Gabriele Maquignaz. Elevazione della materia
Dal 19 Maggio 2013 al 04 Giugno 2013
Torino
Luogo: Museo MIIT
Indirizzo: corso Cairoli 4
Orari: da martedì a sabato 15-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 8129776
E-Mail info: info@italiaarte.it
Sito ufficiale: http://www.italiaarte.it/home.html
Il Museo MIIT di Torino ospita, dal 18 maggio al 4 giugno, l’antologica dell’artista valdostano Gabriele Maquignaz, presentando una selezione di opere pittoriche e scultoree realizzate dai primi anni del Duemila ad oggi. Si tratta di collages creati assemblando oggetti quotidiani, dipinti espressionisti e astratti in cui il colore e la materia rivestono un ruolo primario, sperimentazioni con metalli, legno, plastiche, resine, sculture in bronzo a cera persa e acciaio. E’ un percorso elaborato e stupefacente, esempio di creatività ed energia posta al servizio dell’arte, di un’idea di bellezza e potenza sposata a un profondo senso del sacro e della spiritualità. La formazione artistica di Maquignaz nasce dalla passione e dall’osservazione dei maestri, dall’indagine condotta sui grandi del passato, da Picasso a Ernst, da Arman a Vedova e dall’innata necessità di esprimersi attraverso il colore e la forma, la manipolazione della materia che si fa immagine. Nell’utilizzo e nella trasformazione di oggetti di uso comune in opere d’arte, Maquignaz elabora un concetto di creatività suggestivo e plastico, in cui l’armonia dei contrasti risulta vitale nell’elaborazione delle composizioni. Tra i prossimi appuntamenti espositivi internazionali che lo vedranno protagonista, segnaliamo le esposizioni “Luxury Art” al Museo Altes Dampfbad di Baden-Baden, l’Internazionale Italia Arte al Museo Künstlerforum di Bonn, l’International Biennial of Contemporary Art alla Zhou Brothers Art Center Foundation di Chicago, curate da Italia Arte con il patrocinio di primarie Istituzioni artistiche e culturali italiane ed estere.
TESTI CRITICI:
FORMA E MATERIA NELLE OPERE DI GABRIELE MAQUIGNAZ
“Dare “forma alla materia” è quanto di più adeguato possa sussistere in termini di spiritualità artistica. E Gabriele Maquignaz, che ha visto la propria esistenza prendere vita e svilupparsi al cospetto dei grandi titani montagnosi alpini che da oltre 2 miliardi di anni rendono bello e forte oltre ogni dire quell’angolo del Creato, non poteva che concepire la valenza della spiritualità conformata nella materia in un’estetica di tale “dinamica energetica” da lasciare non raramente con fiato sospeso l’osservatore delle sue opere. Ha sicuramente nelle vene la razionalità della “seconda vista” di un Marcel Duchamp, il Nostro, quando riesce a ridare fuoco al ferro tratto dalle rocce, a ricreare il calore del legno sotto il sole di antiche giornate assolate sugli altipiani, a rendere in forma“ramata” gli stilemi di simboli misteriosi ed arcaici. Neonewdadaista? Robert Rauschenberg e Jasper Johns non sono poi così lontani dalle sue “evoluzioni dell’anima”. Certamente, Gabriele Maquignaz è un artista che sa parlare non solo con gli spiriti umani, ma anche con quelli (da quelli aspri, che risiedono sulle alte vette a quelli teneri, contenuti nel cuore di una marmotta) della Natura”.
