sopravvivere con occupazioni saltuarie, riserva il tempo che gli rimane per portare avanti la sua ricerca. Nelle sue serie fotografiche, Mikhailov approfondisce diversi temi sociali, facendo uso di esempi concreti per mostrare lo stato in cui verte la società e i cambiamenti provocati dalla perestroika. Negli anni Novanta Mikhailov comincia a esporre in Occidente e riceve presto l’attenzione della comunità artistica internazionale. Le maggiori istituzioni degli Stati Uniti e dell’Europa hanno ospitato le sue mostre personali, e le sue opere sono conservate nelle collezioni del Metropolitan Museum e del MoMA (New York), del SFMoMA (San Francisco), del Victoria & Albert Museum (Londra).
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