Francesco Barbieri. Terra di nessuno
Dal 26 Marzo 2015 al 30 Aprile 2015
Torino
Luogo: Square23 Art Gallery
Indirizzo: via San Massimo 45
Orari: lunedì - sabato 11-20 o su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 334.9980390
E-Mail info: info@square23.net
La “terra di nessuno” è un’area ferroviaria abbandonata, lo spazio sotto uno svincolo della tangenziale, un tunnel, l’interstizio tra due sottopassaggi bui. La terra di nessuno è il soggetto principale della pittura dell’ex “scrittore di graffiti” Francesco Barbieri.
Da questa zona di frontiera l’artista ha imparato ad osservare e a vedere tutto ciò che lo circonda con senso critico ma anche con incanto, trasportando tralicci, antenne, palazzi e cieli opalescenti irrorati di smog nelle sue tele.
TESTO CRITICO DI CHRISTIAN OMODEO
I paesaggi urbani di Francesco Barbieri trasmettono un modo preciso di vedere e di vivere lo spazio urbano, tipico di chi ha un trascorso nel graffiti writing. Nelle sue opere va in scena un immaginario collettivo rimosso e composto da scorci di città invisibili ai nostri occhi. I suoi paesaggi si concentrano su delle aree urbane che il nostro sguardo ignora coscientemente. Sono delle carte geografiche di un mondo circostante che ci autoprecludiamo, quasi come delle fotografie scattate a occhi chiusi con uno smartphone mentre attraversiamo in treno o in metropolitana una città.
Terra di nessuno, il titolo di questa mostra, è una presa d’atto della relazione irreale – sospinta dal solo desiderio artificiale di consumare o di transitare – che molti hanno con lo spazio urbano. Assume, in seguito, un accento rivendicativo, perché Francesco Barbieri educa l’occhio dei propri spettatori e li invita a riscoprire autonomamente la bellezza di quegli spazi urbani finora preclusi al loro sguardo. Il tono onirico di molte sue composizioni recupera quelle indagini volte a svelare l’anima degli spazi urbani, che Guy Debord e i situazionisti tennero a battesimo negli anni ’50 con il nome di psicogeografia. Il rapporto intimistico con alcuni angoli di città ricalca, invece, le passeggiate descritte dal disegnatore giapponese Jirô Taniguchi ne L’uomo che cammina. Il suo lirismo recupera invece quel rapporto sofisticato e silenzioso allo spazio urbano tipico dei primi ritratti fotografici di città scattati da Eugène Atget nella Parigi di fine ‘800.
Tanta street art trasforma l’esperienza urbana in immagini virali, destinate a internet più che a una tela. Francesco Barbieri fa l’esatto contrario. Racconta la città in modo meno sfacciato, perché preferisce una visione intimistica del paesaggio urbano. Apprezza la resa cromatica di atmosfere cariche di colori forti, in cui riemergono i profili stilizzati di architetture industriali. La lettera e la parola non hanno più spazio nella sua produzione, ma il nuovo lirismo di Francesco Barbieri fa sì che la definizione di poesia visiva sia e rimanga sempre quella più adeguata a definire i quadri e i disegni esposti tra le mura di Square23.
Artista autodidatta formatosi tramite un’intensa esperienza di “urban exploration” nelle principali città europee e americane. Con il suo lavoro su tela degli ultimi anni ha esplorato molteplici soggetti mutuati dal folklore tipico dei graffiti: dai collages che riproducono gli strati e le texture dei muri delle nostre città fino alla serie di ritratti dal sapore psichedelico e pop chiamata “Cool Portraits”; dalle immagini spaziali ispirate alla fantascienza che diventano sempre più astratte, fino all’estetica cruda delle periferie e dei paesaggi ferroviari, sulla quale la sua ricerca si sofferma, cercando di descrivere quelle “terre di nessuno” situate ai confini urbani. Vive e lavora a Pisa.
Da questa zona di frontiera l’artista ha imparato ad osservare e a vedere tutto ciò che lo circonda con senso critico ma anche con incanto, trasportando tralicci, antenne, palazzi e cieli opalescenti irrorati di smog nelle sue tele.
TESTO CRITICO DI CHRISTIAN OMODEO
I paesaggi urbani di Francesco Barbieri trasmettono un modo preciso di vedere e di vivere lo spazio urbano, tipico di chi ha un trascorso nel graffiti writing. Nelle sue opere va in scena un immaginario collettivo rimosso e composto da scorci di città invisibili ai nostri occhi. I suoi paesaggi si concentrano su delle aree urbane che il nostro sguardo ignora coscientemente. Sono delle carte geografiche di un mondo circostante che ci autoprecludiamo, quasi come delle fotografie scattate a occhi chiusi con uno smartphone mentre attraversiamo in treno o in metropolitana una città.
Terra di nessuno, il titolo di questa mostra, è una presa d’atto della relazione irreale – sospinta dal solo desiderio artificiale di consumare o di transitare – che molti hanno con lo spazio urbano. Assume, in seguito, un accento rivendicativo, perché Francesco Barbieri educa l’occhio dei propri spettatori e li invita a riscoprire autonomamente la bellezza di quegli spazi urbani finora preclusi al loro sguardo. Il tono onirico di molte sue composizioni recupera quelle indagini volte a svelare l’anima degli spazi urbani, che Guy Debord e i situazionisti tennero a battesimo negli anni ’50 con il nome di psicogeografia. Il rapporto intimistico con alcuni angoli di città ricalca, invece, le passeggiate descritte dal disegnatore giapponese Jirô Taniguchi ne L’uomo che cammina. Il suo lirismo recupera invece quel rapporto sofisticato e silenzioso allo spazio urbano tipico dei primi ritratti fotografici di città scattati da Eugène Atget nella Parigi di fine ‘800.
Tanta street art trasforma l’esperienza urbana in immagini virali, destinate a internet più che a una tela. Francesco Barbieri fa l’esatto contrario. Racconta la città in modo meno sfacciato, perché preferisce una visione intimistica del paesaggio urbano. Apprezza la resa cromatica di atmosfere cariche di colori forti, in cui riemergono i profili stilizzati di architetture industriali. La lettera e la parola non hanno più spazio nella sua produzione, ma il nuovo lirismo di Francesco Barbieri fa sì che la definizione di poesia visiva sia e rimanga sempre quella più adeguata a definire i quadri e i disegni esposti tra le mura di Square23.
Artista autodidatta formatosi tramite un’intensa esperienza di “urban exploration” nelle principali città europee e americane. Con il suo lavoro su tela degli ultimi anni ha esplorato molteplici soggetti mutuati dal folklore tipico dei graffiti: dai collages che riproducono gli strati e le texture dei muri delle nostre città fino alla serie di ritratti dal sapore psichedelico e pop chiamata “Cool Portraits”; dalle immagini spaziali ispirate alla fantascienza che diventano sempre più astratte, fino all’estetica cruda delle periferie e dei paesaggi ferroviari, sulla quale la sua ricerca si sofferma, cercando di descrivere quelle “terre di nessuno” situate ai confini urbani. Vive e lavora a Pisa.
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