Prof. Paolo Turati
Collaboratore Christie’s Italia, Presidente “Tactica”
MAQUIGNAZ: ARTE COME METAFORA DELLO SPIRITO
L’anelito verso l’infinito, le ataviche domande sull’esistenza e sulla morte risiedono da sempre nel più profondo dell’animo umano e gli artisti di ogni tempo hanno rappresentato il complesso percorso verso la conoscenza del Sè, interagendo con l’effimera natura della materia e l’immortale condizione dello spirito. Gabriele Maquignaz interpreta questa primordiale necessità dell’essere umano con un approccio istintivo alla pittura e alla scultura, ricercando nel segno e nel gesto l’essenza della vita. Il suo percorso artistico scaturisce da una necessità epidermica di confrontarsi con se stesso e con gli altri, con i grandi misteri dell’universo, con la divinità insita in ognuno di noi. Nelle sue opere emerge la perenne lotta interiore tra bene e male, tra le tenebre del dolore e la luce della rinascita, tra la vita e la morte. L’alfabeto espressivo dell’artista si nutre di simboli e metafore: dal volto destrutturato e scomposto in energiche spatolate cromatiche scavate nel colore al teschio dorato e svuotato della carne il passo è breve, quasi immediato, anche iconograficamente, a ricordarci il veloce e inarrestabile fluire del tempo. L’icona della bellezza corporea, della perfezione fisica, della cultura dell’immagine viene invece bloccata, fermata, arrestata nella colata immutabile e conservativa della resina, quasi un processo di mummificazione del sogno di bellezza e giovinezza che pervade l’uomo del terzo millennio. Le opere di Gabriele Maquignaz indicano sempre una strada verso la salvazione, che si tratti delle emblematiche vette di bronzo e acciaio che riproducono le sue montagne valdostane o quegli sguardi perduti in un oceano di colore e disperazione. L’artista intende esorcizzare la morte attraverso la sua opera, ne comprende e ne vive intensamente il dramma esistenziale, indicandoci però una via di salvezza. E’ la strada che conduce all’Uomo e al suo spirito, impervia e ricca di ostacoli, personale e unica nel percorso individuale, ma la grande arte sa renderla miracolosamente universale, trasversale nel suo linguaggio di espressione e di simbologia. Per questo Gabriele Maquignaz riesce a raggiungere con la sua creatività l’intimo dell’osservatore, con immediato fervore e sapiente mestiere. Negli anni l’artista ha perfezionato l’antica e complessa arte della fusione bronzea a cera persa, ha individuato nell’acciaio un materiale moderno, perfetto nell’elaborazione contrastante tra linguaggio antico e tradizionale e innovativo strumento espressivo, ha colto con estrema sintesi e ironia le tendenze e le debolezze contemporanee rendendole arte, gioco, riflessione, provocazione. Maquignaz scardina quindi la realtà e il linguaggio artistico tradizionale, li trasforma in un sogno surreale e inaspettato partendo dalla quotidianità per arrivare all’infinito. L’artista elabora con la fantasia personaggi improbabili, allucinate presenze totemiche e un bestiario dal sapore medioevale e gotico che abita spesso le sue lastre di ferro forgiate, le sculture saldate e assemblate da cui spuntano chiodi, lance, corazze immaginifiche, specchio di un inconscio che emerge prepotente e inarrestabile dai lavori dell’autore. Questa ricerca attenta, scrupolosa, dinamica del lato meno conosciuto di noi stessi diventa la cifra stilistica predominante nell’arte di Gabriele Maquignaz, così come la sperimentazione di una libertà espressiva e anticonformista tipica di un Surrealismo contemporaneo, fortemente evocativo e fantastico eppure così aderente alla vita. Può sembrare una contraddizione in termini parlare di un Surrealismo ‘reale’, eppure questo diventa un carattere peculiare delle sue creazioni, quel ritrovarvi sempre e comunque lo spirito vitale che ammanta il quotidiano e l’esistenza stessa, rielaborandoli con lo sguardo del poeta e del visionario che vuole trascendere il contingente per raggiungere l’ignoto e il mistero della vita. Il senso di sacralità emerge così all’improvviso, inatteso, da una montagna scolpita nella creta e fusa nell’acciaio, che tende al cielo e all’eternità, dalla metafora delle “cornici spezzate”, vuoti involucri di una vita (e di un’arte) ormai allo sbando, dalle icone che nulla hanno di sacro, se non il monito a ritrovare la vera umanità, lasciando alle spalle il consumismo e l’adorazione dell’immagine effimera dell’uomo. La fede in un Dio, che si chiami Natura, Universo, Uomo, assume la valenza di un processo salvifico che si snoda tra i meandri della gioia e del dolore che caratterizzano ogni nostra giornata. L’artista recupera, nell’elevazione della materia a spirito, il senso ultimo del Creato, riportandoci in una dimensione reale, viva, pulsante di bellezza e armonia, quasi un’Eucarestia, un ‘rendere grazie’ alla Maestà di Dio e all’eterna meraviglia che l’uomo prova al cospetto della natura.
