59. Esposizione Internazionale d'Arte Biennale di Venezia. Padiglione Nazionale Uganda - Acaye Kerunen e Collin Sekajugo. Radiance - They Dream in Time
Dal 23 Aprile 2022 al 27 Novembre 2022
Venezia
Luogo: Palazzo Palumbo Fossati
Indirizzo: San Marco 2597
Curatori: Shaheen Merali
Enti promotori:
- Ministero delle Politiche di genere del Lavoro e dello Sviluppo sociale
Sito ufficiale: http://www.ugandapavilion.org
Il Ministero delle Politiche di genere, del Lavoro e dello Sviluppo sociale annuncia la partecipazione nazionale dell’Uganda alla 59. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. Il commissario del Padiglione Nazionale Uganda è Naumo Juliana Akoryo. L’opportunità è frutto della collaborazione tra Stjarna.art e il Centro culturale nazionale dell’Uganda (UNCC). Il curatore britannico di origini tanzaniane, Shaheen Merali, presenterà le opere dei due artisti provenienti da Kampala, Acaye Kerunen e Collin Sekajugo, in occasione della prima partecipazione dell’Uganda all’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
Così, il curatore Shaheen Merali: “Non vediamo l’ora di presentare le opere di Kerunen e Sekajugo, le cui duplici modalità di fare arte, nonostante il diverso approccio estetico, trovano un terreno comune nelle rispettive visioni su materialità e forma. ‘Radiance - They Dream in Time’ si riferisce alla conoscenza essenziale e alle esperienze vissute da Kerunen e Sekajugo nel loro dialogo con i tanti territori diversi dell’Uganda, ma anche al commercio cittadino e alle condizioni di vita nei suoi centri urbani. Entrambi gli artisti lavorano attivamente con gli archivi formali e informali della cultura visiva dinamica ugandese”.
Il processo di Acaye Kerunen come artista impegnata socialmente pone l’accento sull’attività artigianale locale e regionale delle donne ugandesi, celebrandole come collaboratrici essenziali ed esaltando le pratiche artistiche degli artigiani locali quali custodi delle loro paludi, elaborando un sapere sacro e tacito della gestione ecologica. Scomponendo materiali funzionali e creazioni artigianali, Kerunen riposiziona l'opera per narrare nuove storie e postulare significati altri. La ricomposizione dei materiali scomposti diventa una risposta all’operato del lavoro femminile in Africa e un riconoscimento del ruolo che questa attività artistica assume nell’ecosistema climatico.
Collin Sekajugo si accosta alla sua opera da una prospettiva estetica distinta, che risiede nel continuo tornare dell’artista alla cultura popolare e all’influenza onnipresente che deriva dalla corrente di riferimento globale, discutendo e criticando i suoi numerosi pregiudizi attraverso culture visive, orali e digitali. Sekajugo lavora dal 2012 manipolando la comune immagine d’archivio per rivelarne i pregiudizi intrinsechi di prerogativa e privilegio ampiamente conformati all’io occidentale. La pratica artistica di Sekajugo mette in luce un capovolgimento antropologico contemporaneo di questa cultura prevalente, facendo leva su un senso tutto africano di irriverenza e interpretazione ad hoc. Concettualmente, le opere di Sekajugo diventano teatro puro, un furto di identità che mette a nudo alcune verità dietro a queste immagini convenzionali che, silenziosamente, continuano a colonizzare il mondo intero grazie alla loro grande popolarità.
Così, il curatore Shaheen Merali: “Non vediamo l’ora di presentare le opere di Kerunen e Sekajugo, le cui duplici modalità di fare arte, nonostante il diverso approccio estetico, trovano un terreno comune nelle rispettive visioni su materialità e forma. ‘Radiance - They Dream in Time’ si riferisce alla conoscenza essenziale e alle esperienze vissute da Kerunen e Sekajugo nel loro dialogo con i tanti territori diversi dell’Uganda, ma anche al commercio cittadino e alle condizioni di vita nei suoi centri urbani. Entrambi gli artisti lavorano attivamente con gli archivi formali e informali della cultura visiva dinamica ugandese”.
Il processo di Acaye Kerunen come artista impegnata socialmente pone l’accento sull’attività artigianale locale e regionale delle donne ugandesi, celebrandole come collaboratrici essenziali ed esaltando le pratiche artistiche degli artigiani locali quali custodi delle loro paludi, elaborando un sapere sacro e tacito della gestione ecologica. Scomponendo materiali funzionali e creazioni artigianali, Kerunen riposiziona l'opera per narrare nuove storie e postulare significati altri. La ricomposizione dei materiali scomposti diventa una risposta all’operato del lavoro femminile in Africa e un riconoscimento del ruolo che questa attività artistica assume nell’ecosistema climatico.
Collin Sekajugo si accosta alla sua opera da una prospettiva estetica distinta, che risiede nel continuo tornare dell’artista alla cultura popolare e all’influenza onnipresente che deriva dalla corrente di riferimento globale, discutendo e criticando i suoi numerosi pregiudizi attraverso culture visive, orali e digitali. Sekajugo lavora dal 2012 manipolando la comune immagine d’archivio per rivelarne i pregiudizi intrinsechi di prerogativa e privilegio ampiamente conformati all’io occidentale. La pratica artistica di Sekajugo mette in luce un capovolgimento antropologico contemporaneo di questa cultura prevalente, facendo leva su un senso tutto africano di irriverenza e interpretazione ad hoc. Concettualmente, le opere di Sekajugo diventano teatro puro, un furto di identità che mette a nudo alcune verità dietro a queste immagini convenzionali che, silenziosamente, continuano a colonizzare il mondo intero grazie alla loro grande popolarità.
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