Vitrine. Gente in strada (passaggio pedonale). Manuele Cerutti. Pause
Dal 30 Gennaio 2014 al 06 Aprile 2014
Torino
Luogo: GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Indirizzo: via Magenta 31
Orari: da martedì a domenica 10-18
Curatori: Anna Musini
Enti promotori:
- Consiglio regionale del Piemonte
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 4429518
E-Mail info: gam@fondazionetorinomusei.it
Sito ufficiale: http://www.gamtorino.it
Prosegue alla GAM di Torino la terza edizione di Vitrine, il progetto dedicato alla ricerca artistica contemporanea sviluppata in Piemonte. Le opere dei cinque artisti protagonisti di questa edizione del progetto, curata da Anna Musini, si propongono d’innescare un confronto con la società civile, uno scambio di sguardi, che coinvolge artista e spettatore nel narrare ed interpretare il vissuto quotidiano.
Se il primo appuntamento con Driant Zeneli ha messo in luce la frenesia dei ritmi della società contemporanea, e in particolare la velocità delle immagini multimediali e digitali che caratterizzano l’installazione “Leave me alone”, il lavoro di Manuele Cerutti, protagonista della seconda tappa di Vitrine, indugia sui tempi lunghi e dilatati della pittura, strumento privilegiato della sua ricerca, sperimentandone possibilità espressive e vincoli tecnici.
Pause, l’installazione presentata dall’artista alla GAM, mette in luce come il lavoro pittorico s’inserisce in una circolarità di sguardi tra soggetto che guarda e oggetto osservato, soffermandosi nell’opera d’arte per afferrare il flusso continuo delle cose, i messaggi che esse inviano, il passaggio di visioni che ne deriva, lo scambio di relazioni che costituiscono la realtà. Nella confusione caotica dell’immaginario contemporaneo Cerutti crea un intervallo di contemplazione e ascolto, e invita lo spettatore a partecipare a questo momento attraverso il suo incontro personale con l’opera.
Il lavoro in solitudine nello studio, la ricerca meticolosa aperta a continui ripensamenti, oculata nella scelta dei colori e l’attenzione alle variazioni di luce naturale durante il giorno, rivelano l’affinità dell’artista con l’approccio minuzioso e meditativo di un grande maestro del Novecento italiano come Giorgio Morandi. Un approccio che nel lavoro di Cerutti viene tuttavia appena evocato e subito contraddetto perché la sua ricerca non guarda tanto l’interiorità dell’oggetto quanto il suo protendersi verso altri oggetti, compreso l’osservatore. Cerutti parte dunque da una profonda conoscenza della tradizione del passato per condurre un’indagine universale sulla realtà, ponendo interrogativi sull’identità e la trasformazione delle cose che ci circondano.
La sua ricerca si focalizza intorno a piccoli oggetti che possiede, come minuscoli legni, minerali, frammenti di ossa di animali reperiti lungo sentieri di montagna, che astratti dal loro contesto sono dipinti sulla tela. La plasticità, la presenza fisica, quasi scultorea, degli oggetti emerge con forza da sfondi di tonalità neutre di grigi, marroni terra-bruciata, ocra, senza una precisa collocazione spazio-temporale.
I suoi dipinti offrono visioni sospese, relazioni inaspettate, sinergie spontanee che sussistono tra le cose indipendentemente dalla loro natura e materia in una prospettiva di relazionalità degli oggetti: un chiodo di ferro si erige in verticale e si curva quasi impercettibilmente verso una tazzina; un pomello di una porta e un piccolo osso dalla sommità tonda si fiancheggiano; una tela si appoggia con un angolo allo spigolo di un muro.
I titoli delle opere suggeriscono un lavoro che procede lentamente, una profonda rielaborazione mentale da parte dell’artista che, attraverso memorie personali, stati emozionali, suggestioni letterarie e filosofiche, percepisce l’incontro tra gli oggetti che si attraggono in un dialogo di forme e di composizioni.
Se il primo appuntamento con Driant Zeneli ha messo in luce la frenesia dei ritmi della società contemporanea, e in particolare la velocità delle immagini multimediali e digitali che caratterizzano l’installazione “Leave me alone”, il lavoro di Manuele Cerutti, protagonista della seconda tappa di Vitrine, indugia sui tempi lunghi e dilatati della pittura, strumento privilegiato della sua ricerca, sperimentandone possibilità espressive e vincoli tecnici.
Pause, l’installazione presentata dall’artista alla GAM, mette in luce come il lavoro pittorico s’inserisce in una circolarità di sguardi tra soggetto che guarda e oggetto osservato, soffermandosi nell’opera d’arte per afferrare il flusso continuo delle cose, i messaggi che esse inviano, il passaggio di visioni che ne deriva, lo scambio di relazioni che costituiscono la realtà. Nella confusione caotica dell’immaginario contemporaneo Cerutti crea un intervallo di contemplazione e ascolto, e invita lo spettatore a partecipare a questo momento attraverso il suo incontro personale con l’opera.
Il lavoro in solitudine nello studio, la ricerca meticolosa aperta a continui ripensamenti, oculata nella scelta dei colori e l’attenzione alle variazioni di luce naturale durante il giorno, rivelano l’affinità dell’artista con l’approccio minuzioso e meditativo di un grande maestro del Novecento italiano come Giorgio Morandi. Un approccio che nel lavoro di Cerutti viene tuttavia appena evocato e subito contraddetto perché la sua ricerca non guarda tanto l’interiorità dell’oggetto quanto il suo protendersi verso altri oggetti, compreso l’osservatore. Cerutti parte dunque da una profonda conoscenza della tradizione del passato per condurre un’indagine universale sulla realtà, ponendo interrogativi sull’identità e la trasformazione delle cose che ci circondano.
La sua ricerca si focalizza intorno a piccoli oggetti che possiede, come minuscoli legni, minerali, frammenti di ossa di animali reperiti lungo sentieri di montagna, che astratti dal loro contesto sono dipinti sulla tela. La plasticità, la presenza fisica, quasi scultorea, degli oggetti emerge con forza da sfondi di tonalità neutre di grigi, marroni terra-bruciata, ocra, senza una precisa collocazione spazio-temporale.
I suoi dipinti offrono visioni sospese, relazioni inaspettate, sinergie spontanee che sussistono tra le cose indipendentemente dalla loro natura e materia in una prospettiva di relazionalità degli oggetti: un chiodo di ferro si erige in verticale e si curva quasi impercettibilmente verso una tazzina; un pomello di una porta e un piccolo osso dalla sommità tonda si fiancheggiano; una tela si appoggia con un angolo allo spigolo di un muro.
I titoli delle opere suggeriscono un lavoro che procede lentamente, una profonda rielaborazione mentale da parte dell’artista che, attraverso memorie personali, stati emozionali, suggestioni letterarie e filosofiche, percepisce l’incontro tra gli oggetti che si attraggono in un dialogo di forme e di composizioni.
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