Guido?Folco
Editore-Direttore Italia Arte
Presidente Galleria Folco – Direttore Museo MIIT Torino
BIOGRAFIA DI GABRIELE MAQUIGNAZ E REGESTO ESPOSITIVO
Gabriele Maquignaz è nato ad Aosta nel 1972. Figlio d’arte, suo padre è il noto pittore Aimé Maquignaz, fin da bambino manifesta propensione e talento per la manualità creativa, affiancando ben presto agli studi tradizionali anche altri interessi, come lo sci, di cui diventa maestro della Scuola del Cervino o, dagli anni 2000, la politica, che lo vede impegnato nella sua regione prima come Consigliere comunale di Valtournanche e poi in qualità di Consigliere regionale. Anche imprenditore nel settore turistico, diventa Presidente degli albergatori valdostani, ma la passione per l’arte lo accompagna sempre nel corso del suo percorso professionale, fino a sfociare, nel 2002, in una necessità fisica e spirituale di esprimersi attraverso la pittura e la scultura. Nascono così i primi dipinti fortemente materici, cromatici, realizzati con assemblaggi di oggetti di uso quotidiano inseriti in contesti originalissimi per struttura e idea. L’incontro con François Thévénin, noto scultore di Cannes, segna una svolta decisiva nelle creazioni di Maquignaz.
Maestro nel manipolare i materiali, Maquignaz predilige il confronto con il ferro, l’acciaio, il bronzo, il legno, le plastiche e le resine, che impara ad utilizzare con estrema perizia, fino a creare le sue inimitabili “Icone sexy Chic”, specchio di una società dell’immagine svuotata di spiritualità, o rappresentando il mondo, la natura, la vita attraverso creature scaturite dalla fantasia, dai sogni e dagli incubi, dall’elevazione spirituale e dalle paure terrene più recondite. Il suo percorso artistico lo porta ad affrontare sfide sempre nuove, come la fusione della monumentale scultura bronzea “Primitif”, probabilmente l’opera più ‘alta’ d’Europa, quasi un inno alla sacralità della natura, fino al confronto con culture e mercati internazionali diversi, esponendo presso gli Istituti Italiani di Cultura di Praga, Copenaghen, Sofia, Colonia, in fiere mondiali come quelle di Miami o in contesti artistici museali come la Fondazione?AEM di Milano, Villa Gualino, il Museo Regionale di Scienze Naturali e la Sala delle Colonne del Castello Reale di Torino, il Palais des Congrès di Parigi, il Museo Künstlerforum di Bonn, il Museo Altes Dampfbad di Baden-Baden e la Zhou Brothers Art Center Foundation di Chicago
TESTI CRITICI:
FORMA E MATERIA NELLE OPERE DI GABRIELE MAQUIGNAZ
“Dare “forma alla materia” è quanto di più adeguato possa sussistere in termini di spiritualità artistica. E Gabriele Maquignaz, che ha visto la propria esistenza prendere vita e svilupparsi al cospetto dei grandi titani montagnosi alpini che da oltre 2 miliardi di anni rendono bello e forte oltre ogni dire quell’angolo del Creato, non poteva che concepire la valenza della spiritualità conformata nella materia in un’estetica di tale “dinamica energetica” da lasciare non raramente con fiato sospeso l’osservatore delle sue opere. Ha sicuramente nelle vene la razionalità della “seconda vista” di un Marcel Duchamp, il Nostro, quando riesce a ridare fuoco al ferro tratto dalle rocce, a ricreare il calore del legno sotto il sole di antiche giornate assolate sugli altipiani, a rendere in forma“ramata” gli stilemi di simboli misteriosi ed arcaici. Neonewdadaista? Robert Rauschenberg e Jasper Johns non sono poi così lontani dalle sue “evoluzioni dell’anima”. Certamente, Gabriele Maquignaz è un artista che sa parlare non solo con gli spiriti umani, ma anche con quelli (da quelli aspri, che risiedono sulle alte vette a quelli teneri, contenuti nel cuore di una marmotta) della Natura”.
