Maurizio Taioli. Via crucis/ Turi Rapisarda. Nigredo/ Maria Teresa Rosa. La donna che diventerò
Dal 12 Maggio 2013 al 05 Ottobre 2013
Rivara | Torino
Luogo: Castello di Rivara - Centro d'Arte Contemporanea
Indirizzo: piazza Sillano 2
Orari: venerdì 14-18; sabato e domenica 10-13/ 14-18
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0124 31122
E-Mail info: info@castellodirivara.it
Sito ufficiale: http://www.castellodirivara.it
La nuova stagione espositiva del Castello di Rivara – Centro d'Arte Contemporanea prende avvio con tre mostre personali nella parte occidentale del complesso. Verrà infatti eccezionalmente aperto lo storico ingresso pedonale al parco, situato su Piazza Sillano e progettato negli anni Settanta dell’Ottocento da Alfredo d’Andrade, giunto al castello con Carlo Pittara, capofila dei paesaggisti della Scuola di Rivara.
A testimonianza del grandioso e tormentato progetto redatto dall’architetto portoghese per realizzare nel parco una seconda via d’accesso ad ovest - rimasta incompiuta a causa dell’ingente impegno economico che il nuovo assetto monumentale avrebbe comportato - rimane una serie di strutture lucidamente distribuite e visibili in quest’occasione: il portale d’ingresso, la salita adiacente all’antica torre civica e gli ampi terrazzamenti.
Accoglie il visitatore e lo accompagna nell’ascesa alla Villa Neobarocca, la Via crucis di Maurizio Taioli. L’artista veronese ha raccolto suggestioni dai diversi media per ampliare il suo campionario di silhouette in lamiera che parlano di aggressività e di labilità nel confine tra realtà e finzione, tra immaginario e vita quotidiana. Novelle stazioni del dolore, esse conducono al culmine della (sacra) rappresentazione: sette tele col martirio di San Sebastiano, tra i santi cristiani più rappresentati nell’arte e immagine per eccellenza - dopo Cristo - della Passione.
In questi acrilici su lino - d’après Botticelli, Antonello da Messina, Mantenga, Perugino, Rubens, Guido Reni, Mattia Preti - Taioli ancora rielabora informazioni visive, ma non più in meri contorni come per le sagome metalliche. Nelle dimensioni di tradizionali pale d’altare, nell’assenza di dettagli anatomici, nelle campiture piatte di colori chiassosi, si moltiplica e perpetua una brutalità lontana ma attualissima: Sebastiano è icona senza tempo e senza spazio.
I personaggi ritratti nei lavori fotografici di Turi Rapisarda emergono dalla tenebra, colpiti da un fascio luminoso duro e accecante, che disegna chiaroscuri impietosi. I soggetti si difendono come da una forza metafisica e dis-velatrice di storie e di sensi. Un’installazione in divenire, che si storicizza nella parallela trasposizione su carta da parati in convivenza con la boiserie storica della Villa Neobarocca.
I vasi-bottiglia in terracotta sono una delle cifre figurative di Maria Teresa Rosa e, per il Castello di Rivara, marcano il legame secolare con la tradizione ceramica di Castellamonte. Questa serie di donne-bottiglia si colloca al crocevia tra arte decorativa, scultura e fiction narrativa e segna uno scarto nella produzione dell’artista. L’aspirazione ad offrire un destino alternativo consolidati stereotipi femminili ha infatti indotto il ribaltamento del processo creativo: Maria Teresa ha chiesto a dodici donne di partecipare all’affrancamento dalla prigionia inventando vite ‘altre’, suggestioni e guide per la successiva plasmazione. Emancipate dal peso dei nomi, queste figure sperimentano oggi un’ulteriore liberazione: allestite nella Sala Egizia, conversano in ieraticità con i geroglifici di fantasia della Scuola di Rivara, tanto cari al gusto decorativo ottocentesco squisitamente torinese, a partire dalla confluenza in città, dall’inizio del secolo, di reperti egizi.
A testimonianza del grandioso e tormentato progetto redatto dall’architetto portoghese per realizzare nel parco una seconda via d’accesso ad ovest - rimasta incompiuta a causa dell’ingente impegno economico che il nuovo assetto monumentale avrebbe comportato - rimane una serie di strutture lucidamente distribuite e visibili in quest’occasione: il portale d’ingresso, la salita adiacente all’antica torre civica e gli ampi terrazzamenti.
Accoglie il visitatore e lo accompagna nell’ascesa alla Villa Neobarocca, la Via crucis di Maurizio Taioli. L’artista veronese ha raccolto suggestioni dai diversi media per ampliare il suo campionario di silhouette in lamiera che parlano di aggressività e di labilità nel confine tra realtà e finzione, tra immaginario e vita quotidiana. Novelle stazioni del dolore, esse conducono al culmine della (sacra) rappresentazione: sette tele col martirio di San Sebastiano, tra i santi cristiani più rappresentati nell’arte e immagine per eccellenza - dopo Cristo - della Passione.
In questi acrilici su lino - d’après Botticelli, Antonello da Messina, Mantenga, Perugino, Rubens, Guido Reni, Mattia Preti - Taioli ancora rielabora informazioni visive, ma non più in meri contorni come per le sagome metalliche. Nelle dimensioni di tradizionali pale d’altare, nell’assenza di dettagli anatomici, nelle campiture piatte di colori chiassosi, si moltiplica e perpetua una brutalità lontana ma attualissima: Sebastiano è icona senza tempo e senza spazio.
I personaggi ritratti nei lavori fotografici di Turi Rapisarda emergono dalla tenebra, colpiti da un fascio luminoso duro e accecante, che disegna chiaroscuri impietosi. I soggetti si difendono come da una forza metafisica e dis-velatrice di storie e di sensi. Un’installazione in divenire, che si storicizza nella parallela trasposizione su carta da parati in convivenza con la boiserie storica della Villa Neobarocca.
I vasi-bottiglia in terracotta sono una delle cifre figurative di Maria Teresa Rosa e, per il Castello di Rivara, marcano il legame secolare con la tradizione ceramica di Castellamonte. Questa serie di donne-bottiglia si colloca al crocevia tra arte decorativa, scultura e fiction narrativa e segna uno scarto nella produzione dell’artista. L’aspirazione ad offrire un destino alternativo consolidati stereotipi femminili ha infatti indotto il ribaltamento del processo creativo: Maria Teresa ha chiesto a dodici donne di partecipare all’affrancamento dalla prigionia inventando vite ‘altre’, suggestioni e guide per la successiva plasmazione. Emancipate dal peso dei nomi, queste figure sperimentano oggi un’ulteriore liberazione: allestite nella Sala Egizia, conversano in ieraticità con i geroglifici di fantasia della Scuola di Rivara, tanto cari al gusto decorativo ottocentesco squisitamente torinese, a partire dalla confluenza in città, dall’inizio del secolo, di reperti egizi.
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