Max Papeschi. Freak Show
![Max Papeschi. Freak Show, Castello del Valentino, Torino Max Papeschi. Freak Show, Castello del Valentino, Torino](http://www.arte.it/foto/600x450/09/15115-pap.jpg)
Max Papeschi. Freak Show, Castello del Valentino, Torino
Dal 04 Aprile 2013 al 15 Aprile 2013
Torino
Luogo: Castello del Valentino
Indirizzo: viale Mattioli 39
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 590691
E-Mail info: corinna.aceto@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.polito.it/ateneo/sedi/
Forte di una carriera come regista teatrale e cinematografico, Papeschi mette in scena un vero e proprio "circo": un provocatorio spettacolo fatto di personaggi irriverenti, alterazioni simboliche e maschere mediatiche. Come artista figurativo il suo approccio con l’Art-World è stato d’immediato successo sia di pubblico che di critica, nazionale e internazionale. Le opere mostrano, attraverso uno stile politically scorrect, diretto e graffiante, una società globalizzata e consumista rivelandone le contraddizioni in maniera ironicamente realistica e scardinando la cultura di massa e le sue icone.
Fino al 15 aprile, in una delle più belle residenze d'epoca di Torino e d'Europa, simbolo di storia e tradizione, si ripercorre l'arte eclettica dell'artista milanese attraverso tutti i suoi momenti tematici e formali più significativi.
"Si alza il sipario su una produzione quadriennale, a partire dai primissimi lavori shock come Topolino Nazista e Ronald McDonald Macellaio passando per la serie di fotografie storiche in bianco e nero, rivisitate dall’artista, e quella dei Life, dove le immagini dei fatti che hanno cambiato il mondo nel secolo passato si susseguono incorniciate nelle copertine dell’autorevole rivista, per arrivare agli ultimissimi lavori, fotocollage in cui l’artista combina il corpo di figure di spicco che governano la Terra con volti di neonati bizzosi. Una provocazione che tende a puntare il dito contro l’ovvia incapacità dei leader mondiali di affrontare le questioni più complesse e vitali del globo, che ogni giorno, tristemente, ci dimostrano.
Con la sua prima mostra in terra polacca e l’enorme manifesto esposto nel centro di Poznan che ostentava una Minnie nuda con alle spalle una svastica, e che rovesciava in modo carnevalesco lo spettacolo dell’orrore diventato prodotto da pay per view, la stampa mondiale diede il via a un vero e proprio dibattito senza vincitori, tra schieramenti contrari e sostenitori accaniti. Ma soprattutto, in quel 2010 Papeschi dissotterrò nelle coscienze un passato indegno di questo nome, poiché troppo vicino e ardente, ed evocò una storia che il boom economico seguente cercò di coprire con l’abbondanza, il consumo, gli happy ending. Il packaging seducente venne piazzato al posto della morale, spazzando via la riflessione critica dalla mente della grande massa, ammaliata da pubblicità, prodotti nuovi e televisione, che soffocarono le domande e la memoria attraverso l’acquisto bulimico. La cultura ha cominciato in quel periodo la sua trasformazione in brand, la dittatura del prodotto ha ridotto il genere umano “senza la voce, oltre che senza gli occhi e senza i gesti”, cioè un popolo morto.
Il colorato circo di Papeschi è un “momento dell’assurdo”, possiede un linguaggio proprio, che sebbene si serva degli elementi della cultura contestuale, non manca di trasformarne il significato, di utilizzarli in modo nuovo, si impone come un sistema di comunicazione e significazione autonomo, utilizzando il suo palco per mettere in scena la realtà attuale: le maschere articolate dall’artista sono l’innaturale specchio della nostra storia, filtrata dalla dittatura delle immagini". (Clarissa Tempestini)
Fino al 15 aprile, in una delle più belle residenze d'epoca di Torino e d'Europa, simbolo di storia e tradizione, si ripercorre l'arte eclettica dell'artista milanese attraverso tutti i suoi momenti tematici e formali più significativi.
"Si alza il sipario su una produzione quadriennale, a partire dai primissimi lavori shock come Topolino Nazista e Ronald McDonald Macellaio passando per la serie di fotografie storiche in bianco e nero, rivisitate dall’artista, e quella dei Life, dove le immagini dei fatti che hanno cambiato il mondo nel secolo passato si susseguono incorniciate nelle copertine dell’autorevole rivista, per arrivare agli ultimissimi lavori, fotocollage in cui l’artista combina il corpo di figure di spicco che governano la Terra con volti di neonati bizzosi. Una provocazione che tende a puntare il dito contro l’ovvia incapacità dei leader mondiali di affrontare le questioni più complesse e vitali del globo, che ogni giorno, tristemente, ci dimostrano.
Con la sua prima mostra in terra polacca e l’enorme manifesto esposto nel centro di Poznan che ostentava una Minnie nuda con alle spalle una svastica, e che rovesciava in modo carnevalesco lo spettacolo dell’orrore diventato prodotto da pay per view, la stampa mondiale diede il via a un vero e proprio dibattito senza vincitori, tra schieramenti contrari e sostenitori accaniti. Ma soprattutto, in quel 2010 Papeschi dissotterrò nelle coscienze un passato indegno di questo nome, poiché troppo vicino e ardente, ed evocò una storia che il boom economico seguente cercò di coprire con l’abbondanza, il consumo, gli happy ending. Il packaging seducente venne piazzato al posto della morale, spazzando via la riflessione critica dalla mente della grande massa, ammaliata da pubblicità, prodotti nuovi e televisione, che soffocarono le domande e la memoria attraverso l’acquisto bulimico. La cultura ha cominciato in quel periodo la sua trasformazione in brand, la dittatura del prodotto ha ridotto il genere umano “senza la voce, oltre che senza gli occhi e senza i gesti”, cioè un popolo morto.
Il colorato circo di Papeschi è un “momento dell’assurdo”, possiede un linguaggio proprio, che sebbene si serva degli elementi della cultura contestuale, non manca di trasformarne il significato, di utilizzarli in modo nuovo, si impone come un sistema di comunicazione e significazione autonomo, utilizzando il suo palco per mettere in scena la realtà attuale: le maschere articolate dall’artista sono l’innaturale specchio della nostra storia, filtrata dalla dittatura delle immagini". (Clarissa Tempestini)
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