Prof. Paolo Turati
Collaboratore Christie’s Italia, Presidente “Tactica”
MAQUIGNAZ: ARTE COME METAFORA DELLO SPIRITO
L’anelito verso l’infinito, le ataviche domande sull’esistenza e sulla morte risiedono da sempre nel più profondo dell’animo umano e gli artisti di ogni tempo hanno rappresentato il complesso percorso verso la conoscenza del Sè, interagendo con l’effimera natura della materia e l’immortale condizione dello spirito. Gabriele Maquignaz interpreta questa primordiale necessità dell’essere umano con un approccio istintivo alla pittura e alla scultura, ricercando nel segno e nel gesto l’essenza della vita. Il suo percorso artistico scaturisce da una necessità epidermica di confrontarsi con se stesso e con gli altri, con i grandi misteri dell’universo, con la divinità insita in ognuno di noi. Nelle sue opere emerge la perenne lotta interiore tra bene e male, tra le tenebre del dolore e la luce della rinascita, tra la vita e la morte. L’alfabeto espressivo dell’artista si nutre di simboli e metafore: dal volto destrutturato e scomposto in energiche spatolate cromatiche scavate nel colore al teschio dorato e svuotato della carne il passo è breve, quasi immediato, anche iconograficamente, a ricordarci il veloce e inarrestabile fluire del tempo. L’icona della bellezza corporea, della perfezione fisica, della cultura dell’immagine viene invece bloccata, fermata, arrestata nella colata immutabile e conservativa della resina, quasi un processo di mummificazione del sogno di bellezza e giovinezza che pervade l’uomo del terzo millennio. Le opere di Gabriele Maquignaz indicano sempre una strada verso la salvazione, che si tratti delle emblematiche vette di bronzo e acciaio che riproducono le sue montagne valdostane o quegli sguardi perduti in un oceano di colore e disperazione. L’artista intende esorcizzare la morte attraverso la sua opera, ne comprende e ne vive intensamente il dramma esistenziale, indicandoci però una via di salvezza. E’ la strada che conduce all’Uomo e al suo spirito, impervia e ricca di ostacoli, personale e unica nel percorso individuale, ma la grande arte sa renderla miracolosamente universale, trasversale nel suo linguaggio di espressione e di simbologia. Per questo Gabriele Maquignaz riesce a raggiungere con la sua creatività l’intimo dell’osservatore, con immediato fervore e sapiente mestiere. Negli anni l’artista ha perfezionato l’antica e complessa arte della fusione bronzea a cera persa, ha individuato nell’acciaio un materiale moderno, perfetto nell’elaborazione contrastante tra linguaggio antico e tradizionale e innovativo strumento espressivo, ha colto con estrema sintesi e ironia le tendenze e le debolezze contemporanee rendendole arte, gioco, riflessione, provocazione. Maquignaz scardina quindi la realtà e il linguaggio artistico tradizionale, li trasforma in un sogno surreale e inaspettato partendo dalla quotidianità per arrivare all’infinito. L’artista elabora con la fantasia personaggi improbabili, allucinate presenze totemiche e un bestiario dal sapore medioevale e gotico che abita spesso le sue lastre di ferro forgiate, le sculture saldate e assemblate da cui spuntano chiodi, lance, corazze immaginifiche, specchio di un inconscio che emerge prepotente e inarrestabile dai lavori dell’autore. Questa ricerca attenta, scrupolosa, dinamica del lato meno conosciuto di noi stessi diventa la cifra stilistica predominante nell’arte di Gabriele Maquignaz, così come la sperimentazione di una libertà espressiva e anticonformista tipica di un Surrealismo contemporaneo, fortemente evocativo e fantastico eppure così aderente alla vita. Può sembrare una contraddizione in termini parlare di un Surrealismo ‘reale’, eppure questo diventa un carattere peculiare delle sue creazioni, quel ritrovarvi sempre e comunque lo spirito vitale che ammanta il quotidiano e l’esistenza stessa, rielaborandoli con lo sguardo del poeta e del visionario che vuole trascendere il contingente per raggiungere l’ignoto e il mistero della vita. Il senso di sacralità emerge così all’improvviso, inatteso, da una montagna scolpita nella creta e fusa nell’acciaio, che tende al cielo e all’eternità, dalla metafora delle “cornici spezzate”, vuoti involucri di una vita (e di un’arte) ormai allo sbando, dalle icone che nulla hanno di sacro, se non il monito a ritrovare la vera umanità, lasciando alle spalle il consumismo e l’adorazione dell’immagine effimera dell’uomo. La fede in un Dio, che si chiami Natura, Universo, Uomo, assume la valenza di un processo salvifico che si snoda tra i meandri della gioia e del dolore che caratterizzano ogni nostra giornata. L’artista recupera, nell’elevazione della materia a spirito, il senso ultimo del Creato, riportandoci in una dimensione reale, viva, pulsante di bellezza e armonia, quasi un’Eucarestia, un ‘rendere grazie’ alla Maestà di Dio e all’eterna meraviglia che l’uomo prova al cospetto della natura.
Guido?Folco
Editore-Direttore Italia Arte
Presidente Galleria Folco – Direttore Museo MIIT Torino
BIOGRAFIA DI GABRIELE MAQUIGNAZ E REGESTO ESPOSITIVO
Gabriele Maquignaz è nato ad Aosta nel 1972. Figlio d’arte, suo padre è il noto pittore Aimé Maquignaz, fin da bambino manifesta propensione e talento per la manualità creativa, affiancando ben presto agli studi tradizionali anche altri interessi, come lo sci, di cui diventa maestro della Scuola del Cervino o, dagli anni 2000, la politica, che lo vede impegnato nella sua regione prima come Consigliere comunale di Valtournanche e poi in qualità di Consigliere regionale. Anche imprenditore nel settore turistico, diventa Presidente degli albergatori valdostani, ma la passione per l’arte lo accompagna sempre nel corso del suo percorso professionale, fino a sfociare, nel 2002, in una necessità fisica e spirituale di esprimersi attraverso la pittura e la scultura. Nascono così i primi dipinti fortemente materici, cromatici, realizzati con assemblaggi di oggetti di uso quotidiano inseriti in contesti originalissimi per struttura e idea. L’incontro con François Thévénin, noto scultore di Cannes, segna una svolta decisiva nelle creazioni di Maquignaz.
Maestro nel manipolare i materiali, Maquignaz predilige il confronto con il ferro, l’acciaio, il bronzo, il legno, le plastiche e le resine, che impara ad utilizzare con estrema perizia, fino a creare le sue inimitabili “Icone sexy Chic”, specchio di una società dell’immagine svuotata di spiritualità, o rappresentando il mondo, la natura, la vita attraverso creature scaturite dalla fantasia, dai sogni e dagli incubi, dall’elevazione spirituale e dalle paure terrene più recondite. Il suo percorso artistico lo porta ad affrontare sfide sempre nuove, come la fusione della monumentale scultura bronzea “Primitif”, probabilmente l’opera più ‘alta’ d’Europa, quasi un inno alla sacralità della natura, fino al confronto con culture e mercati internazionali diversi, esponendo presso gli Istituti Italiani di Cultura di Praga, Copenaghen, Sofia, Colonia, in fiere mondiali come quelle di Miami o in contesti artistici museali come la Fondazione?AEM di Milano, Villa Gualino, il Museo Regionale di Scienze Naturali e la Sala delle Colonne del Castello Reale di Torino, il Palais des Congrès di Parigi, il Museo Künstlerforum di Bonn, il Museo Altes Dampfbad di Baden-Baden e la Zhou Brothers Art Center Foundation di Chicago
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